Cosa simboleggia il vitello d’oro che il popolo d’Israele forgiò quando Mosè si trovava sul monte Sinai? In che modo questo episodio è ancora attuale?
E quali sono alcune delle forme di idolatria moderna? Per rispondere a tutte queste domande è necessario fare un passo indietro e dare un contesto a ciò che accadde con Mosè e il popolo d’Israele.
“Facci un dio che ci vada dinanzi”
In Esodo 32 leggiamo:
Ora il popolo, vedendo che Mosè tardava a scendere dal monte, si radunò intorno ad Aaronne e gli disse:
“Orsù, facci un dio, che ci vada dinanzi; poiché, quanto a Mosè, a quest’uomo che ci ha tratto dal paese d’Egitto, non sappiamo che ne sia stato”.
E Aaronne […] dopo averne cesellato il modello, ne fece un vitello di metallo fuso. E quelli dissero: “O Israele, questo è il tuo dio che ti ha tratto dal paese d’Egitto!”.
Quando Aaronne vide questo, eresse un altare davanti ad esso, e fece un bando che diceva: “Domani sarà festa in onore dell’Eterno!”.
Quindi, Mosè si era recato sul monte Sinai per conferire con Dio.
Per alcuni giorni il popolo d’Israele aveva assistito da lontano ai segni prodigiosi che indicavano la presenza di Dio sul monte sotto forma di una nuvola e fuoco divorante (vedere Esodo 24).
Non vedendolo tornare—le scritture ci dicono che Mosè vi rimase per 40 giorni e 40 notti— avevano cominciato a pensare che il profeta non fosse stato in grado di sopportare la gloria divina e che fosse perito.
A quel punto, senza la figura di riferimento che li aveva tratti dall’Egitto e li aveva condotti fino a lì, come potevano proseguire nel loro viaggio?
Chi li avrebbe portati alla terra promessa in cui tanto speravano?
Non comprendendo forse appieno la natura di quell’unico Dio vero e vivente che li aveva liberati dal faraone, chiesero ad Aaronne (seconda figura di riferimento dopo Mosè) di costruire per loro un altro dio, più visibile e concreto, da adorare e al quale poter chiedere aiuto e protezione.
Ricordiamoci che gli Ebrei avevano alle spalle quattro secoli di idolatria come unica forma di adorazione, ereditata dagli Egiziani.
In Egitto, infatti, ad ogni divinità (ne esisteva un numero indefinito) veniva accostata la figura di un animale che lo rappresentasse.
Talvolta la divinità in questione veniva raffigurata insieme all’animale. Molto più spesso quest’ultimo veniva rappresentato a sé stante come richiamo immediato del dio a lui abbinato.
Aaronne, comprendendo forse che gli Ebrei erano ormai fuori dall’Egitto, ma che l’Egitto non era ancora completamente fuori dagli Ebrei, cercò un compromesso che potesse aiutarli in un modo a loro più familiare a ricordare ed adorare Dio.
È per questo che scelse di forgiare un vitello, uno degli animali sacrificali designati per commemorare il sacrificio di Cristo.
Purtroppo, però, questo modo di adorare Dio aveva fatto regredire gli Israeliti alle vecchie cattive abitudini. Fecero in fretta a dimenticare CHI stessero adorando a causa del COSA.
Si erano presto dimenticati di quel Dio che li aveva liberati, l’unico vero Dio in grado di salvarli, onnipotente ma meno visibile, e si erano rivolti a ciò che conoscevano, un dio falso, fatto di oro, ma più visibile e a portata di mano.
In sostanza il vitello d’oro rappresentava per gli Ebrei tutto ciò che si erano lasciati alle spalle in Egitto, le errate tradizioni e la mancanza di fede.
Cosa simboleggia il vitello d’oro oggi?
Come in tutte le storie nelle scritture, c’è qualcosa in questo episodio che possiamo imparare e che è possibile applicare ancora oggi.
Molti vedono il vitello d’oro come un simbolo di amore per la ricchezza, e questo in parte è vero, ma la metafora che racchiude si estende molto oltre.
Potrebbe sembrare di no, soltanto perché in quest’epoca contemporanea abbiamo (più o meno) smesso di costruire statue d’oro e adorarle, ma l’idolatria è molto presente ancora oggi sotto molte forme.
Chi più chi meno, ne siamo tutti colpevoli in una certa misura e, come per gli antichi Ebrei, è ancora un peccato molto grave.
Anche noi ci rivolgiamo a qualcosa di più vicino e tangibile per una gratificazione più veloce, piuttosto che aspettare le risposte e i tempi di Dio.
La lista di “vitelli d’oro” moderni è infinita e interminabile, e si allunga e modifica con il passare del tempo. Potremmo persino non accorgerci di avere degli idoli nella nostra vita.
Durante un discorso tenuto alla conferenza generale di aprile 2002, l’Anziano Joseph B. Wirthlin ha parlato delle possibili distrazioni che ci allontanano dalla vera adorazione di Dio. Ha detto:
Le reti sono generalmente definite come dispositivi per catturare qualcosa.
In un senso più stretto ma più importante, potremmo definire una rete come qualsiasi cosa che ci cattura o ci impedisce di seguire la chiamata di Gesù Cristo, il Figlio del Dio vivente.
Le reti in questo contesto possono essere il nostro lavoro, i nostri hobby, i nostri piaceri e, soprattutto, le nostre tentazioni e i nostri peccati.
In breve, una rete può essere qualsiasi cosa che ci allontana dalla nostra relazione con il nostro Padre Celeste o dalla Sua Chiesa restaurata.
È impossibile elencare le molte reti che possono intrappolarci e impedirci di seguire il Salvatore.
Ma se siamo sinceri nel nostro desiderio di seguirLo, dobbiamo subito lasciare le reti che ci impigliano nel mondo e seguirLo (T.d.A.).
Queste reti, come le chiama Anziano Wirthlin, possono essere considerate degli idoli moderni, tutto ciò che nella nostra vita rischia di prendere il posto che spetta a Dio.
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Alcuni altri idoli potrebbero essere i nostri dispositivi digitali, i social media e l’uso che ne facciamo, influencers vari, personalità o personaggi di spicco, una causa che ci sta a cuore, persino noi stessi.
Tutte queste cose non sono necessariamente “cattive” di per sé. Ma se non stiamo attenti, molte delle cose buone che ci sono nella nostra vita rischiano di trasformarsi in idoli, quando consumano gran parte del nostro tempo e della nostra attenzione.
Quindi un idolo è qualunque cosa che nella nostra vita viene prima di Dio. È tutto ciò che ci distrae da Dio.
Come facciamo a non cadere nell’idolatria?
Il Presidente Spencer W. Kimball ha detto:
Pochi uomini nella storia hanno scelto consapevolmente e deliberatamente di rifiutare Dio e le Sue benedizioni.
Piuttosto, dalle scritture apprendiamo che poiché l’esercizio della fede è sempre apparso più faticoso del fare affidamento sulle cose immediatamente a disposizione, l’uomo naturale è stato incline a trasferire la sua fiducia da Dio alle cose materiali.
Pertanto, in ogni epoca l’uomo è caduto sotto il potere di Satana e ha perso la sua fede, ha riposto la sua speranza nel “braccio di carne” e in “dèi d’argento, d’oro, di rame, di ferro, di legno e di pietra, i quali non vedono, non odono e non hanno conoscenza di sorta” (Daniele 5:23)—ovvero, negli idoli.
Trovo che questo sia un tema ricorrente nel Vecchio Testamento.
Qualunque cosa su cui un uomo ripone in misura maggiore il suo cuore e la sua fiducia è il suo dio; e se questo dio non è il Dio d’Israele vero e vivente, quell’uomo opera nell’idolatria (T.d.A.).
Se l’idolatria è causata dalla mancanza di fiducia in un Dio che non possiamo vedere, allora ciò che dobbiamo fare è lavorare sulla nostra fede e sul nostro rapporto con Dio.
Dobbiamo sforzarci di fare tutte quelle cose che ci aiutano a mettere Dio al primo posto. Il Padre celeste ci ha fornito tutte le istruzioni necessarie per farlo.
Per esempio, in 3 Nefi 3:18 il Signore ci consiglia di “vegliare e pregare sempre per timore di entrare in tentazione”.
La preghiera è il primo canale attraverso cui attiviamo una comunicazione con Dio.
Mantenerci degni della costante compagnia dello Spirito Santo, attraverso l’obbedienza ai comandamenti, ci aiuta a stare “all’erta”.
Poiché uno dei compiti dello Spirito è quello di avvisarci dei pericoli, ci aiuterà a capire quando qualcosa cui teniamo rischia di prendere il sopravvento sulle cose più importanti.
Se tramite la preghiera noi ci rivolgiamo a Dio, tramite le scritture Lui comunica con noi e ci rivela la Sua volontà per la nostra vita.
Quindi, un’altra cosa che possiamo fare è sforzarci ogni giorno di ritagliare un momento della giornata per lo Studio delle scritture.
Proprio come accade per le persone attorno a noi che possiamo vedere e toccare, per approfondire il nostro rapporto con Dio è necessario spendere del tempo in Sua compagnia.
In questo modo, anche se non possiamo vederLo, Egli diventerà sempre più reale e tangibile. Sarà la prima nostra fonte di aiuto nei momenti di difficoltà e la prima fonte di gioia nei momenti belli.
Anche rendere il culto nel tempio è una protezione dall’idolatria.
Quando stringiamo sacre alleanze e vi teniamo fede comprendiamo meglio la natura divina, dimostriamo la nostra devozione, mettiamo le cose nella giusta prospettiva e siamo maggiormente protetti da ogni potenziale “vitello d’oro” moderno.
A questo punto, forse faremmo bene a chiederci: quali sono quelle cose che nella mia vita rischiano di prendere il sopravvento sul mio rapporto con Dio e diventare degli idoli?
Cosa simboleggia il vitello d’oro? Simboli antichi e idoli moderni è stato scritto da Ginevra Palumbo.
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