I critici del Libro di Mormon litigano spesso sulla mancanza di evidenza di un contatto tra l’antico Oriente e le Americhe.
Di conseguenza una prova di ciò andrebbe a demolire un’obiezione fondamentale sulle affermazioni profetiche di Joseph Smith.
Se le tesi di Brian Stubbs’ “Esplorando il potere esplicativo dei Semiti e degli Egiziani nell’Uto-azteca” sono corrette, egli ha fornito esattamente quella prova.
Ho riportato qui due teorie del suo libro, che è molto difficile e complesso. La prima è stata pubblicata da Dirk Elzinga (insegnante di lingue alla Brigham Young University) su BYU Studies e presente online all’indirizzo byustudies.byu.edu.
Dirk Elzinga ha conseguito un dottorato all’università dell’Arizona.
La sua ricerca si concentrava sulle lingue Uto-Azteca (in modo specifico Shoshone, Goshute, Paiute e Ute). La seconda, scritta da John Robertson, professore di lingue emerite alla Brigham Young University e pubblicata su “Interpreter: A Journal of Mormon Scripture” e online su mormoninterpreter.com.
La carriera universitaria di Robertson si è concentrata sui cambiamenti della lingua, la ricostruzione dei proto-Mayan, la grammatica ed il sistema fonetico dei geroglifici.
Più di 30 anni fa, Stubbs disse a Robertson di avere trovato “un numero significativo di affini che univano alla famiglia delle lingue del Mondo Nuovo (Uto-Azteca) quella del mondo vecchio (gli Ebrei prima dell’esilio e successivamente le altre)”.
“Ci sono due parole affini”, spiega Elzinga, “che si può dimostrare abbiano entrambi un’origine storica in comune ed il loro suono (e significato) siano dovuti ai cambiamenti linguistici che avvengono normalmente.”
Robertson ammette che era inizialmente “sospettoso” su un “reclamo selvaggio” perché “l’approvazione universitaria era ed è quella che tra le migliaia di lingue parlate nel nuovo Mondo prima del contatto europeo”.
Lingue del Vicino Oriente nelle antiche Americhe
Dopo tutto, nessuno aveva contatti con il vecchio mondo. (“Questo è un espediente facile e sorprendentemente bello tra esperti di lingue,” osserva Elzinga,” per trovare falsi affini tra due lingue scelte arbitrariamente.”)
Da allora, anche se basati su alcuni lavori nel suo imponente libro “Uto-Aztecan: A comparative Vocabulary”, Stubbs, è diventato secondo Elzinga “un esperto in lingue molto rispettato” mentre per Robertson “uno dei principali esperti della lingua Uto-azteca nel mondo”.
E ora che ha pubblicato “il suo lavoro di coronamento” (Robertson), la sua magnifica opera, un compendio di dati grammaticali, fonologici e lessicali, fornisce prove di fusione delle lingue del Vicino Oriente nella grammatica e nel lessico Uto-Azteca”(Elzinga).
“Naturalmente,” fa notare Robertson, “non sarebbe difficile respingere tutte le sue argomentazioni come se fossero fuori portata.”
“Tutti i precedenti tentativi di collegare ogni tipo di lingua del Nuovo Mondo alle lingue europee o del Medio Oriente è stato amatoriale, ed anche ridicolo secondo alcuni affidabili standard linguistici.
Inoltre, “siccome Stubbs è un mormone e la sua borsa di studio è naturalmente condizionata e quindi inaffidabile”.
Comunque, “è un incredibile seguito al suo lavoro precedente sulla lingua Uto-Azteca,” scrive Robertson.
“La pubblicazione del 2015 merita la stessa valutazione dei dati che sono stati forniti per la sua precedente pubblicazione del 2011 – anche di fronte alla sua insolita rivendicazione.”
“A prima vista,” scrive Elzinga, il libro sembra appartenere ad una rottura di schemi linguistici.”È corposo, auto pubblicato ed ha bisogno di essere revisionato con attenzione e pertanto nessuna di queste caratteristiche incoraggia un lettore serio a prenderlo in considerazione nell’immediato.”
Ma Stubbs “ha sia la formazione che l’esperienza, insieme a dati molto accurati, per sostenere la sua straordinaria tesi.”
“Quale professionista del metodo storico comparativo da più di 40 anni,” Robertson conclude: “credo di poter dire che la cultura di Stubbs meriti davvero e non merita un rigetto a priori a causa della vastità dei dati che fornisce.
Piuttosto merita una considerazione autorevole perché, secondo me, non riesco a trovare un modo semplice per sfidare la vastità e la profondità dei dati.” “La sua cultura è profonda”, dichiara Elzinga.
“Stubbs ha un buon primato nel tenere una buona traccia delle pubblicazioni accademiche degli studi Uto-Aztechi, e siccome ha molta cura con il trattamento del materiale presente, nello stesso modo lo ha nel suo lavoro più tradizionale sulla lingua Uto-Azteca…..Ne è valsa sicuramente la pena lavorare su questo libro.”
Quindi, Stubbs ha dimostrato che il libro di Mormon è vero?
No. Ma, come osserva Elzinga in un certo senso, la sua raccolta di dati suggerisce che coloro che parlano sia Egiziano o una lingua semitica vennero in contatto con gli Uto-Aztechi più o meno allo stesso tempo, e che ad un certo punto è avvenuta una fusione semitica.
“Per i membri della Chiesa, uno scenario presenta immediatamente se stesso per spiegare due distinte fusioni semitiche, ma Stubbs è molto attento nell’evitare questo tipo di speculazioni e lascia che siano i dati a parlare da sé,” scrive Elzinga.
Utilmente, Stubbs ha pubblicato una versione più breve e semplice esplicitamente indirizzata ai Mormoni rispetto all’originale lavoro, molto più lungo, intitolato: “Cambiamenti nelle lingue: da Nefi a oggi.”
Questo articolo è stato scritto da Daniel Peterson, pubblicato su www.deseretnews.com e tradotto da Nadia Manzaro.
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