In che modo conoscere la verità ci rende liberi?

In Paradiso Perduto, di John Milton, Satana dice notoriamente che sarebbe “meglio regnare all’inferno che servire in cielo”. Ad essere sinceri, molti di noi hanno avuto un pensiero simile.

Nessuno vuole essere costretto a fare qualcosa solo perché lo dice qualcun altro. L’obbedienza cieca non sembra una virtù: perché permettere che il giudizio o le priorità di qualcun altro si sostituiscano alle nostre?

Questo modo di pensare riduce la questione della libertà a un gioco a somma zero: o facciamo ciò che vogliamo, o seguiamo ciecamente ciò che vuole qualcun altro.

Si può essere un individuo autonomo o scaricare la responsabilità morale su qualcuno. Si può essere discepoli o liberi pensatori, ma non si può essere entrambi.

Essere liberi vuol dire fare ciò che si vuole senza rendere conto a nessuno?

Lasciarsi condurre dallo SpiritoSe queste sono davvero le opzioni, molte persone sceglieranno (ovviamente) la libertà piuttosto che la servitù. Perché essere un servo quando si può essere il padrone di sé stessi?

Ma questo è un falso dilemma. La vera libertà è possibile solo quando riconosciamo qualcosa di più alto dei nostri desideri e delle nostre voglie. Invece di essere una minaccia per la nostra libertà, seguire la verità rende possibile la vera libertà.

Sebbene questa sia stata una visione comune nel pensiero occidentale, è caduta in disuso. Noi crediamo che ciò dipenda da tre affermazioni. La prima è che la vera libertà richiede la conoscenza.

L’anziano D. Todd Christofferson ha espresso bene questo concetto:

Ho sentito qualche genitore dire di non voler imporre il Vangelo ai figli, ma di volerli lasciare liberi di scegliere cosa credere e cosa seguire. Costoro credono che in questo modo stanno concedendo ai figli di esercitare il loro libero arbitrio.

Ciò che dimenticano è che l’uso intelligente del libero arbitrio richiede una conoscenza della verità, delle cose come sono realmente (vedere DeA 93:24). Senza questo, non ci si può aspettare che i giovani comprendano e valutino le alternative che si trovano davanti.

Gli esseri umani hanno il dono dell’intelligenza: la capacità di percepire la verità e di agire sulla base della nostra comprensione.

Quando agiamo in modo intelligente, non ci limitiamo a rispondere agli stimoli esterni come un anemone di mare ritrae i tentacoli quando viene toccato.

Al contrario, possiamo acquisire una visione personale del modo in cui il mondo è organizzato e agire sulla base di questa comprensione.

L’ordine del mondo viene talvolta definito “legge” e la nostra libertà cresce man mano che comprendiamo e seguiamo leggi progressivamente più alte (vedere DeA 88).

Non giudicare gli altri

Quando raggiungiamo la nostra comprensione indipendente, non seguiamo pedissequamente ciò che pensa qualcun altro, anche se ha raggiunto la comprensione prima di noi.

Piuttosto, la nostra comprensione ci permette di vedere la verità da soli.

John Crosby scrive che “il mio agire come persona non è un subire, o un sopportare, o un trasmettere ciò che ha origine al di fuori di me; sono io, io stesso che agisco quando agisco come persona, e nessun altro”.

Che l’obbedienza alla legge rafforzi la nostra libertà è dimostrato da casi semplici. Ad esempio, è perché gli scienziati comprendono i principi della gravità e della forza aerodinamica che gli aeroplani possono volare.

Senza questa comprensione, gli esseri umani non sarebbero liberi di volare.

Allo stesso modo, la comprensione della microbiologia da parte degli scienziati ha portato a miglioramenti nel settore igienico-sanitario, che ha permesso a molte persone di essere libere da malattie trasmesse attraverso cibo e acqua. È seguendo la legge che la nostra libertà viene rafforzata.

Leggi fisiche e leggi morali

Non fare i dottori della leggeOra, molti potrebbero essere d’accordo con l’idea che comprendere le leggi fisiche possa migliorare la nostra libertà perché aumenta il nostro potere. Ma che dire delle leggi morali? La comprensione delle leggi morali può aumentare la nostra libertà?

Questo ci porta al secondo passo della questione: esiste una verità morale e rispettarla è un bene (appagante, edificante) per noi come esseri umani.

Così come esiste un ordine fisico, esiste anche un ordine morale. Ma – e questo è un punto cruciale – ciò che significa comprendere la legge morale è fondamentalmente diverso da ciò che significa comprendere le leggi fisiche.

Con le leggi fisiche, comprendere significa fondamentalmente essere in grado di prevedere e controllare la natura. Diciamo che una teoria scientifica è valida perché è in grado di spiegare i dati rilevanti e di prevedere in che modo le cose si verificheranno.

Per esempio, le teorie del moto di Newton erano valide perché riuscivano a spiegare gran parte di ciò che osserviamo nell’universo, ma quelle di Einstein erano ancora migliori perché riuscirono a prevedere cose che Newton non riuscì a prevedere.

Ma la conoscenza della verità morale non riguarda (fondamentalmente) la previsione e il controllo. Si tratta piuttosto di riconoscere il valore intrinseco che certe cose o esseri hanno e di rispondere in modo appropriato a tale valore.

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Quando abbiamo un’intuizione morale, riconosciamo che qualcosa è importante o ha un’importanza indipendente dai nostri desideri individuali. Sentiamo l’obbligo di trattare le cose che hanno valore in un certo modo.

Anche se volessimo (ad esempio) fare del male a un’altra persona, se siamo consapevoli della verità morale, riconosceremo che sarebbe sbagliato farlo. Non dovremmo farlo.

Tuttavia, la morale non si occupa semplicemente di dire “no”. Forse, cosa più importante, la morale ci aiuta anche a sapere a cosa dovremmo dire “sì”. Infatti, alcune scelte sono veramente edificanti per noi, mentre altre sono svilenti e corruttrici.

Quando aiutiamo qualcuno nel bisogno, diciamo la verità, mostriamo coraggio di fronte al pericolo, dimostriamo gentilezza, rispettiamo Dio e i suoi comandamenti e così via, viviamo in armonia con le nostre capacità e possibilità più elevate.

D’altra parte, quando non facciamo che lamentarci, tradiamo un amico, ignoriamo la sofferenza degli altri, mentiamo per migliorare la nostra immagine, ci crogioliamo nel risentimento e nell’amarezza, sprechiamo il nostro tempo e le nostre capacità e così via, rifiutiamo le parti più importanti di ciò che siamo.

Rispondere in modo appropriato alla verità morale arricchisce, illumina, edifica ed eleva; attraverso di essa, diventiamo chi siamo veramente.

La verità ci renderà liberi

fede in Gesù CristoMa riconoscere la verità morale non limita comunque le nostre possibilità, rendendoci meno liberi? Questo ci porta al terzo passo della questione: se non scegliamo il bene, alla fine diventiamo schiavi del lato peggiore di noi stessi.

A molti lettori moderni questo sembrerà una forzatura. La libertà è spesso intesa semplicemente come la possibilità di fare ciò che si vuole senza restrizioni o limitazioni.

Ma la libertà così intesa nasconde una questione cruciale: cosa succede se i nostri desideri sono sciocchi, immaturi o autodistruttivi? Siamo davvero liberi se siamo spinti da desideri sbagliati, anche se nulla ci impedisce di realizzarli?

Questa è probabilmente la domanda che anima la più grande opera di teoria politica mai scritta, la Repubblica di Platone. Nel Libro II, leggiamo un dialogo in cui Glaucone sfida Socrate con la storia dell’anello di Gige.

In questo mito, un umile pastore al servizio del re trova un anello che gli permette di diventare invisibile quando vuole. Il pastore usa l’anello per sedurre la regina e uccidere il re, diventando egli stesso re.

Glaucone sostiene che chiunque possa commettere un’ingiustizia e farla franca lo farà e che, se non lo facesse, sarebbe considerato uno sciocco:

“Se tu potessi immaginare qualcuno che ottenesse questo potere di diventare invisibile e non facesse mai nulla di male o toccasse ciò che è di un altro, sarebbe ritenuto dagli osservatori un miserabile idiota, anche se lo loderebbero l’un l’altro e manterrebbero le apparenze l’uno con l’altro per paura di subire anch’essi un’ingiustizia”.

Il resto della Repubblica può essere letto come la risposta di Platone a questa sfida. Semplificando drasticamente, Socrate sostiene che l’anima è composta da diverse parti e che queste sono spesso in tensione tra loro.

La ragione è la parte più “alta” dell’anima e ci permette di vedere e giudicare correttamente. Le passioni sono la parte più “bassa” e spesso ci impediscono di vedere le cose come sono realmente.

Pur essendo necessarie e importanti, le passioni rappresentano una parte pericolosa dell’anima, non cattiva di per sé, ma capace di corromperci se non sono guidate e controllate dalla ragione.

Anche se non si è convinti dai particolari della psicologia filosofica di Platone, l’idea di base – che siamo un insieme di tendenze che possono essere edificanti o degradanti – sembra corretta.

Verso la fine dell’opera, Socrate descrive la situazione del tiranno o di chi possiede un grande potere ma non possiede virtù e, quindi, autocontrollo. Da un certo punto di vista, il tiranno ha una grande “libertà” perché può fare tutto ciò che vuole.

Ma poiché il tiranno è corrotto e poco saggio, tutte le sue scelte rafforzano i suoi limiti e le sue carenze:

“E la sua anima non deve forse essere piena di schiavitù e di oppressione, con le parti più rispettabili asservite e con una piccola parte, la più folle e la più viziosa, come loro padrone?”.

Proseguendo sulla strada della corruzione, il tiranno sprofonda sempre più nella depravazione, diventando “invidioso, inaffidabile, ingiusto, senza amici, empio, ospite e nutrice di ogni tipo di vizio”.

Come una città tirannica, il governante tirannico “è tanto schiavo quanto lo si può essere”.

In altre parole, a prescindere dalle minacce alla nostra libertà che possono provenire da altre persone (e ce ne sono molte), le minacce più grandi alla nostra libertà provengono dall’interno della nostra stessa anima.

La nostra avidità, la vanità, l’orgoglio, il disprezzo e l’egoismo minacciano la nostra libertà in un modo che nessun tiranno esterno potrebbe mai fare. Un’anima che non è orientata alla verità e alla bontà si corrompe e alla fine diventa schiava delle tendenze e dei desideri più bassi.

Molti di noi vorrebbero credere di non dover affrontare questa scelta, di poter ignorare la questione del bene e del male e rimanere liberi. Ma questa è una falsa speranza e serve solo a rafforzare i nostri limiti.

Come in tutte le cose, Gesù aveva ragione: “Conoscerete la verità e la verità vi farà liberi” (Giovanni 8:32).

Il costo dell’ignoranza: come la verità porta alla libertà è stato pubblicato su The Cost of Ignorance: How Truth Leads to Freedom. Questo articolo è stato tradotto da Ginevra Palumbo.