Cosa vuol dire essere “salvati per Grazia divina”? Cos’è la dottrina della giustificazione per fede? Se è vero che le buone opere compiute lungo tutto l’arco della nostra vita non ci faranno guadagnare un posto in paradiso, a che serve “comportarsi bene”?
Nel gennaio del 1984, l’allora anziano Bruce R. McConkie (membro del Quorum dei Dodici Apostoli) tenne un discorso rivolto agli studenti della Brigham Young University, volto a sfatare proprio il falso mito della “giustificazione per fede”, ovvero la dottrina secondo cui basta confessare di avere fede in Dio per essere salvati ed entrare un giorno nel Regno dei Cieli.
Molti sono portati a credere che sia superfluo, quando non del tutto inutile, compiere delle buone azioni, perché non vi è nulla che possiamo fare da soli per ottenere la salvezza.
Ma è davvero così? O quantomeno, del tutto così?
Nel suo discorso, anziano McConkie presenta una breve panoramica su alcuni tra gli eventi che hanno condotto molti cristiani a credere in questa dottrina. Primo tra tutti, riporta l’esempio di Martin Lutero.
Proseguendo, chiarisce il malinteso e spiega cosa davvero voglia dire essere “salvati per grazia”. Ecco un estratto del suo discorso.
L’esperienza di Martin Lutero
Qui di seguito un racconto di come Martin Lutero stesso giunse a credere nella dottrina della giustificazione per fede; è un’illustrazione ideale per spiegare come mai questa dottrina sia così fortemente allettante.
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Un amichevole biografo racconta: Lutero “era molto preoccupato riguardo alla sua salvezza personale, e si lasciava andare a cupe riflessioni sulla sua condizione peccaminosa”, così tanto da “ammalarsi gravemente, ed essere colto da un attacco di disperazione.” Inoltre:
Nessuno lo superava in preghiera, digiuno, contemplazione notturna e autoflagellazione. Era… un modello di santità.
Ma… non trovava alcuna pace o ristoro in nessuna pratica pia … Vedeva il peccato ovunque…
Non riusciva a concepire Dio come Padre riconciliato, Dio di amore e misericordia, ma tremava dinanzi a Lui, come fosse un Dio di collera, un fuoco divorante…
Era il peccato quale potere che tutto pervade, principio che corrompe, corruzione della natura, alienazione da Dio e ostilità a Dio che gravava sulla sua mente come un incubo, e che lo portò sull’orlo della disperazione.
Mentre si trovava in una tale condizione, ottenne
la convinzione che il peccatore fosse giustificato solo dalla fede, senza le opere della legge… Questa esperienza fu per Lutero una nuova rivelazione.
Gettò luce su tutta la Bibbia, rendendola per lui un libro di vita e conforto. Si sentì sollevato dal terribile fardello della colpa, tramite un atto di grazia gratuita.
Fu condotto fuori dall’oscura prigione della penitenza auto-inflitta verso la luce e la brezza dell’amore redentore di Dio.
La giustificazione spezzò le catene della schiavitù legalistica, e lo riempì con la gioia e la pace dello stato di adozione; gli aprì le porte stesse del Paradiso [Philip Schaff, “History of the Christian Church”, N.d.T.].
Questo è quanto dice il biografo di Lutero.
Dovrebbe essere chiaro per tutti noi che la rottura di Lutero dal Cattolicesimo faceva parte di un programma divino. Arrivò come un Elias a preparare la via per la Restaurazione.
Ma ciò non conferisce in alcun modo un timbro di approvazione divina alla dottrina che egli concepì per giustificare la rottura nella propria testa.
[…]
Salvati per grazia tramite i meriti di Gesù Cristo
Ragioniamo adesso insieme sulla questione dell’essere salvati per grazia, ovvero senza il bisogno di compiere opere di rettitudine.
[…]
Esiste una vera dottrina di salvezza tramite la grazia—che dice che siamo salvati per grazia soltanto e senza opere, come dicono le scritture.
Per comprendere questa dottrina è necessario definire i nostri termini per come li intendono le sacre scritture.
- Cos’è la salvezza? È sia l’immortalità che la vita eterna. È un’eredità nel più alto dei gradi del regno celeste. Consiste nella pienezza della gloria del Padre ed è riservata a coloro la cui unità familiare si perpetua nell’eternità. Coloro che sono salvati divengono come Dio è, e vivono come Egli vive.
- Cos’è il piano di salvezza? È il sistema messo in atto dal Padre per permettere ai Suoi figli di spirito di avanzare e progredire, e diventare come Lui. Consiste di tre grandi ed eterne verità—la Creazione, la Caduta e l’Espiazione—in assenza delle quali, anche solo di una di esse, non potrebbe esserci alcuna salvezza.
- Cos’è la grazia di Dio? È la Sua misericordia, il Suo amore e la Sua condiscendenza—tutte forze manifeste per il beneficio e il benessere dei Suoi figli, tutte all’opera per fare avverare l’immortalità e la vita eterna dell’uomo.
Gioiamo della condiscendenza celeste che permise a Maria di diventare “la madre del Figlio di Dio, secondo la carne” (1 Nefi 11:18).
Godiamo dell’eterno amore che mandò l’Unigenito nel mondo “affinché chiunque creda in Lui non perisca, ma abbia vita eterna” (Giovanni 3:16).
Siamo profondamente grati per la misericordia che persiste in eterno e attraverso la quale viene offerta la salvezza ai mortali erranti.
- Siamo salvati per grazia, o per grazia soltanto, tramite la grazia senza le opere? Assolutamente sì, senza questione alcuna in tutte le sua parti, tipologie, generi e gradi.
Siamo salvati per grazia, senza le opere; è un dono di Dio. In che altro modo potremmo ottenerla?
Nella Sua bontà e grazia il grande Dio ha ordinato e stabilito il piano di salvezza. Nessun’opera da parte nostra è stata richiesta.
Nella Sua bontà e grazia ha creato questa terra e tutto ciò che essa contiene, con l’uomo quale creatura suprema della Sua creazione—senza la cui creazione, i Suoi figli di spirito non avrebbero potuto ottenere l’immortalità e la vita eterna.
Nessun’opera da parte nostra è stata richiesta.
Nella Sua bontà e grazia ha provveduto alla Caduta dell’uomo, dando così origine alla mortalità e alla morte, e ad uno stato probatorio—senza i quali non vi sarebbero immortalità e vita eterna. E ancora una volta, nessun’opera da parte nostra è stata richiesta.
Nella Sua bontà e grazia—e questo sopra ogni altra cosa—ha dato il Suo Unigenito Figliolo quale riscatto per l’uomo, e ogni forma di vita, dalla morte temporale e spirituale portata nel mondo dalla Caduta di Adamo.
Egli ha mandato Suo Figlio a redimere l’umanità, ad espiare per i peccati del mondo, “per fare avverare l’immortalità e la vita eterna dell’uomo” (Mosè 1:39).
E di nuovo, nessun’opera da parte nostra è stata richiesta.
Non c’è niente che alcun uomo potrebbe fare per creare sé stesso. Questa fu l’opera del Signore Iddio.
E neppure abbiamo avuto parte in alcun modo nella Caduta dell’uomo, senza la quale non potrebbe esserci salvezza. Il Signore ha fornito la via, e Adamo ed Eva hanno messo in moto il sistema.
Ed infine, non vi è mai stato, né vi è, né mai vi sarà alcun modo o mezzo attraverso il quale l’uomo possa da solo, o con qualsiasi potere in suo possesso, redimere sé stesso.
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Non siamo in grado di far risorgere noi stessi più di quanto non siamo in grado di creare noi stessi.
Non siamo in grado di creare una dimora celeste per i Santi, o provvedere alla perpetuazione dell’unità familiare nell’eternità, o dare origine alla salvezza e all’esaltazione.
Tutte queste cose sono state ordinate e stabilite da Dio, che è il Padre di tutti noi. E tutte queste cose sono state originate e ci sono rese disponibili, come doni gratuiti, senza le opere, per merito dell’infinita bontà e grazia di Colui i quali figli noi siamo.
Realmente, non ci sono parole per esprimere la bontà e la grandiosità e le glorie di grazia di Dio, che dona la salvezza.
Tale amore meraviglioso, tale incessante misericordia, tale infinita compassione e condiscendenza—tutte queste cose possono venire soltanto dall’Eterno Dio che vive in uno stato di vita eterna, e che desidera che tutti i Suoi figli vivano come vive Lui e siano eredi della vita eterna.
Gli insegnamenti dei primi apostoli
Sapendo tutto ciò, così come facevano Paolo e gli antichi apostoli, mettiamoci nei loro panni. Che parole sceglieremmo per offrire al mondo la benedizione di un sacrificio espiatorio concesso liberamente?
Da una parte, stiamo predicando ai Giudei che, nel loro stato perduto e decaduto, hanno rigettato il loro Messia e credono che verranno salvati grazie alle opere e alle pratiche della legge Mosaica.
Dall’altra parte, stiamo predicando ai pagani—Romani, Greci, coloro in ogni nazione—che non sanno nulla riguardo alla parola Messianica, o del bisogno di un Redentore, o della messa a punto dell’Espiazione eterna.
Essi adorano gli idoli, le forze della natura, i corpi celesti, o qualunque cosa soddisfi la loro fantasia.
Per quanto riguarda i Giudei, suppongono che questo o quel sacrificio o pratica appagante compiacerà la Divinità a loro scelta, risultando in una qualche vaga e indeterminata benedizione.
Possiamo lasciare che i Giudei e i pagani suppongano che le opere che compiono li salveranno? O è necessario che dimentichino le inutili pratiche servili di adorazione superficiale, ottengano la fede in Cristo e confidino nel potere purificante del Suo sangue per la salvezza?
Occorre che siano istruiti sulla fede nel Signore Gesù Cristo e dimentichino le loro tradizioni e pratiche. Sicuramente dobbiamo dirgli che non possono essere salvati mediante le opere che compiono, poiché l’uomo non è in grado di salvare sé stesso.
Piuttosto, devono rivolgersi a Cristo e fare affidamento sui Suoi meriti, la Sua misericordia e la Sua grazia.
Abinadi lottò con questo stesso problema durante la contesa contro i sacerdoti e il popolo di re Noè. Essi avevano la legge di Mosè, con tutti i riti e le pratiche, ma non conoscevano nulla di Colui che ha espiato. Così Abinadi chiese:
“La salvezza viene mediante la legge di Mosè? Che dite voi? Ed essi risposero, e dissero che la salvezza veniva mediante la legge di Mosè” (Mosia 12:31-32).
Dopo aver insegnato loro alcune tra le più grandi verità di salvezza, Abinadi rispose alla propria domanda:
“La salvezza non viene mediante la sola legge; e se non fosse per l’espiazione che Dio stesso farà per i peccati e le iniquità del suo popolo, esso dovrebbe inevitabilmente perire, nonostante la legge di Mosè” (Mosia 13:28).
La salvezza non è nelle opere—neppure in quelle rivelate da Dio—ma in Cristo e nella Sua Espiazione.
Salvati per grazia anche dopo la “Restaurazione di tutte le cose”
Facciamo un esempio moderno. Supponiamo di avere le scritture, il vangelo, il sacerdozio, la Chiesa, le ordinanze, le organizzazioni, persino le chiavi del regno—tutto ciò che oggi abbiamo fino all’ultimo iota e apice—ma senza l’espiazione di Cristo.
Cosa accadrebbe? Possiamo essere salvati? Tutte le nostre buone opere ci salveranno? Saremo ricompensati di tutta la nostra rettitudine?
Molto probabilmente no.
Non siamo salvati solo mediante le opere, per quanto rette possano essere; siamo salvati perché Dio ha mandato Suo Figlio, il quale ha versato il Suo sangue nel Getsemani e sul Calvario, affinché potessimo tutti essere riscattati tramite Lui. Siamo salvati tramite il sangue di Cristo.
In breve: siamo salvati per grazia.
Per parafrasare Abinadi: “la salvezza non viene mediante la sola Chiesa; e se non fosse per l’espiazione accordataci gratuitamente dalla grazia di Dio, tutti gli uomini dovrebbero inevitabilmente perire, nonostante la Chiesa e tutto ciò che la concerne.”
Veniamo adesso alla questione sul dover fare o meno qualcosa per ottenere le benedizioni dell’Espiazione nelle nostre vite.
Troveremo la risposta marchiata a fuoco e incisa nei cieli; udiamo una voce che parla come con il suono di diecimila trombe; il cielo stesso e la terra sono smossi, talmente è potente la parola che avanza.
È un messaggio che né uomini, né angeli, né la Divinità stessa possono proclamare con eccessiva enfasi.
Questa è la parola: i figli di Dio non possono essere salvati per grazia soltanto; così come vive il Signore, essi devono obbedire ai comandamenti; devono compiere opere di rettitudine; devono lavorare per la propria salvezza con timore e tremore dinanzi al Signore; devono avere fede come gli antichi—quella fede che porta con sé doni, segni e miracoli.
Siamo salvati per grazia dopo aver fatto tutte le cose che possiamo fare
È sufficiente credere ed essere battezzati, e nulla più? La risposta è no, in ogni lingua possibile. Piuttosto, dopo la fede, dopo il pentimento, dopo il battesimo:
… Voi dovete spingervi innanzi con costanza in Cristo, avendo un perfetto fulgore di speranza e amore verso Dio e verso tutti gli uomini.
Pertanto, se vi spingerete innanzi nutrendovi abbondantemente della parola di Cristo, e persevererete fino alla fine, ecco, così dice il Padre: Avrete la vita eterna.
Ed ora ecco… questa è la via; e non c’è nessun’altra via e nessun altro nome dato sotto i cieli, per il quale l’uomo possa essere salvato nel regno di Dio (2 Nefi 31:20-21).
Giovanni, l’apostolo beneamato, promise ai Santi la vita eterna con il Padre a questa condizione:
Se camminiamo nella luce, com’Egli è nella luce, abbiam comunione l’uno con l’altro, e il sangue di Gesù, suo Figliuolo, ci purifica da ogni peccato (1 Giovanni 1:7).
Il sangue di Cristo fu versato quale dono gratuito di meravigliosa grazia, ma i Santi sono purificati dal sangue dopo l’obbedienza ai comandamenti.
Nessuno ha mai insegnato questo principio meglio di come fece il Salvatore risorto ai Suoi fratelli Nefiti:
E nessuna cosa impura può entrare nel suo regno; perciò nulla entra nel suo riposo, salvo coloro che hanno lavato le loro vesti nel mio sangue, a motivo della loro fede, del loro pentimento di tutti i loro peccati e della loro fedeltà fino alla fine.
Ora, questo è il comandamento: Pentitevi, voi tutte estremità della terra; venite a me e siate battezzati nel mio nome, per poter essere santificati mediante il ricevimento dello Spirito Santo, per poter stare immacolati dinanzi a me all’ultimo giorno.
In verità, in verità io vi dico: questo è il mio Vangelo; e voi sapete le cose che dovete fare nella mia chiesa; poiché le opere che mi avete visto fare, voi le farete pure; poiché farete proprio ciò che mi avete visto fare.
Se dunque fate queste cose, siete benedetti, poiché sarete innalzati all’ultimo giorno (3 Nefi 27:19-22).
Gli uomini devono essere facitori della parola e non soltanto uditori; devono compiere le stesse opere che Cristo compì; e coloro che hanno una fede vera e salvifica in Lui, riescono nell’intento.
[…]
Ciò di cui abbiamo bisogno nel mondo odierno, mondo nel quale i cristiani suppongono ci sia stata un’espiazione, è di interpretare le scritture correttamente e invitare gli uomini ad obbedire ai comandamenti per divenire degni del potere purificante del sangue dell’Agnello.
Ascoltate le parole del Signore Gesù:
Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno de’ cieli, ma chi fa la volontà del Padre mio che è ne’ cieli (Matteo 7:21).
È la volontà del Padre—come testimoniano migliaia di scritture—che tutti gli uomini, ovunque si trovino, debbano perseverare fino alla fine, debbano obbedire ai comandamenti, debbano lavorare per la loro salvezza con timore e tremore dinanzi al Signore, o non potranno in alcun modo entrare nel regno dei cieli.
Come disse ben Nefi:
[Credete] in Cristo e [riconciliatevi] con Dio; poiché sappiamo che è per grazia che siamo salvati, dopo aver fatto tutto ciò che possiamo fare [2 Nefi 25:23].
Conclusione
Quindi, siamo davvero salvati per grazia e grazia soltanto? Sì. È solo grazie al sacrificio espiatorio di Gesù Cristo e all’infinita misericordia del Padre Celeste, che un giorno potremo tornare a dimorare alla Loro presenza.
Essi ci hanno offerto questo meraviglioso dono gratuitamente.
Tuttavia, per dimostrare che siamo intenzionati ad accettare tale dono, dobbiamo fare tutto ciò che è in nostro potere per seguire il Salvatore e Dio Padre, ed obbedire ai loro comandamenti.
Questo articolo è basato su un discorso pubblicato sul sito: https://speeches.byu.edu/talks/bruce-r-mcconkie/think-ye-salvation-grace/.
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