Come possiamo servire Dio con tutto il nostro cuore, facoltà, mente e forza? Ho avuto una lezione di prima mano che mi ha insegnato cosa significhi dare tutto ciò che abbiamo.

Quasi quattro anni fa, all’improvviso ho ricevuto un’email da mio padre che mi informava che in due settimane sarebbe stato sfrattato dalla sua casa in affitto e non avrebbe avuto un posto in cui andare e chiedeva se potesse venire a vivere con noi.

Ero stata un’estranea per mio padre, per 35 anni. Aveva lasciato mia madre, i miei fratelli e me per un’altra donna.

Insieme avevano adottato 7 bambini ed egli aveva messo in chiaro che erano loro la sua famiglia.

Alla fine anche quel matrimonio giunse al termine, perse quei bambini e si sposò una terza volta solo per far fallire anche quel matrimonio.

Le uniche interazioni reali che avevo avuto con mio padre in quegli anni erano le poche volte che era venuto a casa nostra per chiedere soldi. Conosceva poco della mia vita, non conosceva i miei figli e certamente non i miei nipoti.

La sua richiesta di aiuto arrivò il giorno dopo il matrimonio di nostro figlio e poche settimane prima che Annie partisse per servire la sua missione in El Salvador.

Con il matrimonio ormai celebrato, non vedevo l’ora di dare ad Annie tutta la mia attenzione e fare i migliori sforzi per aiutarla nei suoi preparativi per la missione.

Dover salvare mio padre mi mise davanti a delle serie sfide. Come spesso accade, questo mio bisogno di servire non era per niente semplice per me.

Mi faceva male lo stomaco. L’enormità della sua situazione era superiore ad ogni cosa. Cosa avrei dovuto fare?

Con il sostegno del mio meraviglioso marito, che è più gentile e pronto a perdonare di me, siamo andati a trovare mio padre per valutare la sua situazione.

Abbiamo scoperto che viveva nello squallore, senza la capacità fisica o mentale di organizzare un trasloco. Non aveva risorse per parlare, nessun piano e letteralmente nessun altro al mondo a cui rivolgersi.

Mi sentivo dispiaciuta per la sua situazione… non la augurerei a nessuno.

Però provavo soprattutto panico, rabbia e risentimento. Sembrava che la nostra unica opzione fosse metterci al lavoro.

Roger prese in affitto un furgone. Radunammo i nostri figli e svuotammo la casa. Ma dove saremmo andati? Avevamo deciso che non poteva trasferirsi da noi; dovevamo trovare una soluzione diversa.

Abbiamo riempito il nostro garage con i suoi mobili ed i suoi oggetti personali. Da li, li abbiamo spostati in un magazzino, poi li abbiamo spostati di nuovo.

Ho passato giorni, poi settimane ed infine mesi ed anni contattando i servizi della comunità e la pubblica assistenza. Ho ricercato opzioni abitative sovvenzionate.

Ho portato mio padre agli appuntamenti per poter far fronte alle sue problematiche di salute a lungo trascurate.

Mi sono seduta accanto a lui durante l’attesa per alcuni suoi interventi chirurgici e mi sono presa cura di lui in seguito. L’ho portato a fare la spesa, ho fatto il bucato e l’ho nutrito.

Roger passava ore al telefono a negoziare con ogni finanziatore della città, per sistemare i debiti di papà.

Si incontrò con l’Amministrazione per la sicurezza sociale, aprì conti bancari e cercò di orientarsi su come far avere cibo, riparo e la cura necessari che mio padre non poteva permettersi.

Stavo impegnando la mia mente, la mia forza, la mia attenzione ad aiutare mio padre nel disordine che aveva creato… ma il mio cuore? Mi vergogno di ammettere che non potevo arrivarci.

Sentivo che mio padre mi doveva delle scuse. Volevo che riconoscesse che stavo facendo enormi sacrifici per aiutarlo e che non lo meritava.

Ma non ci sono state scuse da parte sua, né è stato espresso alcun apprezzamento. Continuava invece a chiedere e, spesso, mi denigrava.

Ho deciso che avrei fatto quello che doveva essere fatto per assicurargli sicurezza e benessere perché avevo fatto alleanza con Dio che Lo avrei servito.

Lo avrei fatto per il Signore e speravo fosse sufficiente. Dopo molte angoscianti preghiere, ho capito che il Signore aveva compreso la mia situazione e che andava bene… per il momento.

Mentre pregavo costantemente per ricevere aiuto in questa crisi, il Signore mi offrì di nuovo assicurazioni ed istruzioni:

  • Egli conosce ed ama mio padre, nonostante le sue innumerevoli scelte sbagliate.
  • Avrebbe onorato i miei sforzi per servirlo, anche se per le ragioni sbagliate. Mi avrebbe aiutato (e per essere chiari, sapevo che non era perché meritavo l’aiuto del Signore, più di quanto mio padre meritasse aiuto da parte mia).
  • C’erano ancora dei principi che dovevo imparare e vivere meglio per essere più degna del suo regno.

Negli ultimi 4 anni, ci siamo trasferiti e sistemati ben 8 volte per facilitare il crescente livello di assistenza che richiedeva mio padre. Ogni volta è stato un po’ più facile.

L’aiuto è stato a dir poco miracoloso. Il Salvatore ha aperto le porte e rimosso le pietre di inciampo più e più volte. Forse la cosa più miracolosa è stata la guarigione che lentamente ha avuto luogo in me.

Non sono più arrabbiata.

E, anche se non ho necessariamente quel “cuore nuovo” per cui ho tanto pregato, il vecchio, con le sue ferite e cicatrici, è stato ammorbidito.

Al posto del risentimento, il mio cuore è stato riempito di compassione per il mio padre mortale e di gratitudine inesprimibile per il mio Padre celeste.

Sono stata davvero una servitrice inutile, ma comunque sono stata raffinata e sono cambiata grazie al processo di servire Dio.

Un modo essenziale per mantenere le nostre alleanze

Sacerdozio di AaronneIl servizio a Dio, come la fede, il pentimento e l’obbedienza, è un modo essenziale per mantenere le nostre alleanze. È un processo santificante, attraverso il quale possiamo diventare più simili al Salvatore.

Dio può fare la propria opera, ma poiché rendere servizio ai Suoi figli può cambiarci così profondamente, egli non solo ci permette, ma invita e persino ci comanda di partecipare con Lui all’opera di salvezza.

Siamo strumenti attraverso i quali i figli di Dio possono ricevere e sentire la cura del Suo amore.

Ho sempre amato questa citazione del presidente Kimball: “Il Signore ci nota e ci veglia. Ma di solito è attraverso un’altra persona che soddisfa i nostri bisogni”.

Il servizio verbale, usato nelle Scritture, è ampiamente associato alla devozione attiva sia nei riguardi di Dio, sia nei riguardi dei nostri simili.

È un termine positivo in riferimento al dovere, all’obbedienza e all’utilità. Mi piace vedere il nostro servizio come espressione intenzionale di amore e gratitudine verso il Signore. Le Scritture sono piene di riferimenti che lo spiegano:

  • Come riportato nel Nuovo Testamento, il Salvatore insegnò che: “In quanto l’avete fatto a uno di questi miei fratelli, voi lo avete fatto a me”. (Matteo 25:40)
  • Re Beniamino istruì il suo popolo e noi, nel Libro di Mormon: “Ed ecco, io vi dico queste cose affinché possiate imparare la saggezza; affinché possiate imparare che quando siete al servizio dei vostri simili, voi non siete che al servizio del vostro Dio.”.
  • Continuò: “Io vi dico che se voi serviste Colui che vi ha creato sin dal principio, e vi preserva di giorno in giorno, prestandovi l’alito perché possiate vivere e muovervi, ed agire secondo la vostra volontà, e anzi sostenendovi da un istante all’altro — io dico, se lo serviste con tutta quanta la vostra anima, non sareste tuttavia che dei servitori inutili.”. (Mosia 2:17,21)
  • E, in Dottrina e Alleanze, il Signore comandò di nuovo: “Pertanto io do loro un comandamento, dicendo così: Ama il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutte le tue facoltà, mente e forza; e servilo nel nome di Gesù Cristo.”. (DeA 59:5)

Dare tutto ciò che abbiamo

Ma cosa significa esattamente cuore, facoltà, mente e forza? Forse indica che lo dovremmo servire sempre, pienamente, con tutto ciò che abbiamo e con gli occhi rivolti solo alla sua gloria.

Consideriamo ciascuna di queste cose:

Il cuore è solitamente associato all’amore, alla compassione e al desiderio, che sono, prima di tutto, le più alte motivazioni per tutto ciò che facciamo.

In 2 Nefi, siamo istruiti che una volta sul sentiero del discepolato, dobbiamo “spingerci in avanti, avere un amore per Dio e per tutti gli uomini”.

La facoltà è un altro termine per dire valori, capacità e coraggio. Spesso il servizio ci impone di uscire dalle nostre zone di comfort, di usare coraggio e fede e continuare a lottare, anche se i nostri sforzi non vengono apprezzati o sono respinti.

Ricorda il mantra del presidente Monson:

“Quando siamo in missione per il Signore, abbiamo diritto all’aiuto del Signore”.

Quando serviamo, accresciamo la fiducia nella nostra capacità di sollevare e amare gli altri, anche al punto che possiamo esclamare, come Ammon fece dopo il suo straordinario servizio:

“Vanto del mio Dio, poiché nella sua forza posso fare tutto”.

La mente è la fonte dell’intelletto, della comprensione e dell’esperienza. Sappiamo che lo Spirito Santo fornisce una doppia testimonianza mentre parla al nostro cuore e alla nostra mente.

Quindi, la nostra mente è un ricettacolo di rivelazione. In verità, possiamo fare efficacemente l’opera del Signore solo cercando il consiglio dello Spirito e seguendo la sua guida.

Ho imparato che “lottare” con i problemi è una parte essenziale dell’equazione del servizio.

Cerchiamo di capire le cose nel miglior modo possibile e poi ci affidiamo al Signore per dirigere le nostre idee e per rivelare le Sue soluzioni.

La forza della parola denota resistenza fisica, emotiva, determinazione, oltre che potere.

Quando parlo di servizio, vorrei identificare in particolare il potere abilitante della grazia del Salvatore senza il quale non possiamo compiere la Sua opera a modo Suo. Non dobbiamo essere stanchi di fare del bene.

Quando considero le molte opportunità che il Signore mi ha dato per servire nelle organizzazioni della sua chiesa, posso vedere come quelle esperienze mi hanno plasmato: mi hanno fornito una prospettiva, un’esperienza inestimabile, una maggiore fiducia e apprezzamento per l’interesse del Salvatore nei dettagli delle vite individuali.

Vedo più chiaramente la Sua generosità e la Sua costante tenera compassione. Sono stata la destinataria del Suo “salvataggio”, in quanto mi è stato concesso di partecipare al salvataggio di altri.

Tramite il servizio nella Chiesa, sono stata benedetta con dolci compagnie e si sono sviluppate molte relazioni più profonde tra me e le persone con cui servo o coloro di cui mi occupo.

Quegli amici mi hanno ispirato, arricchito la vita e mi hanno aiutato a crescere.

Forse, cosa più importante, l’opportunità di collaborare con il Signore nel portare a termine il Suo lavoro porta all’umiltà nel riconoscere le mie inadeguatezze ed inevitabilmente a mettermi in ginocchio.

Non dimenticherò mai l’aiuto che ho ricevuto da giovane madre, mentre cercavo di mantenere la testa fuori dall’acqua e di sopravvivere alla mia chiamata come presidentessa delle Giovani Donne – un incarico che mi aveva completamente sopraffatta.

Una notte, nella quasi disperazione, mentre gridavo al mio Padre celeste dicendo: “Non posso farlo!” Egli mi diede queste assicurazioni:

  • Mi conosceva; conosceva i miei punti di forza e di debolezza e mi amava nonostante le mie fragilità.
  • Avrebbe onorato i miei sforzi, per quanto deboli. Mi avrebbe aiutato.
  • C’erano abilità che dovevo acquisire e principi che dovevo imparare da questa esperienza, per essere più utile nel Suo regno.

Il servizio è destinato a cambiare chi siamo. Ciò che guadagniamo nel servizio ecclesiastico sono gli strumenti fondamentali che ci permettono di fare la differenza per il bene, ovunque serviamo.

È inteso che prendiamo quei doni e li condividiamo con chiunque ne abbia bisogno. Ognuno di noi ha un ministero personale da svolgere e non è limitato all’organizzazione della Chiesa.

Jackie Gardner era la presidentessa della Società di Soccorso quando ci siamo trasferiti in questo rione.

Lei, insieme a tanti altri di questa congregazione, era stata una mia dirigente, un’amica ed una mia mentore al servizio del Signore. Sono stata testimone e destinataria delle sue gentilezze, della sua compassione, della sua fede.

Nessuno di noi si sorprende quando veniamo a sapere che Jackie fa visite regolari a Pat Merrell nel centro di cura o quando vediamo Reed riparare gli irrigatori di Jo Davies, quando intravediamo Owen e Deanna Lunt che passeggiano nel quartiere ma non arrivano mai molto lontano, perché continuano a fermarsi in varie case per visitare ed incoraggiare le persone, quando vediamo Art Swindle che guida gentilmente Ruth Lundgren in un banco in chiesa, quando sappiamo che in un dato giorno ci sono letteralmente centinaia di esempi di membri nella famiglia del mio rione e della comunità, impegnati in silenziose azioni di servizio.

Non siamo sorpresi, ma potremmo esprimere la nostra ammirazione per la loro bontà semplicemente dicendo:

“Certo che fanno quelle cose; ecco chi sono!”

E questa osservazione è vera. Ma potrebbe essere più preciso affermare nell’ordine inverso:

“Ecco chi sono, perché quelle sono le cose che fanno ancora ed ancora”.

Prego che sperimenteremo un aumentato desiderio di servire il Signore con tutto il cuore, la facoltà, la mente e la forza. È mia testimonianza che verremo cambiati, guariti e santificati mentre lo facciamo.

I nostri sforzi saranno consacrati per il nostro bene. Possiamo desiderare la condizione così meravigliosamente descritta in uno dei miei inni preferiti:

Più adatto al regno, più impegnato a servire. Più benedetto e santo. Più, Salvatore, come Te.

Questo articolo è stato scritto da Laurie Little ed è pubblicato sul sito ldsmag.com. Questo articolo è stato tradotto da Cinzia Galasso.