Joseph Smith viene spesso definito un “veggente scelto”. Fu infatti Dio stesso ad attribuirgli questo nome. Nonostante le imperfezioni dell’uomo egli visse da profeta e servì Dio tutti i giorni della sua vita.
Suggellò il suo impegno verso Dio e la Sua opera con il sangue, e benché i nemici della chiesa tentarono di infangare il suo nome, egli viene ricordato dai membri di tutto il mondo con gratitudine.
Qui di seguito, un estratto di un discorso tenuto dall’anziano Neal A. Maxwell che ci spiega la straordinaria vita di un uomo imperfetto, che Dio padre chiamò per restaurare la Sua chiesa e il Suo vangelo in questi ultimi giorni. Joseph Smith: un veggente scelto.
Il profeta Joseph Smith: un “veggente scelto” chiamato da Dio
Ogni volta che parliamo del profeta Joseph Smith, è importante ricordare cosa disse di sé stesso: “Non ti ho mai detto di essere perfetto; ma non c’è errore nelle rivelazioni che ho insegnato”.
Era un brav’uomo, ma fu chiamato da un Signore perfetto, Gesù di Nazaret, per diventare un veggente scelto da Lui! Joseph ricevette il suo primo consiglio da Dio Padre: “Questo è il Mio beneamato Figliolo. Ascoltalo!” (Storia di Joseph Smith 1:17).
Joseph Smith ascoltò attentamente Gesù allora e in seguito, per sempre.
Molte ere fa, nel Grande Concilio nei cieli, Gesù fu il volontario preparato ma mansueto.
Mentre il Padre illustrava il piano di salvezza e la necessità di avere un Salvatore, fu Gesù che fece un passo avanti e disse umilmente, ma con coraggio: “Eccomi, manda me” (Abramo 3:27; vedere anche Mosè 4:2). Nessuno si è mai offerto di fare così tanto per così tanti, con così poche parole!
È attraverso il profeta Joseph Smith, chiamato da Gesù risorto, che abbiamo una conoscenza di queste cose e molte altre ancora su Gesù – molto prima di Betlemme e ben oltre il Calvario.
Ogni volta che parliamo del profeta Joseph Smith, quindi, dovrebbe essere in riverente apprezzamento del Signore che lo ha chiamato e che Joseph ha servito così bene.
Da Joseph Smith, poco istruito e inesperto di teologia, ci sono pervenute più pagine stampate di Scritture che da parte di qualsiasi altro mortale – in effetti, come ha sottolineato il Presidente Holland, più di tutte le pagine dei libri di Mosè, Paolo, Luca e Mormon messe insieme, per come essi sono ad oggi.
Ma non è solo una questione di quantità, è anche una questione di qualità, dal momento che incredibili dottrine ci sono arrivate attraverso il Profeta, comprese le dottrine chiave precedentemente perse dalla faccia della terra, una perdita che ha fatto sì che le persone “inciampassero eccessivamente” (1 Nefi 13:34).
Le cose “semplici e preziose”, a causa di una trasmissione errata, sono state “trattenute” o “portate via” (vedere 1 Nefi 13:34, 39–40), e quindi non compaiono nella nostra preziosa Sacra Bibbia.
Ciò che abbiamo ricevuto attraverso Joseph Smith va oltre Joseph Smith! In effetti, le dottrine che sono emerse attraverso quel “veggente scelto” (2 Nefi 3:6–7), per traduzione o rivelazione, portano spesso una luce così intensa che, come i materiali radioattivi, devono essere maneggiate con grande cura!
A proposito, sembra che nel processo di traduzione del Libro di Mormon, nella primavera del 1829, Joseph si stesse muovendo alla velocità di sette-dieci pagine stampate al giorno.
Questo è solo un esempio di quanto fosse benedetto quel “veggente scelto”. Sebbene Joseph fosse in grado di tradurre le parole del Libro di Mormon, il famoso versetto “Gli eruditi non le leggeranno, poiché le hanno rigettate” si riferisce ad una mentalità che è con noi ancora oggi, e non soltanto al professor Anthon (vedere 2 Nefi 27:20 e SJS 1:64–65).
Di contro, tra un numero sempre crescente di mortali, Joseph è, come previsto, “altamente stimato” (2 Nefi 3:7).
Nel 1833 a Joseph fu detto non solo che Gesù era con Dio nella vita preterrena, ma che:
Anche l’uomo era al principio con Dio. L’intelligenza, ossia la luce di verità, non fu creata né fatta, né invero può esserlo (DeA 93:29).
Che stupenda illuminazione arrivò allora, che permise all’uomo di avere una visione corretta di sé stesso! Il silenzio dei secoli venne ufficialmente rotto.
Quando il mattino della Restaurazione sorse, le ombre delle false dottrine iniziarono a fuggire.
La visione che l’uomo aveva di sé stesso diventò più chiara, non ostacolata dallo strapiombo del “peccato originale”. Nei confronti di un Dio giusto, siamo responsabili per i nostri peccati reali ed individuali, non per la trasgressione originale di Adamo.
E il Signore disse ad Adamo: Ecco, io ti ho perdonato la tua trasgressione nel giardino di Eden.
Di qui venne il detto, diffuso fra il popolo, che il Figlio di Dio ha espiato per la colpa originale, per cui i peccati dei genitori non possono ricadere sulla testa dei figli, poiché questi sono puri fin dalla fondazione del mondo (Mosè 6:53–54; vedere anche DeA 93:38 e Articoli di Fede 1:2).
Una visione più estesa dell’universo fu dispiegata. Notate cosa accompagnò una meravigliosa testimonianza di Gesù risorto:
Poiché lo vedemmo sì, alla destra di Dio; e udimmo la voce che portava testimonianza che egli è il Figlio Unigenito del Padre. Che da lui, e tramite lui, e mediante lui, i mondi sono e furono creati, ed i loro abitanti sono generati figli e figlie per Dio (DeA 76: 23–24).
Quanto è meraviglioso che queste e tante altre preziose verità, così come profetizzate, siano “riaffermate” tra i figli degli uomini (Mosè 1:41)! Non c’è da stupirsi che possano e debbano esserci momenti per godere apertamente della fede e momenti per difenderla.
Queste verità restaurate sono completamente svelate. Joseph Smith non ricevette tali verità tramite Solomon Spaulding, Ethan Smith, Sidney Rigdon, Oliver Cowdery o altri mandati avanti da coloro che cercavano una spiegazione diversa da quella corretta.
C’è una dottrina legale che sostiene: “i fatti parlano da soli”. L’Everest della verità ecclesiastica, costruita tramite le traduzioni e le rivelazioni del profeta Joseph Smith, parla da sé, mentre si staglia sulle pendici della filosofia.
Anche così, la maggior parte delle persone la ignorerà. Altri ancora respingeranno la Restaurazione, fornendo le loro spiegazioni alternative, proprio come alcuni udirono il tuono piuttosto che la voce di Dio (vedere Giovanni 12:27–30).
Tuttavia, in una felice giornata a venire, “Coloro che hanno mormorato impareranno la dottrina” (Isaia 29:24; 2 Nefi 27:35). E questo suggerisce che l’analfabetismo dottrinale è una causa significativa di mormorio anche tra i membri della Chiesa.
La Restaurazione risponde in modo clamoroso e rassicurante alle principali domande umane e fornisce la solida struttura della nostra fede. Viviamo davvero in un universo inspiegabile?
Esiste davvero uno scopo e un significato per l’esistenza umana? Perché tanti alti e bassi nella condizione umana? Perché tanta sofferenza?
Le meravigliose verità della Restaurazione rispondono a queste domande e sono valide per tutti, altamente personali e persino galattiche nelle loro dimensioni!
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La nostra identità esiste in mezzo a tale immensità. Siamo racchiusi in scopi divini! Non c’è bisogno di disperarsi per la nostra vita! E non c’è da stupirsi che il vangelo restaurato sia una tale “buona novella.”
Queste e altre rivelazioni ci sono pervenute tramite un profeta ispirato, un veggente scelto, Joseph Smith. La sua ortografia lasciava a desiderare, ma ci ha fornito la grammatica essenziale del Vangelo!
La Restaurazione
Il nostro apprezzamento del vangelo restaurato è molto indietro rispetto al significato delle sue dottrine e della sua teologia.
Per quanto riguarda la nostra esplorazione del terreno della verità, datoci dal profeta Joseph, abbiamo appena cominciato a grattare la superficie, ed è tempo per noi come popolo di andare avanti!
Il Profeta è quel “veggente scelto” di cui parlava l’antico Giuseppe (2 Nefi 3:6–11), un importante benefattore spirituale del mondo. Il suo impatto salvifico alla fine sarà enorme, come assicurano anche i dati demografici di questa dispensazione (vedere DeA 135:3).
Come un altro profeta, Joseph servì “nonostante la sua debolezza” (2 Nefi 33:11). “E da debole egli sarà reso forte” (2 Nefi 3:13). Ad un certo punto, mentre stava traducendo il quarto capitolo di 1 Nefi, Emma stava lavorando come sua scrivana.
Secondo quanto riferito, Joseph arrivò al punto in cui si parla del muro intorno a Gerusalemme (vedere 1 Nefi 4:5). Si fermò e chiese ad Emma se, in effetti, ci fosse un muro intorno a Gerusalemme.
Lei rispose affermativamente. Joseph non lo sapeva. Secondo quanto riferito da Emma, quando lei e Joseph venivano interrotti durante la traduzione, Joseph riprendeva a tradurre dal punto in cui aveva interrotto.
Naturalmente vorremmo sapere come si svolse quel processo di traduzione.
Nell’ottobre 1831, durante una conferenza tenutasi ad Orange, nell’Ohio, Hyrum, il fratello di Joseph Smith, gli chiese di fare un resoconto di prima mano sulla pubblicazione del Libro di Mormon.
Il Profeta rispose “che non era tenuto a rivelare al mondo tutti i particolari della venuta alla luce del Libro di Mormon; e che non era opportuno per lui parlare di queste cose”.
Dato che Joseph, che conosceva i “particolari”, scelse di non descriverli nel dettaglio in quel momento, oggi non possiamo avere una spiegazione definitiva e chiara sulla metodologia usata.
Ma possiamo e dobbiamo assaporare la sostanza delle rivelazioni e delle traduzioni, che si combinano insieme per dimostrare al mondo “che le sacre scritture sono vere” (DeA 20:11; vedere anche 1 Nefi 13:39–40).
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Il tempo e il luogo di Joseph Smith erano permeati da un potente fervore religioso. La nostra è un’epoca in cui, invece, la storicità di Cristo viene messa sempre più in discussione.
Questa condizione non fa che aumentare la rilevanza della Restaurazione, con la sua affermazione della realtà di Gesù e della Sua risurrezione.
Mentre Gesù dichiarò che le Scritture “testimoniano” di Lui (Giovanni 5:39), non si aspettava di ricevere molte testimonianze dalla storia secolare.
Pertanto, non è una sorpresa per i cristiani studiosi apprendere che la storia secolare di quel periodo è quasi silenziosa riguardo al ministero di Gesù.
Tre scrittori secolari, ciascuno dopo la crocifissione di Gesù, parlarono vagamente di Cristo.
Tacito (circa 55-117 d.C.), ritenuto da molti il più grande storico romano, scrisse solo questo: “Christus… aveva subito la pena di morte durante il regno di Tiberio, con la sentenza del procuratore Ponzio Pilato” (Annali di Tacito 15:44).
Svetonio (circa 70-140 d.C.), un romano che scrisse sulla vita di vari Cesare, lo chiamò Gesù “Cresto” e pronunciò una frase che collegava Cresto al disordine civile.
Tuttavia, anche questa breve menzione può contenere un possibile errore cronologico.
Giuseppe Flavio (circa 37–95 d.C.), nelle sue Antichità, scrisse alcune righe sul fondatore del cristianesimo, ma in seguito alcune alterazioni offuscarono le sue poche righe.
Quanto è importante, date queste condizioni, che il Nuovo Testamento non sia l’unica prova su Cristo!
Joseph Smith fu anche testimone oculare del Cristo risorto. Eppure, come con tutti i veri discepoli, attraversò un processo di prova, rimprovero e miglioramento, mentre allo stesso tempo servì da canale umano attraverso il quale Dio scelse di rivelare la Sua parola a questa generazione (DeA 5:10).
Il periodo di avversità che inizia nel carcere di Richmond e continua nel carcere di Liberty dal 1° dicembre 1838 fino alla prima settimana dell’aprile 1839, offre una finestra speciale attraverso la quale possiamo vedere il processo di rivelazione e consolidamento personale.
L’anziano B. H. Roberts ha definito il carcere di Liberty “la prigione tempio”. Ironia della sorte, questo periodo di pigrizia forzata, per quanto cupa fosse la situazione, fu forse l’unica volta nella vita adulta, spesso frenetica, del Profeta in cui ebbe molto tempo per riflettere.
La prigione del carcere di Liberty aveva pareti interne ed esterne che, combinate, possedevano uno spessore di 120 cm. Tra le pareti, furono poste delle rocce per contrastare ogni tentativo di fuga.
Arrestato ingiustamente ed ingiustamente confinato, Joseph ed i suoi compagni tentarono due volte di fuggire, ma fallirono. Quei muri e quella porta erano così sicuri da tenere dentro il Profeta ed i suoi compagni prigionieri, ma non erano abbastanza spessi da tenere fuori la rivelazione!
Durante la sua permanenza nel carcere di Liberty, il profeta Joseph Smith ricevette alcune delle rivelazioni più sublimi mai ricevute da qualsiasi profeta in qualsiasi dispensazione, ora conosciute come sezioni 121 e 122 di Dottrina e Alleanze.
Queste contengono delle istruzioni divine con le quali il Signore istruì il suo profeta degli ultimi giorni e sono probabilmente gli scritti più teneri tra tutti quelli sacri ora disponibili.
Un rapporto speciale
Joseph Smith fu probabilmente reso per la prima volta intellettualmente consapevole del rapporto speciale che aveva con l’antico Giuseppe, che comunemente chiamiamo Giuseppe d’Egitto, quando tradusse il terzo capitolo di 2 Nefi.
Tuttavia, stando ai resoconti, fu solo nel carcere di Liberty che vennero fatte delle affermazioni pubbliche su questa insolita relazione.
In una delle sue ultime lettere scritte durante la prigionia, Joseph scrisse: “Mi sento come Giuseppe in Egitto”.
Non era un confronto puro e semplice, ma rifletteva un versetto importante nel terzo capitolo di 2 Nefi. L’antico Giuseppe parlò del veggente degli ultimi giorni, dicendo: “E il suo nome sarà come il mio” (2 Nefi 3:15).
Quando Joseph Smith Jr. ricevette una benedizione da suo padre, nel dicembre 1834, gran parte di quella benedizione parlò al moderno Joseph del suo rapporto speciale con l’antico Giuseppe.
I confronti tra i due Joseph, ovviamente, riflettono vari gradi di esattezza, ma sono comunque piuttosto sorprendenti. Alcune somiglianze sono situazionali, altre sono disposizionali.
Alcune sono strategiche, come quando l’antico Giuseppe rese disponibile il grano immagazzinato in tempo di carestia (vedere Genesi 41:56), mentre il moderno Joseph aprì il granaio del Vangelo dopo anni di silenzio.
In primo luogo, entrambi i Giuseppe ebbero un inizio infausto. Inizialmente, furono candidati improbabili per avere l’impatto che hanno avuto sulla storia egiziana e sulla storia americana.
Entrambi ebbero visioni in giovane e tenera età (vedere Genesi 37:2-5 e SJS 1). Le visioni di entrambi li portarono ad essere odiati dai loro simili (vedere Genesi 37:5-8 e SJS 1:21-26).
Entrambi conobbero la gelosia dei fratelli. Il moderno Joseph dovette confrontarsi con un fratello volubile, William, che perdonò molte volte.
Entrambi furono generosi con coloro che li avevano traditi. L’antico Giuseppe fu generoso con i suoi fratelli, un tempo traditori, che in seguito salvò dalla carestia (vedere Genesi 45:1-15).
Entrambi profetizzarono notevolmente sul futuro delle loro nazioni e le sfide che i loro governi avrebbero dovuto affrontare (vedere Genesi 41:29-31 e DeA 87).
Sapevano entrambi che sarebbero stati accusati falsamente e vennero entrambi incarcerati.
Entrambi aiutarono coloro che condivisero con loro la prigionia, ma che in seguito dimenticarono i loro benefattori. Nel caso dell’antico Giuseppe, si trattò del coppiere (vedere Genesi 40:20-23).
Joseph Smith si preoccupò per un compagno di cella malato, Sidney Rigdon, che fu liberato nel gennaio 1839. Il profeta si rallegrò. Tre mesi dopo, il Profeta chiese “dell’anziano Rigdon, se non ci ha dimenticato.”
Entrambi i Giuseppe furono strappati dalle loro famiglie, sebbene l’antico ne soffrì per un tempo molto, molto più lungo.
Molto significativamente, entrambi furono incredibilmente resistenti nel mezzo delle avversità. Questa, in ogni uomo, è una qualità davvero sorprendente.
Entrambi si preoccupavano comprensibilmente per i loro cari ed amici. L’antico Giuseppe, quando divenne nota la sua vera identità, chiese teneramente ai suoi fratelli: “Mio padre vive ancora?” (Genesi 45:3).
Dal carcere di Liberty, il profeta Joseph Smith, con relativa consapevolezza, scrisse: “I miei amici vivono ancora, se vivono, e si ricordano di me?”.
In effetti, questi due uomini non comuni avevano molto in comune, essendo veramente simili l’uno all’altro!
La prigione tempio
La “prigione tempio” comportò un periodo di oscurità, avversità, ironia e testimonianza.
Le ironie nel carcere di Liberty sono molte. Sebbene privato dei suoi diritti costituzionali, Joseph Smith ivi lodò la gloriosa Costituzione degli Stati Uniti. Quindi, dopo la miseria del Missouri, Joseph dichiarò con ispirata trepidazione:
Sono disposto a essere sacrificato… mantenere le leggi e la Costituzione degli Stati Uniti, se necessario, per il bene generale dell’umanità.
Pur essendo stato gravemente maltrattato da alcuni leader politici, giudiziari e militari di parte che usarono erroneamente il loro potere, Joseph ricevette una gloriosa rivelazione.
Una parte considerevole di quella rivelazione, DeA 121, mette in risalto lo stile e la sostanza che il Signore desidera dai suoi leader che si discostano così bruscamente dalle vie del mondo (vedere DeA 121:34-46).
Sebbene Joseph venne incarcerato per quasi cinque mesi, più di quattro di questi trascorsi nel carcere di Liberty, la guida del Signore gli fece sapere che queste cose dovevano avvenire “ma per un breve momento” (DeA 122:4; vedere anche DeA 121:7).
Sebbene Joseph soffrisse, il Signore gli ricordò che non stava soffrendo tanto quanto Giobbe (vedere DeA 121:7-11). Solo il Signore può mettere a confronto le prove, ed in quella particolare occasione lo fece (DeA 122:8).
Le condizioni nel carcere di Liberty erano tristi. Il cibo era scarso e spesso consisteva degli avanzi del carceriere passatigli con un cestino in cui le galline dormivano di notte e che spesso non veniva pulito.
Quando i prigionieri potevano cucinare, dovevano sopportare il fumo. Fu anche un inverno particolarmente freddo. La costante oscurità disturbava gli occhi dei prigionieri. Joseph scrisse di come tremasse la sua mano mentre scriveva la sua penultima lettera a Emma.
In mezzo a questa oscurità assoluta e difficoltà continua, e con dodicimila seguaci scacciati dallo stato del Missouri, i nemici della Chiesa probabilmente sentirono di aver distrutto il lavoro di Joseph.
Eppure, nel mezzo di tutta questa privazione, afflizione ed oscurità, Joseph ricevette la straordinaria certezza dal Signore che “le estremità della terra chiederanno il tuo nome” (DeA 122:1).
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Che profezia ispirata ed audace per qualsiasi leader religioso, figuriamoci in quel momento, nell’oscura frontiera americana del diciannovesimo secolo. Altri leader religiosi del tempo divennero semplici note a piè di pagina della storia. Ma non Joseph!
Joseph, prima della sua prigionia, ebbe delle rassicurazioni speciali di cui in seguito scrisse:
La morte mi ha fissato in faccia e la mia distruzione è stata determinata, per quanto riguarda l’uomo; eppure, dal mio primo ingresso nel campo… quella voce così lieve, che così spesso ha sussurrato parole di consolazione alla mia anima, nella profondità del dolore e dell’angoscia, mi ha detto di essere di buon animo, e ha promesso liberazione, il che mi ha dato grande conforto.
Tuttavia, Joseph non era ignaro o inconsapevole di quanto cupo apparisse il futuro. Con insolita empatia osservò dalla sua prigione tempio:
“Coloro che ci hanno perseguitato, colpito e reso falsa testimonianza contro di noi… sembrano aver trionfato su di noi, per il momento… Ma Sion vivrà ancora sebbene sembri essere morta.”
Significativamente, Joseph fu liberato dalla schiavitù del carcere di Liberty il 6 aprile 1839 e pochi giorni dopo gli fu permesso di fuggire dai suoi rapitori. Come sapete, il 6 aprile è la data della nascita di Gesù.
È anche la data di nascita della Sua Chiesa negli ultimi giorni (DeA 20:1). Inoltre, il momento del rilascio di Joseph dalla schiavitù della prigione coincide spesso con la stagione della Pasqua ebraica, quando i nostri amici ebrei celebrano la liberazione dell’antico Israele e il successivo rilascio dalla schiavitù in Egitto.
Il giorno in cui il profeta Joseph terminò la sua schiavitù nel carcere di Liberty, il 6 aprile 1839, ci fu un altro evento significativo. Heber C. Kimball lo annotò nel suo diario:
Mi sono venute in mente le seguenti parole e lo Spirito mi ha detto “scrivi”, cosa che ho fatto prendendo un pezzo di carta e scrivendo sulle mie ginocchia quanto segue:
“In verità dico al mio servitore Heber, tu sei mio figlio, del quale sono molto contento, stai attento a dare ascolto alle mie parole e non trasgredire alla mia legge, né ribellarti contro il mio servitore Joseph Smith, poiché hai rispetto per le mie parole, dalla più piccola alla più grande di esse; perciò il tuo nome è scritto in cielo, e non sarà mai più cancellato, a causa di queste cose”.
Notate quanta importanza attribuiva il Signore al nostro essere fedeli ai suoi servitori! Non è diverso ora.
Per quanto riguarda il ministero di Joseph Smith, ci sono espressioni significative di determinazione divina, infatti il Signore, nelle sue dichiarazioni, usa spesso la forma al futuro.
I libri di Scritture che sarebbero arrivati attraverso il “veggente scelto” sarebbero “cresciuti insieme” (2 Nefi 3:11-12). Essi, infatti, sono ora uniti alla Sacra Bibbia, specialmente adesso con la nuova recente pubblicazione delle quattro opere canoniche, e vanno di pari passo, quando si studia il Vangelo.
Un’altra promessa è stata data nello stesso capitolo di Nefi: coloro che avrebbero cercato di distruggere il lavoro del veggente degli ultimi giorni “saranno confusi” (2 Nefi 3:14). Questa promessa continua ad essere mantenuta.
Joseph ricevette anche un’altra promessa, che allo stesso modo non è mai stata revocata: “Il tuo popolo non sarà mai rivoltato contro di te dalla testimonianza dei traditori” (DeA 122:3). Questo continua ad essere vero anche oggi.
Inoltre, il tema centrale della guida ricevuta nel carcere di Liberty era anch’esso una promessa: “Tutte queste cose ti daranno esperienza e saranno per il tuo bene” (DeA 122:7).
Joseph Smith Jr. era quel “veggente scelto”. Tutte le “promesse” che lo riguardavano, dovevano essere adempiute, poiché le “estremità della terra dovranno chiedere il suo nome” (DeA 122:1).
Joseph Smith: un “veggente scelto” chiamato da Dio
Abbiamo degli obblighi nei confronti dei profeti del Signore, passati e presenti, che includono l’essere giusti riguardo alle loro parole.
Il “veggente scelto” Joseph ha ricordato alla Chiesa, in una lettera dal carcere, che “i nostri discorsi leggeri che facciamo di tanto in tanto… non hanno nulla a che fare con il principio dei nostri cuori”.
Non dovremmo distinguere tra le espressioni del momento e le opinioni ragionate? Non desideriamo tutti quella stessa comprensione da parte dei nostri amici, sperando che “con il respiro della gentilezza” venga “spazzata via la paglia”?
Siamo saggi, quindi, nel seguire l’esempio di Lorenzo Snow piuttosto che quello di Thomas B. Marsh. Marsh si lasciò così preoccupare delle imperfezioni del profeta Joseph Smith che si allontanò da lui e dalla Chiesa per un periodo.
Lorenzo Snow disse di aver osservato alcune imperfezioni nel profeta Joseph Smith, ma la sua reazione fu quella di notare quanto fosse meraviglioso vedere che il Signore potesse ancora usare Joseph.
Vedendo ciò, Lorenzo Snow – in seguito il presidente Snow – concluse che poteva esserci qualche speranza anche per lui!
Uno dei grandi messaggi che scaturisce dal ruolo che Joseph Smith ebbe come “veggente scelto” degli ultimi giorni, è che c’è davvero speranza per ognuno di noi! Il Signore può chiamarci, nonostante le nostre debolezze, e tuttavia renderci grandi per i suoi scopi.
Nella benedizione del 1834, il padre di Joseph Smith promise a suo figlio: “Riempirai la misura dei tuoi giorni”. Allo stesso modo il Signore rassicurò il Profeta nella prigione di Liberty: “I tuoi giorni sono conosciuti ed i tuoi anni non saranno diminuiti” (DeA 122:9).
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Ed è stato così. Tuttavia, il Profeta era consapevole delle pressioni del tempo su di lui. Il presidente Brigham Young, che visitò Joseph nella “prigione tempio”, notò che Joseph gli aveva detto, più di una volta, che egli, Joseph, non sarebbe vissuto per vedere il suo quarantesimo anno.
Nella benedizione del 1834, a Joseph fu promesso che durante il suo ministero, “il tuo cuore sarà espanso”. Un Joseph con il cuore espanso scrisse dal carcere di Liberty:
Mi sembra che il mio cuore sarà più tenero che mai, dopo questo… da parte mia penso che non avrei mai potuto sentirmi come ora, se non avessi subìto i torti che ho sofferto.
Nella benedizione del 1834, al profeta Joseph fu promesso: “Ti piacerà fare il lavoro che il Signore tuo Dio ti comanderà”. Quante volte quella soddisfazione intrinseca sostenne il Veggente, quando le condizioni estrinseche erano così insoddisfacenti!
Il 4 aprile 1839 Joseph scrisse la sua ultima lettera a Emma dal carcere di Liberty “proprio mentre il sole sta tramontando”, mentre sbirciava attraverso le “grate di questa prigione solitaria… con emozioni conosciute solo da Dio”.
Tale era la visione di Joseph di un tramonto, quella sera. Ma che visione dell’eternità aveva e ci ha dato!
Joseph, come scrisse B. H. Roberts, visse “in crescendo!”. Guardando indietro ai suoi anni indaffarati e pieni di compiti, il Profeta disse alla fine:
“Nessun uomo conosce la mia storia. Non posso raccontarla: non la comprenderò mai fino in fondo.
Non incolpo nessuno per non aver creduto alla mia storia. Se non avessi sperimentato quello che ho sperimentato, non ci avrei creduto neanche io”.
Pertanto, anche nelle sue avversità, Joseph ebbe un’insolita empatia per coloro che mancavano della sua prospettiva speciale.
Questa empatia si estese oltre il tempo e le circostanze di Joseph. In realtà, egli vide le sue sofferenze in prigione come un aiuto per espandersi e “capire le menti degli antichi”.
Sentì un legame con le loro “afflizioni” così che, disse Joseph, “nel giorno del giudizio… possiamo essere giusti con loro”. In quale altro modo Joseph avrebbe potuto prendere il suo giusto posto in mezzo ai profeti del passato, se non così?
Ringrazio Joseph che era ed è un veggente privilegiato, un profeta di Dio!
Il Signore ed i suoi servi
Lode all’uomo che ha comunicato con Geova! Lode a Geova perché ci ama, ci guida e ha espiato per noi. Lode a Dio Padre. Ogni volta che impariamo finalmente ad amarlo, dobbiamo ricordare che ci ha amati per primo.
Grazie al Suo amore, ci ha donato questo straordinario piano di salvezza.
Spero che Dio ci mandi sulla nostra strada con il cuore pieno di gioia per ciò che conosciamo. Spero che possiamo studiare le Scritture, seguire i loro comandamenti e gioire in esse.
Questa è la mia preghiera per me stesso e per voi, nel nome di Gesù Cristo. Amen.
Joseph Smith: un “veggente scelto” chiamato da Dio è un estratto di un discorso tenuto presso la Brigham Young University il 30 marzo 1986 da Neal A. Maxwell, allora membro del Quorum dei Dodici Apostoli della Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni.
Joseph Smith: un “veggente scelto” chiamato da Dio è stato pubblicato sul sito speeches.byu.edu ed è stato tradotto da Cinzia Galasso.
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