Come discepoli di Cristo, siamo chiamati a proclamare la pace, nonostante viviamo in un mondo sempre più arrabbiato. Ad un certo punto, alcuni anni fa, dovetti prendermi una pausa da Facebook.

Quanto avvenuto a Dallas nel 2016 era stato troppo per me. Non per la strage in sé, sebbene fosse orribile in modo estremo. Ma l’area di Dallas è stata la mia casa per quasi un quarto di secolo.

E mentre vivevo lì, avevo visto le tensioni razziali di quegli anni e, per quanto orribile ed inimmaginabile fosse stato il brutale attacco contro quei poliziotti, c’era sempre qualcosa, nella mia mente, che sussurrava che una tale violenza fosse possibile.

Ma non furono le notizie a spingermi ad abbandonare i social media. Furono le reazioni delle persone.

Proclamare la pace: allontanarsi dai conflitti

trovare la pace_1Desideravo davvero rispettare la mia famiglia, i miei amici ed i colleghi che avevo conosciuto attraverso il web.

Ma negli ultimi anni, ero sempre più turbato dalle reazioni istintive, dalle semplificazioni eccessive, dalle generalizzazioni e dall’ostilità aperta, espresse da persone da cui non me lo sarei mai aspettato.

Inizialmente, provai ad ignorare tutto. Poi, cercai di non lasciarmi coinvolgere. La prima soluzione mi faceva sentire frustrato, la seconda mi faceva arrabbiare. Evitare le ostilità mi sembrava la decisione migliore. Almeno non avrei aumentato la mia rabbia.

Ora come allora, è particolarmente preoccupante quando molte delle opinioni più folli vengono espresse anche dai membri della Chiesa. Come discepoli di Cristo, il nostro compito è quello di essere operatori di pace.

Ogni settimana ci impegniamo a prendere su di noi il nome del Principe della Pace. Quando contribuiamo al conflitto, quando aggiungiamo le nostre grida al frastuono violento degli altri, ignoriamo un elemento centrale della nostra fede.

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Quindi, come possiamo essere operatori di pace, proclamare la pace, quando anche noi siamo indignati? Come gestiamo la follia? Non pretendo di avere alcuna competenza in questo settore, né voglio dare l’impressione che il mio stesso sangue non ribolla, di tanto in tanto.

Ma credo che ci siano alcuni principi che possiamo mettere in pratica che possono aiutarci ad adottare il ruolo di operatori della pace.

Primo: non possiamo proclamare la pace finché non pratichiamo la pace

non possiamo proclamare la pace finché non pratichiamo la paceI buddisti sembrano farlo meglio della maggior parte delle persone che ho incontrato, e i loro insegnamenti hanno contribuito a plasmare i miei pensieri in quest’ambito. Non possiamo proclamare la pace finché non la possediamo.

Dobbiamo fare un respiro profondo. Dobbiamo trovare un modo per rallentare le nostre reazioni agli eventi, in modo da essere in grado di pensare, prima di agire o di parlare.

Parte di questo processo implica l’allontanamento dallo stimolo che ci spinge all’indignazione. Dobbiamo trovare momenti tranquilli, per calmare le nostre anime.

Molte persone utilizzano la meditazione: la semplice pratica di uscire dal mare quando le onde sono implacabili. Ci sediamo. Ci mettiamo a tacere. Respiriamo.

Viviamo in un mondo di stimoli e risposte immediati. Spesso, non ci limitiamo a reagire rapidamente agli eventi che accadono nel mondo. Diventiamo parte di essi.

Li diffondiamo mentre sono ancora in corso. Il motivo per cui non abbiamo più i giornali del mattino a portata di mano è che il giornale di oggi è letteralmente la notizia di ieri. Non ci prendiamo più il tempo per elaborare le informazioni: le riceviamo, reagiamo ad esse e le ritrasmettiamo.

Rallentate. Processate. Respirate.

Secondo: informarsi

facebookPotrebbe suonare un po’ altezzoso, ma non vuole esserlo. Ci sono modi per analizzare gli eventi che possono placare le reazioni eccessive e la generalizzazione che, a loro volta, portano a dichiarazioni irresponsabili ed incendiarie.

La maggior parte delle situazioni non sono o bianco o nero e, praticamente, nulla può essere adeguatamente riassunto in una frase. Ma viviamo in un mondo che è sempre più pieno di vignette irriverenti e saggi di 140 caratteri. Essere riflessivi è out. Essere concisi è in.

Più profonda è la nostra comprensione dei problemi, più chiaramente notiamo l’assenza di risposte facili. La vita è complicata. Le persone sono complicate. Le motivazioni sono impossibili da definire con chiarezza.

Le soluzioni semplici sono spesso semplicistiche. Più guardiamo da vicino le persone e gli eventi e più ascoltiamo opinioni che non rispecchiano le nostre, meno è probabile che accettiamo soluzioni rapide, generalizzazioni o posizioni assolute.

Ciò non significa che un esame più attento porterà tutti noi alle stesse conclusioni. Proprio l’opposto. Ma può evitare che ci gettiamo nella follia generale.

Terzo: seguire l’esempio di Cristo

Quando chiediamo: “Cosa farebbe Gesù”, ci vengono in mente molte risposte. Conosco i meme che girano in rete; “ribaltare i tavoli e inseguire le persone con una frusta” sembra un’opzione valida. Sicuramente è divertente, ma proprio perché è così assurdo.

Ciò che realmente vediamo nel Nuovo Testamento è Cristo trattare quotidianamente con persone che non solo erano in disaccordo con Lui, ma che lo consideravano un eretico.

Non si limitavano a discutere con Lui, ma complottavano per togliergli la vita. Ad ogni angolo, c’era qualcuno che tentava di sovvertire la Sua missione, inclusi i Suoi discepoli ed amici ribelli. Era una vita di continui conflitti.

Eppure, l’esempio di Cristo è stato quello di portatore di pace. Persino quando condannava, le Sue parole erano piene di compassione. Possedeva una perfetta capacità di separare il Suo amore per le persone, dalla Sua delusione o persino dall’oltraggio delle loro azioni.

Nelle Sue ultime ore, rispose alle accuse con il silenzio. Offrì il perdono in risposta agli abusi. Nei racconti del Suo “processo” e della Sua esecuzione, sono totalmente assenti le esplosioni di rabbia e i giudizi severi.

Com’è strano che l’unico giudice davvero competente, non giudicasse così facilmente.

Forse possiamo considerare di essere più lenti nel diffondere le notizie e la calunnia. Ci sono abbastanza voci diffamanti, discriminanti e distruttive. E quel coro non è certamente in armonia.

Ciò che è veramente raro è il messaggio del Maestro. In mezzo a tutte le cattive notizie, la lieta novella del Vangelo ha ancora il potere di risuonare nell’animo degli esseri umani.

I membri de La Chiesa di Gesù Cristo dovrebbero essere un’eco del Dio che professano di seguire. Per proclamare la pace, le nostre voci devono essere più lievi.

La nostra rabbia può essere placata. Le nostre parole possono essere espressioni di speranza, amore ed incoraggiamento. Possiamo essere operatori di pace, invece che sobillatori.

Proprio come l’odio, anche l’amore è contagioso. Sta a noi dargli questa possibilità.

Questo articolo è stato scritto da Rob Ghio e pubblicato sul sito thirdhour.org. Questo articolo è stato tradotto da Cinzia Galasso.