La solitudine è qualcosa che tutti noi proviamo ad un certo punto della nostra vita. Guardando i bambini, possiamo renderci conto di quanto sia difficile essere adulti in certi momenti.

La prima volta che la nuova consigliera della primaria aveva cantato con i bambini piccoli, non riuscivo a smettere di ridacchiare. Anche lei continuava a ridere guardando le faccine esageratamente accigliate dei bambini durante l’inno intitolato “Sorrisi”, che dice queste parole:

“Ma che faccia seria, no, non star così. Sei più bello se sorridi; provaci anche tu. Puoi cambiare il mondo inter sorridendo ognor, se il tuo viso esprime a tutti palpiti d’amore”.

Tutti ridiamo quando cantiamo quest’inno insieme. Vorrei che tutti potessero vedere i volti accigliati dei bambini trasformarsi in sorrisi. Rende il mio mondo un posto migliore.

Ma cosa succede se il semplice sorriso non vi fa sentire felici dentro? E se vi sentite davvero tristi e soli?

Forse siete circondati da persone che ridono e parlano. Forse siete soli in mezzo ad una folla di persone. Forse vi piacerebbe parlare con un altro adulto di tanto in tanto.

Forse non riuscite a pensare a niente per cui sorridere.

L’era della solitudine

Alcune persone incolpano la tecnologia per l’aumento del sentimento di solitudine. Esiste un legame tra le due cose?

George Monbiot sostiene di sì e che questa era di solitudine ci stia uccidendo. Gli stessi progressi tecnologici che rendono il mondo un posto più piccolo, permettono anche di ritrovarsi a vivere in una profonda solitudine.

Diverse persone hanno espresso le loro opinioni sui social media. Charles ha osservato la mancanza di interazione tra le persone:

“Vai in un posto dove bisogna aspettare, in fila in banca, dal dottore, alla motorizzazione, ecc. e le persone fissano i loro telefoni o hanno gli auricolari.

Nessuno guarda più negli occhi gli altri. Nessuno “chiacchiera”. La tecnologia, in questi luoghi pubblici, ci permette di continuare a vivere sulla nostra isola privata.

Amo la tecnologia, ma ci toglie l’opportunità di parlare ed avere delle semplici interazioni umane che, in passato, avvenivano ogni giorno”.

Sarah riflette su questo:

“Grazie alla nostra tecnologia, siamo più connessi che mai alle persone, ma penso che ci sentiamo anche più incompresi, sfruttati, ecc., perché abbiamo perso i valori che ci legavano a coloro che ci circondano.

Quando viene a mancare quella condivisione di valori ci sentiamo soli”.

Susan vede anche un paradosso nella capacità della tecnologia di connetterci agli altri:

“La tecnologia ci fa pensare che ci stiamo connettendo con tutte queste persone con cui non avremmo mai potuto connetterci prima, ma le relazioni personali uno ad uno sono molto più rare e, quindi, il vero valore delle interazioni umane si perde.

Abbiamo perso la possibilità di vedere il volto di qualcuno e condividere un abbraccio o sentire semplicemente la sua presenza. Usciamo?

Certo, ma la propensione ad utilizzare i cellulari divide e diminuisce le nostre esperienze “cuore a cuore”.

Ci troviamo in una società di persone molto più isolate, private, timorose di far vedere a qualcuno le imperfezioni dei propri ambienti domestici.

Ci sentiamo evitati per i nostri ideali e censurati nelle nostre opinioni e pensieri, a meno che non siano comunemente accettati. Siamo diventati una società di compiaciuti, timorosi di difendere i buoni valori di una volta.

Quindi ci circondiamo di una rete di solitudine e gratificazione istantanea e ci chiediamo perché ci sentiamo così soli”.

Terrie apprezza i progressi dell’era moderna:

“Per me, il mondo moderno è davvero utile. Non sono mai stata una persona socievole e sono troppo strana e timida per trovare facilmente degli amici, quindi crescendo ho preferito i libri.

Da bambina, è difficile farti degli amici se leggi Nancy Drew quando gli altri sono in età prescolare e leggi Shakespeare quando loro scoprono Nancy Drew.

Tuttavia, grazie a Internet, è più facile trovare altre persone insolite, anche se raramente vivono vicino a me e per me è più facile condividere scrivendo piuttosto che parlando quindi, da adulta, ho più amici di quanti ne avessi prima di Internet.

Non posso bussare alla loro porta, ma ho il pieno controllo della mia vita sociale: se non mi sento a mio agio con qualcuno, posso semplicemente stare lontana dal computer”.

Don, distingue tra la solitudine e l’essere soli, ed osserva:

“Questa non è e non dovrebbe essere l’era della solitudine. A 75 anni ormai, sono solo da molto tempo e sono l’antitesi del solitario! Io prospero grazie alle persone intorno a me che mi insegnano cose, che mi abbracciano e che ancora mi nutrono a questa età.

Essere soli, non vuol dire soffrire di solitudine. Essere soli può dare la libertà di fare ciò che si vuole quando lo si vuole, di pensare ciò che si vuole pensare e condividere quando si vuole farlo. In effetti, a volte penso di essere egoista restando da solo, ma non sono solo!”.

Viviamo in un’epoca di marcata mancanza di interazione sociale, ma possiamo usare la tecnologia in modo responsabile per aumentare la nostra inclusione sociale. Eppure, molte persone hanno a che fare con la solitudine e si chiedono come superarla.

Come affrontate le cose quando vi sentite isolati e depressi?

Io mi sono avvicinato al processo per superare la solitudine in un paio di modi diversi.

Restare “immerso nella solitudine” e chiedermi “come affrontare tali sentimenti”, non mi ha dato una grande soddisfazione. “Fare introspezione e poi agire” ha portato risultati positivi immediati.

Forse è per questo che avere fede è un verbo d’azione. L’atto stesso di fare qualcosa, ci porta ad uno stato mentale diverso.

Ecco 3 cose che potete fare se siete stanchi della solitudine e sentite che è arrivato il momento di superarla.

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1 – Diventate l’amico che vorreste avere

“È divertente avere un amico che giocherà con te.

È divertente avere un amico che può stare con te.

È divertente fare amicizia per tutta la vita.

Ma per avere un amico, devi essere anche un amico.

Se vuoi fare un gioco, dovresti farlo in modo corretto.

Se hai un pezzo di torta, devi imparare a condividere.

Quindi, se dovessi aver bisogno di un amico, ne trovi uno lì.

Se vuoi un amico, devi dimostrare che ci tieni”.

(Innario dei bambini della Primaria “Friends are fun”, in lingua originale)

Cambiamenti relativamente semplici possono fare la differenza e farci uscire dalla zona di solitudine.

Non sapevo che portare a spasso un cane potesse essere così socialmente coinvolgente prima che io e mio marito prendessimo il nostro bulldog inglese.

Veniamo spesso fermati da persone che vogliono vedere il nostro cane. Fare una passeggiata tranquilla, ininterrotta e introspettiva con lui, è impossibile.

Inizialmente non ero abituata a questo, mi sentivo strana e non sapevo cosa dire nei pochi momenti imbarazzanti in cui le persone “invadevano” il mio spazio.

Alla fine, la mia paura e la mia timidezza hanno cominciato a dissiparsi man mano che mi godevo l’interazione umana e mi sentivo davvero parte di una più grande comunità collettiva. Ora sono molto più a mio agio e pronta a fermarmi e parlare con uno sconosciuto.

La mia personalità generalmente si accontenta di contatti brevi e “non impegnativi” con gli altri. Ma che dire di quel bisogno innato di essere veramente conosciuti e compresi?

L’anziano Richard G. Scott ha sperimentato una grande solitudine in gioventù, e in seguito si è reso conto che avrebbe potuto cambiare la sua esperienza e superare la solitudine:

“Le attività sociali e sportive [della mia giovinezza] mi hanno fatto sentire solo e indesiderato. È stato solo molto più avanti nella mia vita che ho compreso che era stata in gran parte colpa mia.

Da allora ho imparato che non si può pretendere amore e rispetto o pretendere che i vincoli di amicizia e apprezzamento vengano estesi come un diritto non guadagnato.

Queste benedizioni devono essere guadagnate. Sono il risultato di meriti personali. La sincera preoccupazione per gli altri, il servizio disinteressato e il degno esempio qualificano per tale rispetto.

L’idea che gli altri avessero formato dei gruppi esclusivi e che avessero consapevolmente escluso la mia partecipazione, era in gran parte frutto della mia immaginazione. Se avessi praticato i principi corretti, non mi sarei sentito solo”.

Essere disposti a provare cose nuove ed aumentare l’interazione sociale, porta ad incontrare persone che la pensano allo stesso modo. Migliorare il nostro carattere e la nostra capacità di interagire con gli altri, ci aiuta anche a diventare più simpatici.

Mi sono unita a gruppi di social media che espandono i miei interessi e la cerchia di amici, a volte partecipo e a volte no, ma ho la possibilità di scegliere.

Cammino settimanalmente con una nuova amica che ho incontrato in chiesa. Saluto le persone che incontro in chiesa. È incredibile quanto sia bello salutare le persone.

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2 – Dimenticate voi stessi e mettetevi all’opera

In quanto missionario alle prese con la solitudine, Gordon B. Hinckley scrisse una lettera piena di frustrazione a suo padre.

La risposta di suo padre arrivò: “Caro Gordon, ho ricevuto la tua lettera di recente. Ho solo un suggerimento: dimentica te stesso e mettiti all’opera”.

Le parole di suo padre cambiarono la prospettiva dell’anziano Hinckley. Promise al Signore che avrebbe fatto tutto il possibile per dimenticare sé stesso e lavorare al Suo servizio.

In seguito, come presidente della Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni, offrì questo consiglio alle persone sole:

“Credo che per la maggior parte di noi la migliore medicina per la solitudine sia il lavoro, il servizio a favore degli altri.

Non sminuisco i vostri problemi, ma non esito a dire che ce ne sono molti altri i cui problemi sono più gravi dei vostri.

Proteggeteli per servirli, per aiutarli, per incoraggiarli”.

Allo stesso modo, il presidente Ezra Taft Benson ha suggerito di rivolgersi all’esterno per sollevare gli altri come consiglio su come superare la solitudine:

“Rivolgetevi agli altri. Piuttosto che volgervi all’interno, dimenticate voi stessi e servite veramente gli altri nelle vostre chiamate di Chiesa, in atti personali di servizio compassionevole, in personali atti di gentilezza sconosciuti e inaspettati.

Se volete davvero ricevere gioia e felicità, allora servite gli altri con tutto il vostro cuore. Sollevate il loro fardello e il vostro fardello sarà più leggero. Nelle parole di Gesù di Nazaret:

“Chi troverà la sua vita, la perderà; e chi perderà la sua vita per causa mia, la troverà” (Matteo 10:39).

Seguendo i consigli di questi due profeti, anche quando proprio “non ne avevo voglia”, ho avuto risultati positivi nei periodi di solitudine.

Mi sono trasferita molto nella mia vita e spesso mi sentivo la nuova arrivata nel quartiere. Dopo un’esperienza di vita particolarmente difficile, io e mio marito abbiamo dovuto affrontare un ulteriore trasloco. Mi sentivo molto sola.

Il segreto generale della mia facile integrazione nei nuovi rioni era sempre stato quello di lavorare come sorella ministrante. In questo modo avevo avuto alcuni “amici immediati” o almeno persone che potevo salutare la domenica.

Quel rione non fece eccezione. Servendo delle dolci sorelle, in una varietà di circostanze, riuscii a vedere la mano di Dio nelle loro vite e successivamente nella mia.

La loro fede rafforzò la mia. Ed io trovai uno scopo e un senso di appartenenza che non avrei trovato senza servire gli altri.

3 – Introspezione compassionevole

combattere la solitudine_3Tenere un diario ci permette di esprimerci — paure, preoccupazioni, felicità, miracoli —in un luogo sicuro che mette in prospettiva le nostre prove.

Il presidente Spencer W. Kimball consigliava spesso ai Santi degli Ultimi Giorni di tenere un diario. Diceva:

“Ogni persona dovrebbe tenere un diario e ogni persona può tenere un diario”.

Alcuni dei sentimenti più profondi di solitudine ed isolamento arrivano quando ci sentiamo alienati da Dio.

Il presidente Henry B. Eyring ha suggerito che ogni giorno ci fermiamo, riflettiamo e trascriviamo nei nostri diari come abbiamo visto la mano di Dio nella nostra vita.

Ha promesso che mentre scriviamo quelle esperienze “vediamo la mano di Dio più chiaramente, così chiaramente che col tempo non solo Lo ricordiamo, ma arriviamo ad amarlo e, attraverso il potere dell’Espiazione, diventiamo più simili a Lui”.

Mentre trascrivete le vostre storie, potreste trovare relazioni che potete rafforzare. C’è qualcuno a cui potete rivolgervi per rinnovare l’amicizia? Dovreste scusarvi con un amico?

Scaricare i pensieri in un diario aiuta a lasciarli andare e vedere la vostra vita con occhi nuovi.

Un’altra opportunità per l’introspezione compassionevole è durante il Sacramento.

La sorella Cheryl Esplin ha descritto come l’esperienza significativa del sacramento guarisca, rinnovi e rinfreschi le nostre anime:

“Il sacramento ci offre un’opportunità per l’introspezione e un’opportunità per volgere il nostro cuore e la nostra volontà verso Dio. L’obbedienza ai comandamenti porta il potere del Vangelo nella nostra vita e una maggiore pace e spiritualità.

Quando un detentore del sacerdozio tende il braccio per offrirci i sacri emblemi, è come se il Salvatore stesso tendesse il Suo braccio di misericordia, invitando ciascuno di noi a prendere parte ai preziosi doni dell’amore resi disponibili tramite il Suo sacrificio espiatorio: doni di pentimento, perdono, conforto e speranza”.

 L’anziano Melvin J. Ballard ha testimoniato riguardo agli effetti di guarigione dell’anima che derivano dal sacramento:

“Posso testimoniare che c’è uno spirito che accompagna l’amministrazione del sacramento che riscalda l’anima dalla testa ai piedi; sentite che le ferite dello spirito guariscono e che il carico viene sollevato.

Conforto e felicità giungono all’anima che è degna e veramente desiderosa di prendere questo cibo spirituale”.

L’Espiazione del Salvatore guarisce dagli effetti della solitudine!

Prendendo parte al sacramento con intento reale, veniamo guariti, santificati e il nostro rapporto con Dio Padre e il nostro Salvatore Gesù Cristo è manifestamente rafforzato.

“Andrò davanti al tuo viso. Io sarò alla vostra destra e alla vostra sinistra, e il mio Spirito sarà nei vostri cuori e i miei angeli intorno a voi, per sostenervi» (Dottrina e Alleanze 84:88).

Il Salvatore invita TUTTI a venire, partecipare, conoscere ed essere conosciuti.

La Sua rete evangelica cattura ogni sorta di pesce. Alcuni dei pesci sono visibilmente simili, altri sono decisamente unici. Ma tutti i pesci, alla fine, imparano di avere in comune le cose più importanti: “sono figli dell’Altissimo” (Salmi 82:6), non sono più “estranei e stranieri, ma concittadini dei santi e della casa di Dio” (Efesini 2:19) e “amano il loro prossimo come sé stessi” (Giacomo 2:8).

Ognuna di queste verità porta conforto, speranza e complicità.

Mentre cercavo di diventare l’amica che avrei voluto avere, dimenticandomi di me stessa e “mettendomi all’opera”, e cercando introspettivamente la comprensione, sono passata dal sentirmi isolata all’essere abbracciata.

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Credo che grazie al potere dell’Espiazione, non dovrò mai più provare una solitudine opprimente. Credo nella promessa di Gesù Cristo che Egli sarà nostro amico e verrà a noi.

“Ecco, io sto alla porta e busso: se uno ode la mia voce ed apre la porta, io entrerò da lui e cenerò con lui ed egli con me” (Apocalisse 3:20).

3 consigli per combattere la solitudine è stato scritto da Delisa Hargrove e pubblicato sul sito thirdhour.org. Questo articolo è stato tradotto da Cinzia Galasso.