In 2 Corinzi 7:8-10 Paolo sottolinea l’importanza della tristezza secondo Dio nel processo di pentimento. Egli insegnò che la tristezza secondo Dio per il peccato porta al pentimento, mentre la tristezza del mondo porta alla morte.
Poiché, quand’anche io v’abbia contristati con la mia epistola, non me ne rincresce; e se pur ne ho provato rincrescimento (poiché vedo che quella epistola, quantunque per un breve tempo, vi ha contristati),
ora mi rallegro, non perché siete stati contristati, ma perché siete stati contristati a ravvedimento; poiché siete stati contristati secondo Iddio, onde non aveste a ricever alcun danno da noi.
Poiché, la tristezza secondo Dio produce un ravvedimento che mena alla salvezza, e del quale non c’è mai da pentirsi; ma la tristezza del mondo produce la morte.
Differenza tra tristezza secondo Dio e tristezza del mondo
È importante capire la differenza tra la tristezza secondo Dio e quella del mondo, perché è la tristezza secondo Dio per il peccato che porta al vero pentimento.
Qual è dunque la differenza tra la tristezza secondo Dio e la “tristezza del mondo”? Perché la tristezza secondo Dio è una parte importante del pentimento?
Il presidente Spencer W. Kimball disse:
«Se uno si dispiace soltanto perché qualcuno ha scoperto i suoi peccati, il suo pentimento non è completo.
La tristezza secondo Dio induce l’uomo a pentirsi anche se non è stato scoperto dagli altri, e lo induce a decidere di fare il giusto a prescindere da qualsiasi circostanza. Questo genere di dolore porta alla rettitudine e verso il perdono»
Il Presidente Ezra Taft Benson ha detto:
«Non è insolito trovare nel mondo uomini e donne che provano rimorso per le cose errate che compiono. Certe volte questo accade perché le loro azioni sono causa di grande dolore per loro stessi o per i loro cari.
Qualche volta il dolore che sentono è dovuto al fatto che vengono sorpresi mentre agiscono iniquamente e puniti per le loro azioni. Questi sentimenti terreni non sono la ‹tristezza secondo Dio› (2 Corinzi 7:10).
La tristezza secondo Dio è un dono dello Spirito. È la profonda consapevolezza che le nostre azioni hanno offeso il Padre nostro e nostro Dio.
È l’acuta e vivida sensazione che la nostra condotta ha portato il Salvatore, colui che non aveva commesso alcun peccato, l’Uomo più grande di tutti, a sopportare estreme sofferenze.
I nostri peccati Lo hanno fatto sanguinare da ogni poro. Questa grande sofferenza mentale e spirituale è quella che le scritture definiscono ‹un cuore spezzato e uno spirito contrito› (DeA 20:37). Tale spirito è il requisito indispensabile per il vero pentimento (2 Corinzi 7:10)»
La tristezza secondo Dio conduce al pentimento
In un discorso della conferenza generale di aprile 2007 il presidente Dieter F. Uchtdorf ha spiegato in che modo la tristezza secondo Dio conduce al pentimento:
«Dobbiamo avere una forte fede in Cristo per poterci pentire. La nostra fede deve comprendere una “idea corretta del carattere di Dio, della Sua perfezione e dei Suoi attributi” (Lectures on Faith [1985], 38).
Se crediamo che Dio conosce ogni cosa, che è amorevole e misericordioso, avremo fiducia in Lui senza esitare per la nostra salvezza. La fede in Cristo cambierà i nostri pensieri, convinzioni e comportamenti che non sono in armonia con la volontà di Dio.
Il vero pentimento ci riporta a fare ciò che è giusto. Per pentirsi sinceramente dobbiamo riconoscere i nostri peccati e sentire rimorso, o tristezza secondo Dio, e confessarli a Dio.
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Se i peccati sono seri, dobbiamo anche confessarli ai dirigenti del sacerdozio autorizzati. Dobbiamo chiedere perdono a Dio e fare tutto ciò che possiamo per rimediare a qualsiasi male le nostre azioni possano aver causato.
Pentimento significa un cambiamento di mente e di cuore: smettiamo di fare cose che sono sbagliate, e cominciamo a fare ciò che è giusto. Ci porta un atteggiamento nuovo verso Dio, verso noi stessi e la vita in generale».
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