La missione mormone è finita, e adesso cosa faccio? Durante la sessione di apertura della 132a Conferenza Generale semestrale della Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni, tenuta nel mese di Ottobre del 2012, il presidente Thomas S. Monson ha fatto un annuncio riguardante i membri della Chiesa in tutto il mondo.
Ha annunciato che i giovani, ora, possono entrare nel Centro di Formazione Missionaria (MTC) dopo aver compiuto il 18° anno di età e le giovani donne possono entrarvi dopo il loro 19° compleanno.
Ma, che cosa può aspettarsi, un missionario, una volta che la missione mormone è finita?
La missione mormone è finita
A seguito di tale monumentale annuncio, molti giovani uomini e donne hanno preso la decisione di mettere il college e la carriera in attesa per 18 mesi (per le giovani) e per due anni (per i giovani), per poter seguire quanto richiesto dal Padre celeste e servire una missione a tempo pieno, per la Chiesa di Gesù Cristo.
Mentre sono al servizio del Signore, essi mettono le preoccupazioni del mondo da parte, se le lasciano alle spalle, e dedicano tutto il loro tempo e la loro attenzione al rafforzamento delle loro relazioni con il Padre celeste, a pregare con fervore, a studiare le Scritture e a servire ed insegnare il vangelo di Gesù Cristo, per le persone nelle loro aree assegnate.
Tuttavia, arriva il giorno in cui la missione mormone è finita. Arriva un momento in cui vengono rilasciati come missionari a tempo pieno e tornano a casa dalle loro famiglie e dalle loro persone care.
Mentre ritornano e parlano delle loro esperienze di vita, la questione indelebile che pesa sulla loro mente è: “Cosa succede ora che sono a casa dalla mia missione?”
Il passaggio dalla vita missionaria alla vita “normale”
Un giovane missionario tornato dal Canada ha descritto la sua esperienza con il ritorno a casa, dopo aver passato due anni in missione:
“Tornare a casa, dopo che la missione mormone è finita, è stato più difficile di quanto lo fosse stato lasciare casa”, ha detto un giovane missionario ritornato dal Canada.
“Di solito non sono una persona emotiva” ha aggiunto “ma durante i primi mesi, dopo il mio ritorno a casa, ho sentito una grande emozione. Spesso non riuscivo a capire i miei sentimenti contrastanti.
A volte, sarei voluto andare a letto, la sera, e piangere. Ero imbarazzato nei riguardi della mia famiglia e dei miei amici, perché non volevo che lo sapessero”.
Bruce L. Olsen, direttore degli affari pubblici della Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni dal 1989 al 2008, ha dichiarato, in un discorso tenuto nel 1991, che non è raro, per i missionari ritornati, sentire un po’ una perdita, nella transizione dalla vita in cui hanno avuto l’opportunità di servire come ambasciatori a tempo pieno per il Signore Gesù Cristo, a quella che avevano a casa, dove devono affrontare le sfide, giorno per giorno.
Ha incoraggiato coloro che erano già tornati a casa dalle loro missioni, così come coloro che presto avrebbero fatto ritorno, ad essere pazienti con se stessi, e sarebbe arrivato il momento in cui avrebbero compiuto una transizione di successo.
Alcuni missionari ritornati, per un periodo di tempo, mentre si sforzano di riadattarsi alla vita “normale”, possono sentirsi come se stessero facendo un incredibile giro sulle montagne russe.
Un consulente di salute mentale del Dipartimento Missionario della Chiesa ha descritto l’esperienza di tornare a casa come segue:
Il ritorno da una missione fedelmente servita, è un’esperienza singolare. Si è felici e soddisfatti, al massimo di quanto sia possibile esserlo.
Si è anche stanchi, come mai si è stati ed è anche presente una certa quantità di dolore: tutto questo piò rendere molto più difficile il ritorno a casa, di quanto non fosse stata la partenza.
La moglie di un ex presidente di Missione e psicologa SUG del Centro delle Sedici Pietre, per la Crescita, Wendy Ulrich, ha commentato:
Per molti missionari, questa può essere un’esperienza agrodolce. Può essere difficile lasciarsi alle spalle le persone e il lavoro che amano teneramente, con una nuova comprensione di chi sono e una nuova struttura delle loro giornate. RMS (i missionari ritornati) possono rapidamente trovare se stessi, nella ricerca di qualcosa che possa di nuovo dare un senso alla loro vita.
Un altro portavoce del Dipartimento Missionario della Chiesa, ha inoltre commentato:
I giovani ritornati possono essere colti di sorpresa, dalla complessità della vita post-missione. Il loro stile di vita cambia letteralmente, durante la notte. Mentre servivano, bastava preoccuparsi per una cosa soltanto.
Il lavoro non era facile, ma una volta sistemati, il programma giornaliero diventava gestibile e semplicistico.
Poi si va a casa e non va più in quel modo. La vita ha improvvisamente un numero di dimensioni diverse: appuntamenti e la ricerca di un coniuge, la scuola, il lavoro, i soldi, l’automobile.
E’ possibile che si crei angoscia, nel missionario ritornato, che deve improvvisamente prendere un milione di decisioni, ogni giorno.
Anche i missionari anziani affrontano delle sfide. Essi sviluppano spesso delle relazioni ricche e profonde e si sentono molto apprezzati, come missionari, per il ruolo che svolgono.
Quando tornano a casa, è difficile per loro replicare quella sensazione di avere un grande valore, da parte del rione o della comunità.
I missionari che ritornano a casa prima
Persino i missionari dalla fede più vigorosa, possono sperimentare alcuni sentimenti di rammarico, soprattutto quando cominciano a chiedersi se il servizio che hanno reso era sufficiente.
Ci possono essere anche sentimenti di profondo rimorso e senso di colpa, quando guardano indietro alla loro esperienza missionaria e si rendono conto che non possono aver compiuto tutto quello che avevano sperato di fare.
Questi sentimenti sono forse sentiti più profondamente da coloro che sono mandati a casa presto, dalla loro missione, a causa di motivi medici o altro.
In aggiunta a questi sentimenti, vi è anche la paura del rifiuto o del giudizio da parte degli altri. La realtà è che molti missionari che tornano a casa presto, dalla loro missione, sentono un senso di fallimento.
Zach Bullock ha sperimentato questi sentimenti, quando tornò a casa nel 2008, dopo aver passato sette mesi della sua chiamata in missione di due anni, in Italia.
Al ritorno a casa, non si è mai preso la briga di disfare la valigia e ha subito cercato un lavoro che gli imponesse di lavorare la domenica, in modo da poter evitare le riunioni della Chiesa e il dover parlare con la gente della sua missione.
Finalmente ha preso la sua laurea in lavoro sociale, presso la Utah Valley University, ma ben presto è diventato ossessionato dall’idea che aveva bisogno anche di un master, per dimostrare, in qualche modo, di essere in grado di poter finire qualcosa di importante.
Commentando l’esperienza, Zach Bullock, ora laureato alla BYU, ha dichiarato: “Non mi sento normale. Mi sento come se avessi fallito”. Due anni prima che egli partisse per la sua missione, suo padre morì di cancro allo stomaco.
L’ultimo desiderio di suo padre era che suo figlio servisse una missione. Col senno di poi, Bullock ha commentato: “Pensavo di aver affrontato la sua morte, ma si è scoperto che non avevo l’avevo ancora superata”.
Il defunto presidente della Chiesa Gordon B. Hinckley, in un Training del 2003, ai dirigenti a livello mondiale, ha parlato dell’importanza di una buona salute fisica e mentale:
La buona salute fisica e mentale è fondamentale. Ci sono genitori che dicono: ‘Se solo Johnny riuscirà ad andare in missione, allora il Signore lo benedirà con la salute’.
Non funziona, in quel modo. Piuttosto, qualunque disturbo o difetto fisico o mentale, un missionario abbia, quando parte per la missione, non può che aggravarsi, sotto lo stress del lavoro.
Ci deve essere la salute e la forza, sia fisica che mentale, perché il lavoro è impegnativo, le ore sono lunghe e lo stress può essere pesante.
Aiutare con il processo di transizione: la missione mormone è finita.
Ai missionari che tornano prima, dalle loro missioni, a causa di problemi di salute o altro, l’anziano Jeffrey R. Holland, membro del Quorum dei Dodici Apostoli, nel suo discorso di Ottobre 2013, tenuto alla Conferenza generale, dal titolo “Come un vaso rotto”, ha dichiarato:
“Le menti ‘rotte’ possono essere guarite solo nel modo attraverso cui vengono guarite anche le ossa rotte e i cuori infranti.
Mentre Dio è all’opera, per fare quelle riparazioni, il resto di noi può aiutare con l’essere misericordioso, non giudicare ed essere gentile”.
Perciò, i membri della congregazione devono giudicare di meno ed essere più affettuosi, accettando di missionari ritornati, sia che essi siano stati in grado di svolgere una missione completa, oppure no.
Il missionario ritornato può anche contribuire a ridurre lo stress e la confusione che si può sentire, dopo il ritorno a casa, diventando attivamente coinvolto nel proprio rione e ramo.
Essi dovrebbero anche trovare dei buoni amici e i dirigenti della Chiesa devono prendersi del tempo per ascoltarli, così come i loro più stretti familiari devono aiutarli a condividere, con loro, i propri sentimenti.
Bruce L. Olsen nel suo intervento dal titolo “A casa da una missione”, consigliò:
Stabilite un modello di fermezza nel Vangelo e servite bene in qualunque Chiesa, con il servizio a cui siete chiamati.
Parlate dei vostri sentimenti con i vostri genitori, con il vescovo, con la presidentessa della Società di Soccorso o con gli insegnanti familiari.
E ricordate, i battesimi non sono l’unica misura di una missione di successo.
Altrettanto importante è contribuire ad integrare i nuovi membri della Chiesa, incoraggiare i membri meno attivi verso la piena attività della Chiesa, fornire un servizio cristiano, piantare il vostro raccolto per un futuro Vangelo, aiutare i compagni e approfondire la vostra conversione.
I consigli per i missionari ritornati
Adesso che la missione mormone è finita la psicologa Wendy Ulrich suggerisce che la prima cosa che devono fare i missionari, al loro ritorno, è una vacanza: un tempo per rilassarsi e distendersi.
Sono praticamente andati avanti non-stop, durante il loro periodo di servizio missionario, e hanno bisogno di una piccola pausa, ma suggerisce anche che la pausa non dovrebbe durare più di un paio di settimane.
Appena possibile, dopo che la missione mormone è finita si dovrebbe cominciare a cercare qualcosa di concreto da fare.
Suggerisce, inoltre, che ci deve essere un cambiamento di pensiero spirituale. “Invece di essere nel bel mezzo dell’opera di Dio, dovete portare Dio nel vostro lavoro, il lavoro di preparazione per il vostro futuro”. Dice inoltre:
“Mantenete la comunicazione con il Signore. Siate pazienti: le risposte alle preghiere non possono venire più rapidamente o direttamente. Ma lo Spirito non ha intenzione di lasciarvi soli, perché non avete battezzato la gente”.
“Incoraggiate coloro che tornano a casa prima, dalla loro missione, ad accettare la loro libertà e continuare ad andare avanti, nella fede”.
Ha inoltre commentato che tornare a casa presto “non è l’esperienza definitiva della vostra vita. Può essere solitaria. Ma il Signore troverà il modo di utilizzare ogni esperienza della nostra vita per il nostro bene”.
Un rappresentante del Dipartimento missionario ha offerto questo consiglio, ai missionari ritornati:
Dopo che la missione mormone è finitaNon abbandonare tutto nella dimensione spirituale della vostra vita. Mantenete un elevato grado di spiritualità nella pratica religiosa pubblica e privata.
Sollecitate fortemente il vostro Vescovo per darvi una chiamata e poi magnificatela.
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