Sappiamo che il Salvatore era obbediente al Padre celeste in tutte le cose. Sappiamo che Egli fu tentato, ma non cedette alla tentazione. Sappiamo che era perfetto. Ma sappiamo anche che Egli ci comprende. Comprende le nostre imperfezioni, i nostri dolori, le nostre cadute. Come è possibile? Come fa il Salvatore a comprendere i nostri fallimenti?
“Simile ai Suoi fratelli”
Una cosa importante da non dimenticare è che, pur riconoscendo le qualità divine del Salvatore, Egli era umano. Pensiamo, poeticamente, che il bambino Gesù non piangesse, perché sarebbe stato il bambino ideale per genitori esausti.
Ma piangeva anche Lui se aveva bisogno di essere nutrito!
L’esperienza mortale non è qualcosa che Egli ha semplicemente superato: Egli ha avuto sete (Giovanni 4:7, 19:28), ha dormito durante un terribile temporale (Marco 4:37-38) (immaginate quanto fosse stanco), ha sanguinato (Luca 22:44, Giovanni 19:34).
Ha provato emozioni divine nella Sua esperienza mortale: rabbia e dolore (Marco 3:5), lutto o empatia (Giovanni 11:33-35), tristezza (Matteo 26:37-38).
Molte delle sue esperienze sono comuni ancora oggi: la morte del suo patrigno, il rifiuto dei suoi fratelli (Giovanni 7:3-5), il tradimento degli amici (Luca 22:47-48), il dover trattare con persone ingrate (Luca 17:12-19), passare il tempo con gli amici cari (Giovanni 11:5, Luca 10:38-39), provare gioia nel lavorare al fianco dei propri amici (Giovanni 15:11).
Come dice Paolo:
“Egli doveva esser fatto in ogni cosa simile ai suoi fratelli” (Ebrei 2:17).
Come accennato in precedenza, questa esperienza terrena non è qualcosa che Gesù superò, ma qualcosa in cui si è trasformato.
“E Gesù cresceva in saggezza e in statura, e in grazia dinanzi… agli uomini”, la stessa frase dice anche che Egli cresceva in grazia “dinanzi a Dio” (Luca 2:52).
Le nostre rivelazioni moderne spiegano che “egli non ricevette la pienezza all’inizio, ma ricevette grazia su grazia; E non ricevette la pienezza all’inizio, ma continuò di grazia in grazia fino a che ricevette la pienezza” (DeA 93:11-13).
Come racconta l’anziano Talmage:
“Gesù era tutto ciò che un ragazzo dovrebbe essere, poiché il Suo sviluppo non fu ritardato dal peso trascinante del peccato: amava ed obbediva alla verità e quindi era libero” (“Gesù il Cristo”, capitolo 9: Il ragazzo di Nazareth).
L’unico che comprenda davvero le tentazioni
Come noi, Gesù fu tentato dall’uomo (Marco 8:31-33) e dal diavolo (Matteo 4:1-11). A differenza nostra, Egli fu in grado di resistere alle tentazioni e trionfò su tutte!
Poiché Gesù “stesso ha sofferto essendo tentato, può soccorrere coloro che sono tentati” (Ebrei 2:18).
Ma, ci chiediamo, capisce quanto siano difficili le nostre tentazioni se non è mai inciampato sotto il loro peso? Sì! E le capisce ancora meglio, perché non si è arreso! C.S. Lewis spiega:
“È comune un’idea sciocca, che le brave persone non sappiano cosa significhi tentazione. Questa è un’ovvia bugia. Solo chi cerca di resistere alla tentazione, sa quanto questa sia forte.
Dopotutto, scopri la forza dell’esercito tedesco combattendo contro di esso, non arrendendoti. Scopri la forza di un vento cercando di parlargli, non sdraiandoti.
Un uomo che cede alla tentazione dopo cinque minuti, semplicemente non sa come sarebbe stato un’ora dopo. Si vive una vita protetta cedendo alla tentazione.
Non troviamo mai la forza dell’impulso maligno dentro di noi, finché non proviamo a combatterlo: e Cristo, poiché era l’unico uomo che non ha mai ceduto alla tentazione, è anche l’unico che sappia fino in fondo cosa significhi tentazione” (“Il cristianesimo così com’è”).
Quindi capisce in un senso molto reale (più reale di quanto non facciamo noi) come sia provare la tentazione. Ma allora, essendo senza peccato, può capire come ci sentiamo quando affrontiamo le conseguenze del soccombere alla tentazione?
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Può comprendere i nostri fallimenti? Anche in questo caso rispondiamo: Sì!
L’integrità di Gesù non impedì che venisse accusato di aver peccato, la sua innocenza non impedì che venisse associato al potere diabolico (Matteo 12:24), alla bestemmia (Giovanni 10:33, Matteo 26:65) e alla sedizione.
L’unica differenza tra Lui e qualcuno che fosse effettivamente colpevole, era che Egli poteva affrontare la croce con la coscienza pulita.
Ha sperimentato i nostri fallimenti nel Getsemani
La colpa del peccato è qualcosa che Gesù non sperimentò nella Sua vita naturale. Tuttavia, dopo 3 decenni di esperienza di vita, entrò in un giardino tranquillo e lo consacrò, sperimentando diverse vite di sofferenza.
“Ed egli andrà, soffrendo pene e afflizioni e tentazioni di ogni specie; e ciò affinché si possa adempiere la parola che dice: egli prenderà su di sé le pene e le malattie del suo popolo.
E prenderà su di sé la morte, per poter sciogliere i legami della morte che legano il suo popolo; e prenderà su di sé le loro infermità, affinché le sue viscere possano essere piene di misericordia, secondo la carne, affinché egli possa conoscere, secondo la carne, come soccorrere il suo popolo nelle loro infermità” (Alma 7:11-12).
In quel giardino e sulla croce, Gesù, per procura, passò attraverso le conseguenze dei nostri peccati e dei nostri fallimenti (scritturalmente: dolori, afflizioni, tentazioni, malattie, morte e infermità).
In quanto “tramite”, è come se il nostro nome fosse stato posto su di Lui e Lui avesse vissuto la nostra frustrazione, fosse stato gravato dalla nostra colpa e compensato con il salario del nostro peccato: la morte.
Per questo motivo, Egli può soccorrerci! Egli ci chiede di legarci a Lui in modo che possa alleggerire il nostro fardello e alleviare la nostra frustrazione.
Ci chiede di prendere su di noi il Suo nome in modo che possiamo risorgere con Lui nella gloria (scritturalmente: sciogliere le catene della morte, avere le viscere piene di misericordia, soccorrere il Suo popolo)!
Possiamo sentirci frustrati perché “cediamo al peccato… diamo spazio alle tentazioni, cosicché il maligno abbia posto nel nostro cuore per distruggere la nostra pace e affliggere la nostra anima” (2 Nefi 4:27, vedere l’intero capitolo per sapere come reagì Nefi). Gesù sa mettersi in relazione con noi.
Ha tutto il potere, ma rispetta il nostro libero arbitrio.
Avrebbe potuto, se fosse caduto nella tentazione di Alma “andare a parlare con la tromba di Dio, con una voce da scuotere la terra… affinché si pentano e vengano al nostro Dio, affinché non vi sia più dolore su tutta la faccia della terra”, ma invece “accorda agli uomini secondo i loro desideri, sia per la morte o per la vita; sì… Egli concede agli uomini… secondo la loro volontà, che siano per la salvezza o per la distruzione” (Alma 29:1-2,4).
Questo dolore, provato quando coloro che amiamo esercitano il libero arbitrio per la vanità, rimane sempre con i giusti (3 Nefi 28:38, Mosè 7:28-29, vedere anche l’intero capitolo).
Prendiamo il Suo giogo e seguiamolo
Se non riusciamo ancora a vedere il Salvatore vicino a noi e a quello che viviamo, possiamo provare a vedere noi stessi come qualcuno di coloro che Egli soccorse durante la Sua vita terrena.
Se pensiamo che Egli sia troppo santo per avvicinarsi a noi che siamo così indegni, dobbiamo ricordare che un’altra persona si sentì così e fu coraggiosa abbastanza da arrivare a toccargli l’orlo dei vestiti (Matteo 9:20-22).
E a motivo di ciò, fu benedetta con un colloquio personale con Lui.
Se riteniamo di essere stati troppo ingrati in passato, perché Egli possa benedirci oggi, dobbiamo sapere che Egli chiese comunque informazioni sui 9 lebbrosi che aveva guarito e non erano tornati da Lui (Luca 17:12-19).
Inoltre, Egli sapeva che Pietro Lo avrebbe rinnegato, ma comunque passò del tempo in sua compagnia (Matteo 26:34). Egli ci comprende e non ci lascia indietro: tutto ciò che dobbiamo fare, come Egli stesso dice, è prendere il nostro giogo e seguirLo.
Come fa il Salvatore a comprendere i nostri fallimenti? È stato tratto dal sito askgramps.org ed è stato tradotto da Cinzia Galasso.
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