Nel settembre del 2011, l’anziano Dallin H. Oaks, del Quorum dei Dodici Apostoli, ha tenuto un discorso presso la BYU, in cui ha spiegato la correlazione che c’è tra verità e tolleranza.
Ha condiviso con gli studenti tra il pubblico alcuni consigli su come, in qualità di membri della Chiesa e discepoli del Salvatore, dovremmo sempre dimostrarci tolleranti e gentili nei confronti di chi ha opinioni diverse dalle nostre, pur difendendo con fermezza ciò che sappiamo essere vero.
Ecco qui di seguito un estratto del suo discorso.
Miei cari giovani fratelli e sorelle, Kristen e io ci sentiamo privilegiati di essere con voi in questa significativa occasione.
Ci incontriamo l’11 settembre, nel decimo anniversario di un evento che ha profondamente influenzato le nostre vite e il nostro modo di pensare e lo farà per molti anni a venire.
Questa data sarà per sempre associata alle Torri Gemelle. E sono stato ispirato a parlare, questa sera, di un’altra coppia di gemelli: le idee di verità e tolleranza.
Questi argomenti non sono stati scelti perché riguardano unicamente le vostre preoccupazioni di giovani adulti, come gli appuntamenti e il matrimonio, dei quali ho parlato a questo pubblico alcuni anni fa.
Il mio modo di trattare la verità e la tolleranza vi inviterà a considerare ed insegnare queste due materie gemelle, perché sono vitali per la nuova generazione, di cui voi siete i membri anziani.
Crediamo nella verità assoluta
Primo: la verità. Crediamo nella verità assoluta, che comprende l’esistenza di Dio e del bene e del male stabiliti dai Suoi comandamenti.
Nelle parole del presidente Joseph F. Smith:
Crediamo in tutta la verità, non importa a quale argomento possa riferirsi. Nessuna setta o denominazione religiosa al mondo possiede un unico principio di verità che non accettiamo o che rifiutiamo.
Siamo disposti a ricevere tutta la verità, da qualunque fonte possa provenire; poiché la verità resisterà, la verità durerà.
Quelle sull’esistenza e sulla natura della verità sono tra le domande fondamentali della vita mortale. Gesù disse al governatore romano Pilato che era venuto nel mondo per “rendere testimonianza della verità”.
In passato il Salvatore aveva dichiarato: “Io sono la via, la verità e la vita” (Giovanni 14:6). Nella rivelazione moderna Egli ha detto: “La verità è conoscenza delle cose come sono e come furono e come devono avvenire” (DeA 93:24).
Miei giovani fratelli e sorelle, sappiamo che l’esistenza di Dio e l’esistenza della verità assoluta sono fondamentali per la vita su questa terra, che ci crediamo o meno.
Sappiamo anche che il male esiste e che alcune cose sono semplicemente, seriamente ed eternamente sbagliate. Voi, a cui mi rivolgo, evitate il male e cercate la verità.
Sorrido per le vostre azioni giuste ed i vostri giusti desideri. Come apostolo del Signore Gesù Cristo, cerco di aiutarvi nel fare le scelte giuste in un mondo che è sempre più polarizzato tra fede ed incredulità, tra bene e male.
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Facciamo attenzione al relativismo morale
È bene preoccuparsi del nostro fondamento morale.
Viviamo in un mondo in cui sempre più persone influenti insegnano e mettono in pratica la convinzione che non ci sia un’idea assoluta di giusto e sbagliato, che ogni autorità e tutte le regole di comportamento sono scelte fatte dall’uomo e possono prevalere sui comandamenti di Dio.
Molti si chiedono persino se esista un Dio.
La filosofia del relativismo morale, che sostiene che ogni persona è libera di scegliere da sé ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, sta diventando il credo non ufficiale per molti.
Molti leader religiosi insegnano l’esistenza di Dio come il Legislatore supremo, per il quale certi comportamenti sono assolutamente giusti e veri e altri sono sbagliati e falsi.
I profeti della Bibbia e del Libro di Mormon avevano profetizzato l’arrivo di questo tempo, quando gli uomini sarebbero stati “amanti dei piaceri più che amanti di Dio” (2 Timoteo 3:4) e, in verità, quando gli uomini avrebbero rinnegato Dio (vedere Giuda 1:4; 2 Nefi 28:5; Moroni 7:17; DeA 29:22).
Ho scelto di parlare della verità perché gli insegnanti nelle scuole, nei college e nelle università insegnano e praticano la moralità relativa.
Questo sta plasmando gli atteggiamenti di molti giovani che stanno prendendo il loro posto come insegnanti dei nostri figli e modellatori di atteggiamenti pubblici, attraverso i media e l’intrattenimento popolare.
Questa filosofia del relativismo morale nega ciò che milioni di credenti cristiani, ebrei e musulmani considerano fondamentale, e questa negazione crea seri problemi a tutti noi.
Ciò che i credenti dovrebbero fare al riguardo introduce il secondo dei miei soggetti gemelli: la tolleranza.
Tolleranza
La tolleranza è definita come un atteggiamento amichevole ed equo verso opinioni e pratiche non familiari o verso le persone che le sostengono o le praticano.
Poiché i trasporti e le comunicazioni moderne hanno portato tutti noi a essere più vicini a persone e idee diverse, abbiamo maggiore bisogno di tolleranza.
Questa maggiore esposizione alla diversità arricchisce le nostre vite e le complica. Siamo arricchiti dall’associazione con diversi popoli, che ci ricordano la meravigliosa diversità dei figli di Dio.
Ma le diversità nelle culture e nei valori ci sfida anche a identificare ciò che può essere considerato coerente con la nostra cultura e i nostri valori evangelici e cosa no.
In questo modo la diversità aumenta il potenziale di conflitto e ci impone di essere più attenti alla natura della tolleranza. Cos’è la tolleranza, quando si applica e quando non si applica?
Questa è una domanda più difficile per coloro che affermano l’esistenza di Dio e la verità assoluta, che per coloro che credono nel relativismo morale.
Più debole è la fede in Dio e meno sono gli assoluti morali, meno sono le occasioni in cui le idee o le pratiche degli altri si confronteranno con la sfida di essere tolleranti.
Questo sistema di credenze può tollerare quasi tutti i comportamenti e quasi tutte le persone.
Sfortunatamente, alcuni tra coloro che credono nel relativismo morale, sembrano avere difficoltà a tollerare coloro che insistono sul fatto che esista un Dio da rispettare e certi assoluti morali che dovrebbero essere osservati.
Tre verità assolute per la tolleranza
Che cosa significa tolleranza per noi e per gli altri credenti e quali sono le nostre sfide particolari nel metterla in pratica?
Comincio con tre verità assolute. Le esprimo in qualità di apostolo del Signore Gesù Cristo, ma credo che la maggior parte di queste idee siano condivise dai credenti in generale.
Primo: tutte le persone sono fratelli e sorelle sotto Dio, a cui viene insegnato, nelle loro varie religioni, ad amarsi e fare il bene gli uni agli altri.
Il presidente Gordon B. Hinckley ha espresso questa idea per i Santi degli Ultimi Giorni:
Ognuno di noi (di varie denominazioni religiose) crede nella paternità di Dio, sebbene possiamo differire nelle nostre interpretazioni di Lui.
Ognuno di noi fa parte di una grande famiglia, la famiglia umana, siamo figli e figlie di Dio, e quindi fratelli e sorelle.
Dobbiamo lavorare di più per costruire il rispetto reciproco, un atteggiamento di tolleranza, con tolleranza l’uno per l’altro, indipendentemente dalle dottrine e filosofie che possiamo sposare.
Notate che il presidente Hinckley ha parlato di “rispetto reciproco” oltre che di tolleranza. Vivere insieme nel rispetto reciproco delle differenze è una sfida nel mondo di oggi.
Tuttavia, e qui esprimo una seconda verità assoluta, vivere con le differenze è ciò che il Vangelo di Gesù Cristo ci insegna che dobbiamo fare.
Il regno di Dio è come un lievito, insegnò Gesù (vedere Matteo 13:33). Il lievito è nascosto nella farina e lavora finché tutto l’impasto non sia lievitato, il che significa che ha subìto la sua influenza.
Il nostro Salvatore ha anche insegnato che i Suoi seguaci avranno tribolazioni nel mondo, che il loro numero e i loro domini saranno piccoli (vedere 1 Nefi 14:12) e che saranno odiati “perché non sono del mondo” (Giovanni 17:14).
Poiché ai seguaci di Gesù Cristo è comandato di essere un lievito, di non essere tolti dal mondo, ma di rimanervi, dobbiamo avere tolleranza per coloro che ci odiano, perchè non siamo del mondo.
Dobbiamo anche praticare la tolleranza e il rispetto verso gli altri. Come insegnò l’apostolo Paolo, i cristiani dovrebbero “seguire le cose che favoriscono la pace” (Romani 14:19) e, per quanto possibile, “vivere pacificamente con tutti gli uomini” (Romani 12:18).
Di conseguenza, dovremmo stare attenti a onorare il bene che dovremmo vedere in tutte le persone e in molte opinioni e pratiche diverse dalle nostre. Come insegna il Libro di Mormon:
“Pertanto, tutte le cose che sono buone vengono da Dio… pertanto ogni cosa che invita e incita a fare il bene, e ad amare Dio e a servirlo, è ispirata da Dio.
Pertanto fate attenzione, miei diletti fratelli, a non giudicare che ciò che è male sia da Dio, o che ciò che è bene e da Dio sia del diavolo” (Moroni 7:12–14).
Questo approccio alle differenze produrrà tolleranza e anche rispetto.
La nostra tolleranza e il nostro rispetto per gli altri e le loro convinzioni, non ci faranno abbandonare il nostro impegno verso le verità che comprendiamo e le alleanze che abbiamo fatto.
Questa è una terza verità assoluta: non abbandoniamo la verità e le nostre alleanze. Siamo stati chiamati come combattenti nella guerra tra verità ed errore. Non c’è via di mezzo.
Dobbiamo difendere la verità, anche mentre pratichiamo la tolleranza e il rispetto per credenze e idee diverse dalle nostre e per le persone che le sostengono.
Le due facce della medaglia: verità e tolleranza
Per quanto riguarda i comportamenti meno estremi, dove persino i credenti non sono d’accordo sul fatto che siano o meno sbagliati, la natura e la portata di ciò che dovremmo tollerare è molto più difficile da definire.
La tolleranza per il comportamento altrui è come l’altra faccia della medaglia, infatti la tolleranza, o il rispetto, è da una parte, ma la verità è sempre dall’altra.
Non potete possedere o usare la tolleranza senza essere consapevoli di entrambe le parti.
Il nostro Salvatore ha applicato questo principio. Quando affrontò la donna colpevole di adulterio, Gesù pronunciò le confortanti parole di tolleranza: “Nemmeno io ti condanno”.
Poi, mentre la congedava, pronunciò le imponenti parole di verità: “Va’ e non peccare più” (Giovanni 8:11). Dovremmo essere tutti edificati e rafforzati da questo esempio di tolleranza e verità: gentilezza nella comunicazione, ma fermezza nella verità.
Affrontare i comportamenti errati con verità e tolleranza
Nell’applicare le richieste, a volte concorrenti, di verità e tolleranza in molti comportamenti, non dovremmo essere tolleranti con noi stessi. Dovremmo essere governati dalle esigenze della verità.
Dovremmo essere forti nell’osservare i comandamenti e le nostre alleanze e dovremmo pentirci e migliorare quando falliamo.
Come ci ha insegnato il presidente Thomas S. Monson alla conferenza in cui è stato sostenuto come nostro profeta:
Miei giovani amici, siate forti… Il volto del peccato oggi indossa spesso la maschera della tolleranza. Non lasciatevi ingannare; dietro quella facciata c’è angoscia, infelicità e dolore.
Sapete cosa è giusto e cosa è sbagliato, e nessun travestimento, per quanto attraente, può cambiare questo fatto. Il carattere della trasgressione rimane lo stesso.
Se i vostri cosiddetti amici vi esortano a fare qualcosa che sapete essere sbagliato, sarete voi a prendere posizione per ciò che è giusto, anche se rimanete da soli.
Allo stesso modo, con i nostri figli e con gli altri, come nelle nostre chiamate nella Chiesa, abbiamo il dovere di insegnare la verità fondamentale.
Naturalmente, gli sforzi che compiamo nell’insegnamento portano frutti solo tramite il libero arbitrio di altri, quindi devono essere sempre svolti con amore, pazienza e persuasione.
Il nostro impegno nei confronti della tolleranza, implica che nessuno dei comportamenti errati per noi, dovrebbe mai indurci a reagire con comunicazioni odiose o azioni scortesi.
Ma il nostro obbligo verso la verità ha una propria serie di requisiti e una propria serie di benedizioni.
Quando “diciamo la verità al nostro prossimo” (Efesini 4:25) e quando “diciamo la verità con amore” (Efesini 4:15), come insegnò l’apostolo Paolo, stiamo agendo come servi del Signore Gesù Cristo, facendo la Sua opera.
Gli angeli stanno con noi ed inviano il Suo Spirito Santo per guidarci.
Oltre a ciò, dovremmo ricordare l’insegnamento del Salvatore di evitare le contese (vedere 3 Nefi 11:29–30) e che il nostro esempio e la nostra predicazione dovrebbero “essere la voce di ammonimento, ogni uomo al suo prossimo, nella mitezza e nella mansuetudine” (DeA 38:41).
In tutto questo non dovremmo supporre di poter giudicare i nostri vicini o collaboratori in base all’effetto finale dei loro comportamenti. Quel giudizio è del Signore, non nostro.
Perfino Lui si trattenne da un giudizio sulla donna colta in adulterio. La tolleranza richiede un comportamento simile nel giudicare gli altri.
[…]
Questo è lo spirito della medaglia a due facce della verità e della tolleranza. Il presidente Thomas S. Monson ha fornito un eccellente esempio della pratica di queste virtù gemelle.
Per tutta la vita è stato esemplare nell’aprire un dialogo e lavorare con i membri e i leader di altre fedi, in uno sforzo congiunto di cooperazione su questioni di interesse comune e nella fratellanza e preoccupazione cristiana che non hanno confini confessionali.
Infine, lo spirito del nostro equilibrio tra verità e tolleranza è applicato in queste parole del presidente Gordon B. Hinckley:
Raggiungiamo coloro che nella nostra comunità non sono della nostra fede. Cerchiamo di essere buoni vicini, gentili e generosi. Cerchiamo di essere coinvolti in buone cause comunitarie.
Ci possono essere situazioni, ci saranno situazioni, in cui verranno coinvolti gravi problemi morali: non possiamo piegarci su questioni di principio.
Ma in questi casi possiamo essere educatamente in disaccordo senza essere sgradevoli. Possiamo riconoscere la sincerità di coloro le cui posizioni non possiamo accettare. Possiamo parlare di principi, piuttosto che di personalità.
Il dono di sapere e il dono di credere
Concludo con questa rassicurazione e questa testimonianza: la Bibbia insegna che una delle funzioni di un profeta è quella di essere una “sentinella” per avvertire Israele (vedere Ezechiele 3:17; 33:7).
Nella rivelazione il Signore ha aggiunto questa parabola per la moderna Sion: “Siate… una sentinella sulla torre… che vedrà il nemico mentre è ancora lontano e avvertirà di salvare la vigna dalle mani del distruttore” (DeA 101:45,54).
Vi ho parlato come una di quelle sentinelle, sull’argomento che lo Spirito mi ha assegnato.
Vi assicuro che il mio messaggio è vero. Se avete dubbi o se avete domande su come applicare questi principi nella vostra vita, vi esorto a cercare guida dalla stessa fonte.
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Proclamo la mia consapevolezza che Dio vive! Le Sue creazioni testimoniano la Sua esistenza e i Suoi servi ascoltano e proclamano la Sua voce.
La rivelazione moderna insegna che alcuni hanno il dono di “sapere che Gesù Cristo è il Figlio di Dio… crocifisso per i peccati del mondo” e che è dato ad altri di “credere nelle loro parole” (DeA 46:13,14). Come persona che sa, vi invito a credere alle mie parole.
Rendo testimonianza di Gesù Cristo, il Signore della vigna. Egli è il nostro Salvatore e si rivolge a ciascuno di noi con l’invito senza tempo a ricevere la Sua pace, imparare da Lui e camminare sulla Sua via (vedere DeA 19:23):
“Venite a me, voi tutti che siete travagliati ed aggravati, e io vi darò riposo.
Prendete su voi il mio giogo ed imparate da me, perch’io son mansueto ed umile di cuore; e voi troverete riposo alle anime vostre; poiché il mio giogo è dolce e il mio carico è leggero” (Matteo 11:28-30).
Nel nome di Gesù Cristo. Amen.
Questo articolo è stato pubblicato sul sito speeches.byu.org ed è stato tradotto da Cinzia Galasso.
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