Quando nel lontano 2000 uscì il film d’animazione della Dreamwork “Giuseppe il Re dei Sogni”, io avevo circa 11 anni, ma fu solo molti anni dopo che compresi il reale significato di una delle canzoni più belle della colonna sonora.
Si intitola “Tu vedi più lontano di me”. Il ritornello recita:
Tu vedi più lontano di me,
Tu sai la via,
Non voglio sapere il perché,
Tu vedi più lontano di me.
Queste poche righe contengono il leitmotiv dell’intera esistenza di Giuseppe.
Ma partiamo dalle basi: chi è Giuseppe?
Giuseppe d’Egitto: il contesto storico
Proseguendo lungo la linea genealogica di Abrahamo, Giuseppe è il minore dei figli di Giacobbe, e primogenito dalla parte di Rachele.
Poiché era figlio della moglie prediletta, Giuseppe era anche il favorito di Giacobbe, cosa che gli guadagnò le invidie dei fratelli maggiori.
Giuseppe (e non per niente il film della Dreamwork si chiama “Il re dei sogni”) aveva un dono, quello di interpretare i sogni. Uno in particolare li fece infuriare e li portò a prendere una decisione drastica.
Giuseppe aveva sognato che mentre lui e suoi fratelli erano intenti a raccogliere dei covoni di grano, il suo si era alzato ritto in piedi davanti a quelli dei suoi fratelli, i quali a loro volta si erano chinati davanti a quest’ultimo.
Il sogno significava che in futuro i fratelli di Giuseppe si sarebbero chinati dinanzi a lui, fratello minore, e che lui sarebbe stato governatore su di loro.
Un giorno, mentre si trovavano a pascolare il gregge del padre, i fratelli di Giuseppe, che era poco più che un ragazzino, tramarono di ucciderlo.
Il fratello maggiore, Ruben, udito questo, convinse gli altri fratelli a non mettergli le mani addosso ma a gettarlo dentro ad una cisterna vuota, nel tentativo di salvarlo da morte certa.
Nel frattempo, mentre stavano seduti per mangiare e bere, passò di lì un gruppo di Madianiti.
Decisero allora che avrebbero potuto vendere il fratello come schiavo e raccontare al padre che fosse stato disgraziatamente sbranato da un branco di belve selvatiche.
Da qui in avanti, la strada di Giuseppe si separa definitivamente da quella dei suoi fratelli. Ci vorranno molti anni prima che si ricongiungano, e il Giuseppe che incontreranno sarà molto diverso dal ragazzino indifeso che avevano venduto come schiavo.
I Madianiti a loro volta lo portarono in Egitto e lo vendettero a Potifar, ufficiale di Faraone e capitano delle guardie.
“E l’Eterno era con Giuseppe”
A questo punto Genesi ci dice che “L’Eterno fu con Giuseppe” (Genesi 39:2), e davvero lo fu in tutti gli anni che seguirono, anche quando le circostanze facevano credere il contrario.
Di questo si accorse anche Potifar, infatti egli vide che “… l’Eterno gli faceva prosperare nelle mani tutto quello che intraprendeva”, e grazie alla sua rettitudine “l’Eterno benedisse la casa dell’Egiziano, per amor di Giuseppe”.
Da questo punto in poi la vita di Giuseppe è un alternarsi di prosperità e “disgrazie”, di miracoli e ingiustizie. Ma tutto faceva parte del piano che Dio aveva per lui e per le persone attorno a lui.
Ciò che di gran lunga fece la differenza, ful il modo in cui Giuseppe affrontò i periodi di “disgrazia” e il suo atteggiamento nei confronti delle sue alleanze, perché non dimentichiamocelo, Giuseppe era figlio di Giacobbe, colui dal quale discendeva il casato d’Israele in persona, e pertanto erede delle alleanze del Dio di Abrahamo, di Isacco e di Giacobbe.
La vita di Giuseppe fu una dimostrazione del fatto che Dio non ci abbandona. Il presidente Dieter F. Uchtdorf ha insegnato:
“No, seguire il Salvatore non eliminerà tutte le vostre prove. Tuttavia, rimuoverà le barriere esistenti tra voi e l’aiuto che il Padre Celeste vuole darvi. Dio starà con voi”
Quando essere giusti “non paga”
Se come me avete visto il film d’animazione sopramenzionato, saprete come prosegue la storia, ma continuiamo con la veloce panoramica sulla vita di Giuseppe d’Egitto.
Giuseppe, oltre ad essere molto virtuoso e favorito da Dio, le scritture ci dicono, era anche “di presenza avvenente e di bell’aspetto”. Questo non sfuggì all’occhio della moglie di Potifar, che tentò di sedurlo svariate volte.
Ma poiché Giuseppe era integro e leale tanto nei confronti di Dio quanto nei confronti dell’uomo che lo aveva accolto in casa sua dandogli il pieno controllo di tutti i suoi affari, non cedette mai alle sue lusinghe.
Quando, dopo l’ennesimo tentativo da parte della moglie di Potifar, Giuseppe decise di risolvere la situazione fuggendo dalla sua presenza, quest’ultima si vendicò, accusandolo di avere abusato di lei, e portando come prova la veste di Giuseppe che le era rimasta in mano.
A questo punto Potifar si vede costretto a rinchiuderlo in carcere. È interessante notare un particolare. Alcuni studiosi hanno sottolineato che per un’accusa di questo tipo, Giuseppe sarebbe anche potuto essere condannato a morte.
Tuttavia, Potifar probabilmente conosceva molto bene tanto la natura e il carattere di Giuseppe quanto quello di sua moglie, e non potendo fare altro per salvare il ragazzo, decise di rinchiuderlo in prigione.
Si tratta di semplici supposizioni, ma è interessante notare come le cose sarebbero potute andare molto peggio e come anche in questo caso Giuseppe fu in qualche modo preservato, proprio come accadde quando i suoi fratelli decisero di venderlo come schiavo.
Questa storia è un esempio tangibile di quanto, delle volte, essere fedeli nel mantenere le nostre alleanze “non ripaghi”. Quantomeno non sul momento.
Giuseppe dimostrò una grande integrità ,e piuttosto che essere premiato, fu punito ingiustamente. Non sappiamo esattamente quanto tempo rimase in prigione, ma sappiamo che fu per alcuni anni.
Tuttavia, anche in prigione, il Signore continuava ad essere con lui:
“Ma l’Eterno fu con Giuseppe, e spiegò a pro di lui la Sua benignità, cattivandogli le grazie del governatore della prigione” (Genesi 39:21).
Anche in prigione, Giuseppe era riuscito a guadagnarsi una buona reputazione. Soprattutto per la sua capacità di interpretare i sogni.
Ed è proprio questa capacità che gli permise definitivamente di uscire dal carcere. Il faraone aveva fatto dei sogni decisamente particolari, e nessuno tra i magi e i dotti di tutto l’Egitto era riuscito a carpirne il significato.
Il coppiere di faraone si ricordò che Giuseppe, due anni prima, mentre si trovava in carcere con lui, aveva correttamente interpretato uno dei suoi sogni, e così si rivolsero a lui come ultima risorsa.
Giuseppe, riconoscendo che questa capacità provenisse da Dio, vi riuscì. Spiegò a Faraone che ciò che aveva sognato era una previsione riguardante ciò che sarebbe accaduto al paese negli anni a venire.
Sette anni di abbondanza seguiti da sette anni di carestia. Grazie all’intervento di Giuseppe, il paese fu in grado di accumulare risorse a sufficienza per sopperire alla carestia che effettivamente si verificò.
Come si vedrà più in avanti, Giuseppe non solo fu in grado di salvare l’Egitto intero ma anche tutta la sua famiglia, e quegli stessi fratelli che quasi vent’anni prima lo avevano abbandonato.
Lui vede più lontano di noi
Leggendo la storia di Giuseppe d’Egitto capitolo dopo capitolo, appare chiaro come ogni evento di cui Giuseppe fu protagonista fosse parte di un quadro più grande, di un piano superiore.
Tendiamo a non dare troppo peso alle parti spiacevoli del racconto quando sappiamo che la storia termina a lieto fine. Ma come deve essersi sentito Giuseppe nel frattempo?
Come si sarà sentito mentre solo e agonizzante, all’interno di una vuota cisterna, tradito dal suo stesso sangue, implorava di essere liberato e riportato da suo padre?
Come si sarà sentito quando, per aver mantenuto fede alle sue alleanze e dimostrato lealtà nei confronti dell’uomo di cui era servitore, fu ingiustamente imprigionato?
Come ci sentiamo noi quando tutto, nella nostra situazione, sembra andarci contro? Magari proprio a causa della nostra rettitudine o della nostra obbedienza ai comandamenti? E soprattutto, cosa possiamo imparare dall’esempio di Giuseppe?
Intanto impariamo che cose spiacevoli accadono anche alle persone che si sforzano di fare la cosa giusta. Solo perché facciamo la nostra parte per obbedire ai comandamenti non significa che saremo esenti da prove ed afflizioni.
Ciò da cui non saremo esentati è l’aiuto di Dio. Quando teniamo fede alla nostra parte delle alleanze abbiamo la rassicurazione che Dio non ci negherà mai il suo aiuto.
Dio ha fatto in modo che le circostanze di Giuseppe cooperassero per il suo bene, anche quando persone malvagie volevano danneggiarlo.
In una certa misura permise loro di riuscirci, ma tutte le volte ribaltando la situazione in suo favore. Dio farà lo stesso con noi se teniamo fede alle nostre alleanze. L’obbedienza non ci assicura che non avremo delle prove ma ci dà diritto all’aiuto divino.
Parlando di leitmotiv, un’altra costante dell’Antico Testamento che vediamo realizzarsi nella vita di Giuseppe è questa:
Quando i figli di Israele vivono l’alleanza, prosperano e ricevono le benedizioni promesse. Quando non lo fanno, vacillano, falliscono, sono sconfitti o vengono dispersi.
“Tutte le cose cooperano al bene di [coloro] che amano Dio” (Romani 8:28).
Questo è particolarmente vero per Giuseppe. Ma perché Dio è con Giuseppe? E come fa a prosperare anche quando sembra impossibile? Perché protezione e prosperità sono entrambe benedizioni pertinenti all’alleanza.
Dio non solo è più forte di qualsiasi circostanza, ma ha perfettamente orchestrato gli eventi con molto anticipo per benedire Suo figlio nell’alleanza, Giuseppe, e attraverso di lui tutti i figli di Israele.
Colui che ha tutto il potere ed è “più intelligente di tutti loro” può orchestrare gli eventi per benedire e far prosperare i suoi figli dell’alleanza.
Egli fa lo stesso per i Suoi fedeli figli dell’alleanza oggi. Con il Signore le cose andranno a nostro vantaggio.
Le circostanze potranno cooperare contro di noi ma se noi ci atterremo alle alleanze strette con Dio queste non prevarranno, anche quando sembra che stiano avendo la meglio.
L’importanza della rivelazione
In secondo luogo, impariamo che anche tutte quelle cose che non riusciamo a spiegarci, o di cui non vediamo il senso—anche per periodi prolungati— a lungo andare si incastreranno perfettamente nel puzzle della nostra vita, mostrandoci come tutto facesse parte del piano del Padre celeste fin dall’inizio.
Ovviamente, impariamo anche che noi, quasi mai (anzi proprio mai), vediamo con chiarezza il quadro completo di una data situazione.
Dio invece sì, e faremmo bene a fidarci di Lui e farci guidare passo dopo passo. Inoltre, non conoscere tutti i dettagli di come si evolveranno le cose, è parte della nostra famosa “prova della fede”.
Vi starete chiedendo: “Come facciamo a farci guidare da Dio?”
Per poter perseverare nei momenti di incertezza e diventare uno strumento nelle mani del Signore, è necessario sviluppare la capacità di ricevere rivelazione.
Durante il suo primo discorso ufficiale da Presidente della Chiesa, il Presidente Russell M. Nelson ha detto:
“Vi esorto ad andare oltre la vostra attuale capacità spirituale di ricevere la rivelazione personale, perché il Signore ha promesso:
“Se [cercherai], riceverai rivelazione su rivelazione, conoscenza su conoscenza, affinché tu possa conoscere i misteri e le cose che danno pace: ciò che porta gioia, ciò che porta vita eterna.
Nulla apre i cieli come la combinazione di una maggiore purezza, di un’obbedienza esatta, di una ricerca sincera, del nutrirsi abbondantemente ogni giorno delle parole di Cristo nel Libro di Mormon e del tempo regolarmente dedicato al lavoro di tempio e di storia familiare.
Potranno certamente esserci momenti in cui vi sembrerà che i cieli siano chiusi.
Vi prometto però che, se continuerete a essere obbedienti, esprimendo gratitudine per ogni benedizione che il Signore vi dà, e se onorerete pazientemente i tempi del Signore, vi sarà data la conoscenza e la comprensione che cercate.
Seguirà ogni benedizione che il Signore ha in serbo per voi — persino dei miracoli. Questo è ciò che la rivelazione personale farà per voi.”
Proprio perché molto spesso non siamo in grado di vedere, o prevedere, gli eventi nel lungo termine, abbiamo bisogno della rivelazione da Dio per conoscere il passo successivo, per vedere il metro da percorrere davanti a noi.
Indubbiamente, Dio ci ha dotati di un intelletto e di un’intelligenza che vuole che mettiamo a frutto per prendere delle decisioni da soli. Vuole che ragioniamo in base alla conoscenza che già possediamo e che poi agiamo.
Ma se vogliamo essere sicuri di fare la scelta giusta, è sempre meglio chiedere la conferma dello Spirito. Ci capiterà di essere portati a fare determinate cose o prendere una determinata direzione (letterale e metaforica) senza sapere perché.
Se noi ci sforziamo di fare le cose giuste e siamo sicuri che queste istruzioni vengono dall’alto, non ci rimane che fidarci e seguirle.
Giuseppe deve aver avuto una grande pazienza nel credere per tutto il tempo, anche nei momenti più bui, che il Signore aveva in serbo per lui qualcosa di grandioso, ma lasciò che Dio lo guidasse passo dopo passo.
Dio conosce il nostro potenziale e ciò che grazie a Lui possiamo diventare
“Poiché io so i pensieri che medito per voi, dice l’Eterno: pensieri di pace e non di male, per darvi un avvenire e una speranza” (Geremia 29:11).
Fu la capacità di Giuseppe di interpretare i sogni, oltre alla sua buona reputazione, che gli permise di ottenere nuovamente la libertà. Dio utilizzò i talenti di Giuseppe a suo vantaggio, e può fare lo stesso con noi.
La nostra capacità di discernimento è imperfetta. Non siamo in grado di prevedere il futuro, e nemmeno di vedere il nostro pieno potenziale—ciò che possiamo diventare—ma Dio sì.
Nel suo famoso libro “Il Cristianesimo così com’è”, l’autore C.S. Lewis dice:
“Immaginate di essere una casa, una casa vivente; e viene Dio a ricostruirla. Dapprima, forse, capite quel che sta facendo.
Aggiusta le tubature, ripara le crepe nel tetto e così via: sono lavori che andavano fatti; lo sapevate, e non siete sorpresi. Ma ecco che egli comincia a mettere la casa sottosopra, a sconquassarla in modo orripilante […].
Dove diamine vuole andare a parare? La spiegazione è che egli sta costruendo una casa tutta diversa da quella che avevate in mente voi: creando qui un’ala nuova, là aggiungendo un piano, innalzando torri, aprendo cortili.
Pensavate di diventare una casetta ammodo: ma lui sta costruendo un palazzo. Intende venirci a vivere lui stesso.
Nella Bibbia ha detto che noi siamo ‘dèi’, e terrà fede alle sue parole. Se glielo consentiremo, perché — volendo — possiamo impedirglielo, Egli trasformerà il più debole e sozzo di noi in un dio o in una dea, in una creatura splendente, radiosa, immortale, pulsante in ogni fibra di un’energia, una gioia, una sapienza, un amore per noi ora inimmaginabili. […]
II processo sarà lungo e a volte dolorosissimo; ma questa è la posta in gioco. Niente di meno”.
L’anziano Neal A. Maxwell ha riassunto magnificamente le benedizioni che scaturiscono quando sviluppiamo l’abitudine di avere fiducia nel Signore:
“Le vostre possibilità personali, non per lo status e la posizione, ma per il servizio a Dio e all’umanità, sono immense, se solo lascerete che il Signore vi conduca da ciò che siete a ciò che avete il potere di diventare. . . .
Se siete retti, i suoi scopi saranno raggiunti.”
Dio usa le prove e i momenti di afflizione non solo per farci prosperare a qualche punto della nostra vita, come fece con Giuseppe, ma per trasformarci, per modellarci e farci raggiungere il nostro pieno potenziale e, in ultima analisi, per farci diventare ciò che Egli sa che possiamo diventare un giorno, ciò che Lui è già.
https://fedeincristo.it/restaurazione/la-famiglia-eterna/conflitti-familiari/
Tuttavia, Egli non ci intralcerà mai nelle nostre decisioni, e non ci priverà mai del nostro libero arbitrio. Ci ama troppo per farlo. Come dice C.S. Lewis, potrà renderci un castello solo se noi Glie lo permetteremo.
Tu vedi più lontano di me: l’esempio di fede di Giuseppe d’Egitto è stato scritto da Ginevra Palumbo.
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