Chiedi di poter conoscere i misteri di Dio e di poter tradurre e ricevere conoscenza da tutti quegli antichi annali che furono nascosti, che sono sacri; e ti sarà fatto secondo la tua fede. (Dottrina e Alleanze 8:11)
Quanto sappiamo sul processo di traduzione del Libro di Mormon?
Anche se Joseph Smith non descrisse il processo con cui tradusse il Libro di Mormon in modo molto dettagliato, affermò per tutta la vita:
“Mediante il potere di Dio ho tradotto il Libro di Mormon dai geroglifici, la cui conoscenza era andata perduta per il mondo”.
Come hanno affermato Michael Hubbard MacKay e Gerrit J. Dirkmaat (del dipartimento di Storia della Chiesa), “alcuni resoconti storici affermano che talvolta Joseph spiegò ulteriori dettagli del processo di traduzione, ma è anche chiaro che altre volte Joseph insistette nel dire di meno”.
A quanto pare, Joseph esitava a descrivere il processo di traduzione in maniera dettagliata, in modo da poter invece evidenziare il ruolo di Dio nella venuta alla luce del Libro di Mormon; tuttavia, molte altre persone che assistettero al processo di traduzione avrebbero in seguito ricordato e condiviso le loro esperienze dirette, portando forti testimonianze della miracolosa traduzione del Libro di Mormon.
Gli scrivani di Joseph, tra cui Emma Smith, Martin Harris e Oliver Cowdery, furono testimoni diretti del processo, così come altri individui che poterono assistere alla traduzione del Libro di Mormon e che erano amici intimi di Joseph e dei suoi scrivani.
Tra questi, ad esempio, David Whitmer e altri membri della famiglia Whitmer, che testimoniarono di aver assistito in diversi momenti alla traduzione di porzioni del Libro di Mormon da parte di Joseph e Oliver.
Poiché ognuno di questi testimoni ha lasciato un resoconto delle proprie esperienze, possiamo determinare molte cose del processo generale cui Joseph Smith e i suoi scrivani furono sottoposti durante la traduzione.
Inoltre, questi resoconti possono essere considerati affidabili per una serie di ragioni, tra cui la loro coesione generale, la lunga esposizione che ogni testimone ebbe a questo processo e il modo in cui ogni testimone rimase fedele al Libro di Mormon e alla sua traduzione, nonostante alcuni di loro si allontanarono dalla Chiesa tradizionale più avanti nella loro vita.
In primo luogo, i resoconti della traduzione del Libro di Mormon concordano su una serie di punti importanti.
Questi dettagli includono non solo il metodo di traduzione, ma anche il modo in cui Joseph raccontò di aver ricevuto la traduzione attraverso gli strumenti sacri che utilizzò.
I testimoni menzionarono che Joseph utilizzava due strumenti sacri simili, in modo funzionalmente identico.
Alle volte utilizzava gli interpreti dei Nefiti, una coppia di pietre trasparenti sacre, fissate insieme in una struttura metallica, rinvenute insieme alle tavole d’oro, mentre altre volte utilizzava una pietra del veggente personale per comodità.
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Entrambi gli strumenti vennero in seguito denominati Urim e Thummim, come l’antico strumento di rivelazione israelita.
Secondo i testimoni, Joseph metteva spesso uno di questi strumenti all’interno di un cappello, in modo da bloccare la luce dell’ambiente e vedere chiaramente le parole che sarebbero apparse sulle pietre. Uno dei primi amici e sostenitori di Joseph Smith, Joseph Knight Sr., ricordò:
“Ora il modo in cui traduceva era di mettere l’urim e il thummim nel cappello e di oscurarsi gli occhi”.
Anche Emma Smith, Martin Harris, David Whitmer ed Elizabeth Ann Whitmer Cowdery riferirono che Joseph faceva questo con gli interpreti dei Nefiti o con la propria pietra del veggente.
Inoltre, i giornali del 1829-1831 affermavano persino che Joseph e Oliver dissero personalmente ai giornalisti che gli interpreti nefiti venivano messi in un cappello.
Questo dettaglio è corroborato da più persone e contribuisce a verificare che i testimoni stessero dicendo la verità su ciò che avevano vissuto.
Inoltre, diversi testimoni affermarono che Joseph Smith non avesse alcun testo scritto a cui fare riferimento mentre traduceva, nemmeno la Bibbia. Emma Smith testimoniò, poco prima di morire, che Joseph Smith “non aveva né un manoscritto né un libro da cui leggere”.
Analogamente, un corrispondente del Chicago Times scrisse il 17 ottobre 1881 che, in un’intervista, David Whitmer “afferma con enfasi, come fecero [Martin] Harris e [Oliver] Cowdery, che mentre Smith dettava la traduzione non aveva appunti di un manoscritto o altri mezzi di conoscenza se non la pietra del veggente e i caratteri mostrati sulle tavole, essendo egli [cioè David Whitmer] presente e consapevole del modo in cui era stata fatta”.
Un altro dettaglio che può contribuire a confermare l’affidabilità dei testimoni è la lunga esposizione al processo di traduzione. Alcuni testimoni dissero di aver assistito alla traduzione per un lungo periodo di tempo.
Naturalmente, gli scrivani del Libro di Mormon rientrano in questa categoria.
Tuttavia, anche altri poterono familiarizzare con questo processo per un lungo periodo. Elizabeth Ann Whitmer Cowdery, ad esempio, riferì di avere avuto l’opportunità di sedersi nella stanza e di osservare Joseph e Oliver per lunghi periodi:
“Vi assicuro gioiosamente che conoscevo bene il modo in cui Joseph Smith tradusse il Libro di Mormon… . . Spesso mi sono seduta e li ho visti e sentiti tradurre e scrivere insieme per ore”.
È probabile che la famiglia Whitmer nel suo complesso abbia avuto occasioni simili, compreso il fratello di Elizabeth, David.
La possibilità di assistere per lunghe ore alla traduzione del Libro di Mormon avrebbe aiutato i testimoni a descrivere accuratamente il processo a cui avevano assistito quando, in seguito, condivisero le loro esperienze.
È inoltre degno di nota il fatto che nessuno dei testimoni delle tavole abbia mai negato la propria testimonianza del Libro di Mormon e che spesso abbiano definito miracolose le loro esperienze con le tavole o il processo di traduzione.
Non c’è motivo di credere che abbiano sentito il bisogno di mentire sulle loro esperienze mentre difendevano il Libro di Mormon. Dirkmaat e MacKay hanno osservato:
“È incoerente proclamare le testimonianze dei testimoni sull’esistenza delle tavole d’oro, ma poi mettere da parte la spiegazione della traduzione che essi fornirono nello stesso momento in cui affermavano la veridicità dell’opera”.
Per ognuno dei testimoni, il processo di traduzione era una prova miracolosa che il Libro di Mormon era stato tradotto per dono e potere di Dio.
Una testimonianza unitaria
Sebbene ogni testimone della traduzione del Libro di Mormon abbia menzionato dettagli diversi o abbia occasionalmente confuso alcuni dettagli ricordando eventi a cui aveva assistito decenni prima, ognuno dipinge un quadro coerente del processo di traduzione del Libro di Mormon.
Questi testimoni, come i Tre e gli Otto Testimoni delle tavole d’oro, raccontano una storia coerente sulla nascita del Libro di Mormon.
In quanto tali, possono essere considerati testimoni affidabili di uno degli eventi più importanti della restaurazione del Vangelo: ognuno di loro descrive la traduzione come un miracolo.
Emma Smith forse descrisse la traduzione nel modo più saliente quando spiegò:
“Sebbene io abbia partecipato attivamente alle scene che si sono svolte, e sia stata presente durante la traduzione delle tavole, e abbia avuto conoscenza delle cose mentre si svolgevano, per me è meraviglioso, ‘un’opera meravigliosa e un prodigio’, tanto quanto per chiunque altro”.
Allo stesso modo, Oliver Cowdery descrisse questo evento come uno dei momenti più significativi della sua vita:
“Furono giorni che non si dimenticheranno mai: sedersi sotto il suono di una voce dettata dall’ispirazione del cielo, risvegliò la massima gratitudine di questo petto! Giorno dopo giorno continuai, ininterrottamente, a scrivere dalla sua bocca, mentre traduceva, con l’Urim e il Thummim, o, come avrebbero detto i Nefiti, con gli ‘interpreti’, la storia o gli annali chiamati ‘Libro di Mormon’”.
Al di là di tutti i dettagli riguardanti la traduzione del Libro di Mormon, il più importante è il punto cruciale che il Libro di Mormon è stato tradotto per dono e potere di Dio. Il Signore stesso disse a Joseph:
“Tu hai il dono di tradurre le tavole; e questo è il primo dono che ti ho accordato” (Dottrina e Alleanze 5:4).
Il Signore istruì anche Joseph e Oliver che solo attraverso la fede “potrete tradurre e ricevere conoscenza da tutti quegli antichi annali che furono nascosti, che sono sacri” (Dottrina e Alleanze 8:11).
Quindi, il processo di traduzione non sarebbe potuto avvenire senza la rivelazione di Dio. Joseph Smith non avrebbe potuto produrre il Libro di Mormon con le proprie capacità naturali o con qualsiasi altro mezzo.
Anche se forse non conosceremo mai tutti i dettagli della traduzione del Libro di Mormon, i testimoni che vi assistettero ci aiutano a comprendere meglio quanto la nascita del Libro di Mormon sia un importante miracolo orchestrato dai poteri abilitanti del Cristo vivente.
Tutti i dettagli condivisi da questi numerosi testimoni aiutano i lettori moderni a ottenere una testimonianza, attraverso il potere dello Spirito Santo, che il Libro di Mormon è stato tradotto e portato alla luce grazie al potere di Dio.
Quando tutti i lettori cercheranno di comprendere le origini e i messaggi del Libro di Mormon, saranno in grado di vedere come il Libro di Mormon sia veramente “un’opera meravigliosa e un prodigio”.
Questo articolo è stato pubblicato su https://scripturecentral.org. Questo articolo è stato tradotto da Ginevra Palumbo.
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