La sofferenza è una componente naturale dell’umana esistenza. È inevitabile. Talvolta vorremmo esserne esonerati, ma si sa che, prima o poi, chi più chi meno, tutti sono costretti ad affrontarla.

Prima che la Terra fosse creata, c’erano un progettista ed un piano.

E ve ne stava uno fra essi che era simile a Dio; ed egli disse a quelli che erano con lui: Noi scenderemo, poiché vi è dello spazio laggiù; e prenderemo di questi materiali e faremo una terra sulla quale costoro possano dimorare;

E in questo modo li metteremo alla prova [la natura della vita sulla terra], per vedere se essi faranno tutte le cose che il Signore loro Dio comanderà loro; (Abrahamo 3:24-25, Perla di Gran Prezzo).

La terra fu creata quale banco di prova e ben presto un piano venne messo in moto dove alla fine, Adamo ed Eva scelsero il sentiero della conoscenza e mangiarono del frutto. Tale sentiero comprende la sofferenza.

Pertanto, quando leggiamo che Dio maledisse la terra, prima dell’imminente espulsione di Adamo ed Eva dal Giardino di Eden, possiamo prenderlo in parola. Ovviamente, ciò ha un impatto su tutti noi figli di questa coraggiosa coppia.

Aggiungete un adirato e geloso avversario insieme a tutti i suoi seguaci al miscuglio—dannatamente (nel vero senso della parola) determinati ad ostacolare la felicità di queste “da poco non più innocenti persone”—e la difficoltà della mortalità cresce esponenzialmente.

Cosa potrebbe andare storto?

Sofferenza ingiusta

Sofferenza ingiusta

Va da sé, la sofferenza è inevitabile. Ci sono così tante parti in movimento nell’ingranaggio della vita. Nel suo ultimo discorso tenuto alla Conferenza Generale di Ottobre 2020, Anziano Jeffrey R. Holland ha riconosciuto il grado di difficoltà che la vita comporta e ha espresso a parole i nostri più sentiti quesiti:

Quanto a lungo aspettiamo il sollievo dalle difficoltà poste su di noi? Come sopportiamo le prove personali mentre aspettiamo, e aspettiamo, ma l’aiuto sembra tardare ad arrivare? Perché rimandare, quando i fardelli sembrano più pesanti di quanto noi siamo in grado sopportare?

Non appena ha iniziato il suo discorso, anziano Holland ci ha immediatamente riportato con la mente all’estenuante afflizione che Joseph e i suoi fratelli fedeli dovettero sopportare nel gelido inverno del Missouri del 1838, nel carcere di Liberty.

La nuova Chiesa aveva appena 8 anni e stava crescendo troppo in fretta per qualunque stato o contea in cui i Santi decidessero di stabilirsi. Il Missouri del nord non fece eccezione.  La posta in gioco era molto alta da entrambe le parti, specialmente nel 1838.

[…]

A causa di un insieme di congiunture sfavorevoli, il profeta Joseph Smith e cinque compagni considerati complici furono catturati, arrestati e imprigionati.

Perché parlare così spesso di questo episodio? Joseph fu perseguitato, arrestato e imprigionato ingiustamente molte volte. Perché ci concentriamo sempre su questa specifica occasione?

La risposta non è per nulla complicata. In primo luogo, abbiamo dei documenti che testimoniano dell’accaduto.

E questi documenti non soltanto immortalano l’universale pena di una sofferenza ingiusta, del tradimento straziante, e delle condizioni fisiche miserabili, ma in essi sentiamo la voce di Dio, che istruisce, conforta e promette speranza.

Secondo, nella sua ingiusta sofferenza, ritroviamo noi stessi. Riconosciamo la disperazione.

Anziano Holland esprime il sentimento su cui tutti, ad un certo punto della nostra vita, ci siamo interrogati:

“O Dio, dove sei?” sentiamo gridare dalle profondità del carcere di Liberty. “E dov’è il padiglione che copre il tuo nascondiglio? Per quanto tempo fermerai la tua mano?”

Per quanto tempo, O Signore, Per quanto tempo? Soffrire a causa della disobbedienza è comprensibile.

Soffrire per via dell’obbedienza può essere insostenibile; sembra che le regole cambino sotto di noi mentre cerchiamo di trovare un terreno stabile. Nella confusione ci chiediamo:

“Perché i giusti e gli innocenti soffrono? Non può Dio, l’Onnipotente, l’Onnisciente, accontentarci adesso? Quando otterrò ciò che desidero? Sono così tanto fuori strada?

É così sbagliato ciò che chiedo?! Sto facendo tutto il possibile. Perché non funziona?”

Ci serve una prospettiva. Ci servono consigli e un motivo per sperare. Questo è ciò che Anziano Holland generosamente ci fornisce:

La risposta a queste domande è: “Sì. Dio può fare miracoli istantaneamente, ma prima o poi impariamo che è Lui, e solo Lui, a dirigere le stagioni del nostro cammino terreno”.

È Lui che gestisce quel calendario per ciascuno di noi, individualmente. Ci viene ricordato che la saggezza di Dio comprende i tempi di Dio.

Non è un principio nuovo. È il profeta Isaia che ci ricorda che le vie ed i pensieri di Dio non sono come i nostri:

Poiché i miei pensieri non sono i vostri pensieri, né le vostre vie sono le mie vie, dice l’Eterno.

Come i cieli sono alti al di sopra della terra, così son le mie vie più alte delle vostre vie, e i miei pensieri più alti dei vostri pensieri (Isaia 55: 8-9).

Poiché viviamo sulla terra con una prospettiva limitata, un contesto mancante ed una conoscenza incompleta, talvolta ci sentiamo lasciati da soli al buio.

E poiché per sopravvivere abbiamo imparato a riconoscere degli schemi ricorrenti attraverso un rapporto di causa /effetto, è naturale sentirsi frustrati e a disagio quando questo ordine sembra non funzionare.

La strada non sarà sempre visibile e se lo è, potrebbe non sempre avere senso. Lo schema secondo cui Dio risponde—o non risponde—potrebbe sembrare ingiusto e casuale, specialmente quando continuiamo a paragonarci agli altri.

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Certamente, tali applicazioni di aiuto divino all’apparenza contraddittorie sono ampiamente documentate, ed anziano Holland ce lo dimostra attraverso l’utilizzo di paragoni scritturali. Egli mette a confronto sei storie:

Per ogni inferno guarito in un batter d’occhio mentre aspetta di entrare nella piscina di Betesda, qualcun altro vagherà nel deserto per 40 anni, nell’attesa di entrare nella terra promessa.

Per ogni Nefi e Lehi divinamente protetti da un cerchio di fuoco a motivo della loro fede, c’è un Abinadi messo al rogo per la sua.

E ricordiamo che lo stesso Elia che in un istante fece scendere il fuoco dal cielo per testimoniare contro i sacerdoti di Baal, è lo stesso Elia che sopportò un periodo di siccità durato anni e che, per un certo tempo, si nutrì unicamente del magro nutrimento che gli artigli di un corvo potevano trasportare.

Un attento studio di ognuna di queste storie mostra una varietà di cause di sofferenza che non seguono un modello condiviso o prevedibile di giustizia.

  • La solitudine dell’invalidità fisica e della povertà come nel caso dell’uomo che attendeva alla piscina di Betesda.
  • Lo sfinimento e l’ansia che derivano non soltanto dall’isolamento del vagabondaggio ma anche dalla paura dell’ignoto come i figli di Israele appena fuggiti dall’Egitto.
  • La liberazione, per quanto lentamente possa arrivare, dalla prigione e dalla crudele persecuzione nonostante gli sforzi retti come nel caso di Nefi e Lehi nel libro di Helaman.

Nessuna liberazione, finanche il martirio, a dispetto di una coraggiosa devozione a Dio, come per Abinadi.

Una giustificazione miracolosa come nel caso di Elia tra gli idolatri, e successivamente la sofferenza condivisa durante la carestia, nonostante la sua testimonianza e i suoi avvertimenti, a causa della quale fu miseramente sfamato da un corvo.

Perché alcuni vengono guariti ed invitati a rinnovate associazioni, mentre altri vagano fino a morire da emarginati? Perché alcuni sono liberati dalla persecuzione, mentre altri pagano il prezzo finale?

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Perché intervenire miracolosamente soltanto per poi rimanere fermi e lasciare che gli eventi corrano? “Le mie vie [sono] più alte delle vostre vie”, cerchiamo di ricordare e manteniamo la nostra fede.

Quattro fonti di sofferenza

Quattro fonti di sofferenzaAnziano Richard G. Scott ci ha fornito una prospettiva inestimabile per quando facciamo fatica a misurare le nostre difficoltà e tracciare un percorso per andare avanti, in un discorso tenuto alla Conferenza Generale di Ottobre del 1995, “La fiducia nel Signore”. Egli ha insegnato:

Nessuno vuole essere colpito dalle avversità. I problemi, le delusioni, la tristezza e il dolore derivano da due fonti fondamentalmente diverse. Coloro che trasgrediscono le leggi di Dio avranno sempre queste difficoltà.

L’altro motivo per cui siamo colpiti dalle avversità è per poter essere raffinati come solo le prove possono farci diventare e compiere la volontà del Signore. È di vitale importanza che ognuno di noi riconosca da quale delle due fonti derivano le nostre prove e difficoltà, perché il modo in cui le affrontiamo è molto diverso.

Se soffriamo a causa della disobbedienza, Anziano Scott non usa mezzi termini: “il solo modo per far cessare definitivamente il dolore causato dalla tristezza…  è il pentimento sincero, con il cuore spezzato e lo spirito contrito.

Riconoscete la vostra piena dipendenza dal Signore e la necessità di adeguare la vostra vita ai Suoi insegnamenti. Non c’è altra via che porti alla guarigione e alla pace duratura”. Afferrato. Doloroso ma chiaro.

Quando soffriamo mentre siamo obbedienti, o soffriamo come conseguenza diretta dell’obbedienza, possiamo ritrovarci spiritualmente disorientati. Qual è il consiglio di Anziano Holland? In primo luogo, egli ci dice che non soltanto questo non è innaturale ma che è prevedibile:

“ma nella nostra vita ci saranno occasioni in cui perfino il massimo impegno spirituale e le preghiere più sincere e imploranti non produrranno le vittorie che abbiamo agognato, sia riguardo alle importanti questioni globali che ai piccoli problemi personali.”

Secondo, “ci impegniamo e aspettiamo.” Egli spiega: “Fede”—il processo attivo di impegnarci e aspettare—” significa avere fiducia in Dio nei momenti belli e in quelli brutti, anche se implicherà che patiremo delle sofferenze fino a quando non vedremo il Suo braccio rivelarsi in nostro favore.”

Vorrei includere due fonti secondarie di sofferenza:

  1. scelte di terzi che influiscono negativamente su di noi, e
  2. l’imperfezione del mondo naturale.

Quando gli altri fanno delle scelte che implicano un comportamento che include violenza, attività criminale, contesa in tutte le sue forme, egoismo, e tradimento nella nostra vita, noi soffriamo.

Cristo si è sempre schierato contro questi comportamenti durante il Suo ministero. La Sua opera e influenza apparirono ai leader Ebrei del tempo come una diretta minaccia al loro comodi e influenti sistemi di potere.

Quegli stessi leader usarono una finta devozione religiosa come copertura per la persecuzione ed infine l’omicidio.

E per questo i Giudei perseguitavano Gesù e cercavan d’ucciderlo; perché facea quelle cose di sabato.

Gesù rispose loro: Il Padre mio opera fino ad ora, ed anche io opero.

Perciò dunque i Giudei più che mai cercavan d’ucciderlo; perché non soltanto violava il sabato, ma chiamava Dio suo Padre, facendosi uguale a Dio (enfasi aggiunta).

Cristo sa come ci si sente: soffrire gli effetti della deliberata aggressione di un altro. Per quanto riguarda la sofferenza derivata dall’imperfezione del mondo naturale, la scienza moderna, in particolare, cerca instancabilmente di rimediare a, e colmare queste fratture.

Il mondo fisico nel quale ci troviamo è naturalmente soggetto al declino e al disfacimento. Incidenti, catastrofi climatiche, la naturale usura, malattie, difetti genetici e l’invecchiamento sono causa di un certo grado di sofferenza associata alle condizioni della mortalità.

La lista è praticamente infinita. Cristo conferma che la sofferenza, a causa dell’imperfezione del mondo naturale, non è un segno coerente di disapprovazione divina in Giovanni 9:1-3.

E passando vide un uomo ch’era cieco fin dalla nascita.

E i suoi discepoli lo interrogarono, dicendo: Maestro, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco?

Gesù rispose: Né lui peccò, né i suoi genitori; ma è così, affinché le opere di Dio siano manifestate in lui (enfasi aggiunta).

La natura dell’esistenza comporta miriadi di complessità e ostacoli, ma la promessa di Dio a coloro che lo cercano è “Non vi lascerò orfani: tornerò a voi” (Giovanni 14:18).

Tuttavia, Egli non ci libererà dei fardelli da Lui imposti.

La sofferenzaFortunatamente, è comprovato che Egli sia in grado di rafforzarci per i compiti assegnati.

Il viaggio di Lehi e della sua famiglia attraverso il loro proprio deserto rivela un modello di crescita in abilità e forza priva della liberazioni dai compiti a loro richiesti.

Diamo un’occhiata a “1 Nefi 17:1-3; 13-14 e poniamoci nello specifico queste tre domande: Quali sono le sofferenze che Dio non rimuove? In che modo fornisce aiuto? Cosa voleva che sapessero? E perché?

E avvenne che riprendemmo il nostro viaggio nel deserto; e da allora in poi ci muovemmo all’incirca verso oriente. E viaggiammo nel deserto e attraversammo molte afflizioni; e le nostre donne partorirono dei figli nel deserto.

E sì grandi furono le benedizioni del Signore su di noi che, sebbene vivessimo di carne cruda nel deserto, le nostre donne avevano latte in abbondanza per i loro figli, ed erano forti, sì, proprio come gli uomini; e cominciarono a sopportare il loro viaggio senza mormorare.

E così vediamo che i comandamenti di Dio devono essere adempiuti. E se accade che i figlioli degli uomini obbediscono ai comandamenti di Dio, egli li nutre e li fortifica, e provvede i mezzi tramite i quali essi possano compiere ciò che egli ha loro comandato; pertanto egli ci procurò i mezzi mentre dimoravamo nel deserto (enfasi aggiunta).

Dio non revocò l’ordine dato alla famiglia di Lehi di fuggire da Gerusalemme per sempre. Neppure rimosse l’ingiunzione di non avere alcun fuoco, obbligando la famiglia a mangiare carne cruda.

Partorirono e allevarono figli mentre si dirigevano verso l’oceano.

Ma non furono lasciati “orfani”; Egli rafforzò fisicamente le donne fornendo nutrimento ai loro figli attraverso di esse, nonostante il fabbisogno calorico richiesto dal loro viaggio.

Le rafforzò spiritualmente alleviando la loro debolezza, il che sedò le loro lamentele. Le difficoltà non svaniscono. I comandamenti non vengono sempre revocati, ma possiamo essere rafforzati. Perché Dio fa questo?

Continuiamo con i versetti 13-14:

E io sarò pure la vostra luce nel deserto; e io preparerò il cammino davanti a voi, se accadrà che obbedirete ai miei comandamenti; pertanto, inquantoché obbedirete ai miei comandamenti, sarete condotti verso la terra promessa; e saprete che è da me che siete condotti.

Sì, e il Signore disse pure: Dopo che sarete arrivati alla terra promessa, voi saprete che io, il Signore, sono Dio; e che io, il Signore, vi liberai dalla distruzione; sì, che vi portai fuori dalla terra di Gerusalemme.

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La nostra fede e la nostra testimonianza sono preziose per Lui. Attraverso la sofferenza, Dio ci invita a conoscere Lui, e conoscere Lui è “vita eterna” (Giovanni 17:3).

Vediamo le stesse intenzioni nella storia di Alma, i cui nuovi convertiti sono sotto l’oppressione di uomini malvagi. Laddove Dio non promette ancora liberazione, Egli accorda forza. Prestate attenzione alle Sue motivazioni in Mosia 24:14:

Ed allevierò pure i fardelli che sono posti sulle vostre spalle, cosicché non possiate sentirli più sulla schiena, anche mentre siete in schiavitù; e farò ciò affinché possiate stare come miei testimoni d’ora innanzi, e affinché possiate sapere con sicurezza che io, il Signore Iddio, conforto il mio popolo nelle sue afflizioni.

Risultati eterni attraverso la sofferenza retta

Risultati eterni attraverso la sofferenza rettaIl mondo è in contrasto con Dio. Quando noi Lo accogliamo, il mondo è in contrasto con noi. Parte del conforto che Dio promette, in aggiunta ad una fede più sicura, lo troviamo in una serie di versetti contenuti nel capitolo 17 di Giovanni:

“… affinché siano uno, come noi.”

“… affinché la scrittura fosse adempiuta.”

“… affinché abbiano compita in se stessi la mia allegrezza.”

“… che tu li preservi dal maligno.”

“… affinché anch’essi siano santificati in verità.”

“… affinché il mondo creda che tu mi hai mandato.”

“… affinché il mondo conosca che tu m’hai mandato, e che li ami come hai amato me.”

Queste sono tutte le cose che Egli desidera donarci.

Forse, piuttosto che condannare Dio per quello che vediamo temporaneamente come un abbandono, possiamo spostare il nostro sguardo e stare come testimoni della nostra crescente forza spirituale e fisica attraverso Cristo, “linea su linea e precetto su precetto, qui un poco e là un poco” (2 Nefi 28:30).

A coloro che Lo cercano nella loro sofferenza “che danno ascolto ai [Suoi] precetti e porgono orecchio ai [Suoi] consigli… impareranno la saggezza; poiché a colui che riceve io darò ancora.”

Ma attenzione. Cristo avverte che a coloro che, nella loro inamovibile asprezza, metaforicamente “maledicono Dio e muoiono” (Giobbe 2:9) o “che diranno: abbiamo a sufficienza, ad essi sarà tolto anche quello che hanno. Maledetto è colui che ripone la sua fiducia nell’uomo, o fa della carne il suo braccio” (2 Nefi 28:30-31).

Invito ad assumere una prospettiva più alta sulla sofferenza

Invito ad assumere una prospettiva più alta sulla sofferenzaCome ridimensioniamo o riallineiamo le nostre aspettative riguardo alla nostra propria sofferenza?

Primo, non permettiamo al nostro orgoglio di prenderla sul personale perché abbiamo la saggezza di riconoscere che la sofferenza è universale ed è associata tanto alla malvagità quanto alla rettitudine—sebbene per motivi diversi. Anziano Holland, riferendosi alle parole di Anziano Neal A. Maxwell suggerisce:

“la vita non può essere al tempo stesso piena di fede e libera da tensioni”. Non è possibile “attraversare con [ingenuità] questa vita”, dicendo mentre beviamo un altro bicchiere di limonata: “Signore, dammi tutte le Tue virtù migliori, ma accertati di non darmi il dolore, la pena, la sofferenza o l’opposizione.

Per favore, fa’ sì che io piaccia a tutti o che nessuno mi tradisca, ma soprattutto, non farmi mai sentire abbandonato da Te o dalle persone che amo.

Insomma, Signore, fa’ attenzione a proteggermi da tutte quelle esperienze che Ti hanno reso divino.

E quando il percorso difficile di tutti gli altri sarà compiuto, per favore, lasciami dimorare insieme a Te, dove potrò vantarmi di quanto siano simili i nostri punti di forza e le nostre personalità, mentre mi lascio fluttuare nella mia nuvola di comoda cristianità.”

Che tipo di persona è degna di vivere con Cristo e Dio Padre? Che genera di persona eredita il tipo di vita eterna riservato a Joseph ed Emma, Padre Abrahamo e Sarah? Che alleanze avranno essi stipulato e mantenuto? Cosa avranno sopportato? Quali sofferenze? Quali prove della fede?

Che capacità avranno sviluppato e come le avranno ottenute? Che conoscenza avranno? Che tipo di persone sono e come sono arrivate a questa condizione?

Cristo pone e risponde Egli stesso a questa domanda in modo conciso: “… che sorta di uomini dovreste essere? In verità, io vi dico: così come sono io” (Nefi 27:27)

Non possiamo prevedere ogni sofferenza che ci verrà richiesta di sopportare prima che la nostra vita sulla terra abbia fine. Sappiamo di vivere “negli ultimi giorni” in cui “tempi difficili verranno” a causa della perversità e della malvagità dell’umanità, come profetizzato con grande minuzia da Paolo in 2 Timoteo capitolo 3.

Per darci ulteriore conforto e aiuto, Anziano Holland ci fa una promessa apostolica:

Mentre ci impegniamo e aspettiamo insieme le risposte ad alcune delle nostre preghiere, vi offro la mia promessa apostolica che esse vengono ascoltate ed esaudite, anche se forse non nei tempi o nei modi che vorremmo noi, ma vengono sempre esaudite nei tempi e nei modi in cui le esaudirebbe un genitore onnisciente ed eternamente compassionevole.

E Paolo, un altro Apostolo, condivide la sua testimonianza:

Chi ci separerà dall’amore di Cristo? Sarà forse la tribolazione, o la distretta, o la persecuzione, o la fame, o la nudità, o il pericolo, o la spada?

Come è scritto: Per amor di te noi siamo tutto il giorno messi a morte; siamo stati considerati come pecore da macello.

Anzi, in tutte queste cose, noi siam più che vincitori, in virtù di colui che ci ha amati.

Poiché io son persuaso che né morte, né vita, né angeli, né principati, né cose presenti, né cose future,

Né potestà, né altezza, né profondità, né alcun’altra creatura potranno separarci dall’amore di Dio, che è in Cristo Gesù, nostro Signore (Romani 8:35-39).

Condivido la speranza di Anziano Holland che “prima o poi queste benedizioni giungano a chiunque tra voi cerchi sollievo dalle proprie sofferenze e libertà dal proprio dolore.”

Che il sollievo venga concesso in questa vita o in quella a venire, rimaniamo nelle Sue mani esperte. In tutto ciò che sopportiamo, continuiamo, fedelmente, a “sperare nel Signore.”

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