Dove morì Mosè? Deuteronomio ci informa che la morte di Mosè ebbe luogo sul monte Nebo, nella terra di Moab. Tuttavia, ci viene altresì detto che nessuno seppe mai dove fosse la sua tomba. E se Mosè non fosse morto affatto?
La morte di Mosè: il contesto scritturale
Dopo quarant’anni passati a vagare nel deserto il popolo d’Israele era finalmente pronto a fare il suo ingresso nella terra di Canaan.
Nel suo ultimo sermone, che comprende tutti i capitoli di Deuteronomio fino al 33, Mosè da le ultime istruzioni, ricorda i precetti, le leggi—comprese quelle relative al tabernacolo, i diritti e i doveri collegati all’alleanza che il popolo d’Israele aveva stretto con Dio e lo invita ancora una volta a non dimenticarsi di tutti i miracoli cui aveva assistito durante l’ esodo nel deserto, sebbene la generazione di coloro che mise piede nella terra promessa forse non aveva assistito ad alcuni di essi.
Nel trentaquattresimo e ultimo capitolo di Deuteronomio, troviamo solo poche righe circa la morte di Mosè.
In Deuteronomio 34:5-8 leggiamo:
Mosè, servo dell’Eterno, morì lì, nel paese di Moab, come l’Eterno aveva comandato.
E l’Eterno lo seppellì nella valle, nel paese di Moab, dirimpetto a Bet-Peor; e nessuno fino a questo giorno ha mai saputo dove fosse la sua tomba.
Ora, Mosè aveva centoventi anni quando morì; la vista non gli si era indebolita e il vigore non gli era venuto meno.
E i figli d’Israele lo piansero nelle pianure di Moab per trenta giorni, e si compirono così i giorni del pianto, del lutto per Mosè.
È singolare il fatto che nessuno sapesse dove fosse la sua tomba, probabilmente perché non ce ne fu mai una. In secondo luogo, c’è una frase in questi versetti da cui comprendiamo che Mosè possa non essere morto ma stato traslato: “E l’Eterno lo seppellì”.
Il fatto che Mosè fu sepolto dalla mano di Dio, in questo contesto potrebbe voler dire che fu piuttosto “nascosto”, e che quindi entrò alla presenza di Dio senza passare dalla morte fisica.
Altri esempi di profeti traslati
La Bibbia, tanto nell’Antico quanto nel Nuovo Testamento, contiene altri esempi di profeti che furono traslati.
Per esempio, Genesi 5:24 ci dice che “Enoc camminò con Dio; poi disparve, perché Iddio lo prese. In Ebrei 11:5 ci viene dato qualche indizio in più al riguardo:
Per fede Enoc fu trasportato perché non vedesse la morte; e non fu più trovato, perché Dio l’avea trasportato; poiché avanti che fosse trasportato fu di lui testimoniato ch’egli era piaciuto a Dio.
In 2Re 2:1-12 troviamo il resoconto della traslazione del profeta Elia:
E mentre essi continuavano a camminare discorrendo assieme, ecco un carro di fuoco e dei cavalli di fuoco che li separarono l’uno dall’altro, ed Elia salì al cielo in un turbine.
Ed Eliseo lo vide e si mise a gridare: “Padre mio, padre mio! Carro d’Israele e sua cavalleria!”. Poi non lo vide più. E, afferrate le proprie vesti, le strappò in due pezzi (2Re 2:11-12).
Nel Libro di Mormon, un testo di sacre scritture che i membri de La Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni usano insieme alla Bibbia, troviamo un altro profeta che fu trasfigurato, che suggerisce proprio che la morte di Mosè non fu una morte ma una traslazione.
E quando Alma ebbe fatto questo, partì dal paese di Zarahemla, come per andare nel paese di Melec. E avvenne che non si udì più parlare di lui; e quanto alla sua morte o sepoltura, non ne sappiamo nulla.
Ecco, sappiamo questo: che era un uomo retto; e si sparse il detto, nella chiesa, che egli fu rapito dallo Spirito, ossia sepolto dalla mano del Signore, così come Mosè.
Ma, ecco, le Scritture dicono che il Signore prese a Sé Mosè; e noi supponiamo che egli abbia ricevuto a Sé anche Alma nello spirito; perciò, per questo motivo, non sappiamo nulla riguardo alla sua morte e alla sua sepoltura (Alma 45:18-19).
Dall’autore del Libro di Alma sembra che i credenti del tempo sapessero che Mosè non fosse realmente morto ma che fosse stato traslato. Forse vi erano delle scritture o racconti che non sono arrivati fino a noi e che testimoniavano di questo.
La missione sul monte della trasfigurazione
Vi è un motivo ben preciso dietro la “non” morte di Mosè. Così come accadde con molti degli antichi profeti, il ministero di Mosè si estese oltre i limiti della sua vita mortale.
Insieme allo stesso Elia, visitò il Salvatore sul Monte della Trasfigurazione (vedere Matteo 17:1–13) per conferire le chiavi del sacerdozio a Pietro, Giacomo e Giovanni, ai quali fu dato il compito di portare avanti l’opera della Chiesa iniziata dal Cristo dopo la Sua morte.
Per potere conferire il sacerdozio ai tre apostoli, Mosè doveva avere un corpo di carne ed ossa, quindi non poteva essere uno spirito, ma poiché la morte e resurrezione di Gesù non erano ancora avvenute, non poteva nemmeno avere un corpo risorto e glorificato.
In Colossesi 1:18, infatti, leggiamo che:
Ed egli è il capo del corpo, cioè della Chiesa; egli che è il principio, il primogenito dai morti, onde in ogni cosa abbia il primato.
Fu il sacrificio espiatorio del Salvatore, la Sua morte sulla croce e la Sua resurrezione a rendere disponibile la risurrezione anche per tutti gli altri.
Le scritture ci dicono che molti si levarono dalla tomba quando Gesù risorse, ma era impossibile che qualcuno risorgesse prima, proprio perché non ne era ancora stato pagato il prezzo.
Anche coloro che egli resuscitò durante il Suo ministero, come Lazzaro o la figlia di Giairo, tornarono in vita solo temporaneamente. Infatti, risuscitarono e non risorsero.
Ciò vuol dire che non ottennero in quel momento un corpo perfetto, immortale ed eterno come fece Gesù alla Sua risurrezione, o come viene promesso a noi dopo questa vita, ma ripresero il loro proprio corpo mortale destinato a subire la morte fisica a tempo debito.
Da tutti questi elementi possiamo affermare che la morte di Mosè descritta in Deuteronomio fu in realtà un processo di traslazione.
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