Se conoscete almeno un po’ la storia di Joseph Smith, molto probabilmente vi starete chiedendo: perché egli fece una nuova traduzione della Bibbia? Joseph amava la Bibbia.
Una lettera scritta nel 1834 da lui e da altri dirigenti della Chiesa, ai detentori del sacerdozio, dichiarava:
“Chiunque possa vedere il potere dell’Onnipotenza iscritto nei cieli, può anche vedere la grafia di Dio in questo volume sacro [la Bibbia]: e più spesso la leggerà, più l’amerà”.
Proviamo a rispondere in questo questo breve video!
Una nuova traduzione della Bibbia: ecco il motivo
Benché venerasse le sacre scritture, Joseph Smith sapeva, tramite il Libro di Mormon, che “vi sono molte cose chiare e preziose che sono state tolte dal libro, che è il libro dell’Agnello di Dio” (1 Nefi 13:28).
Nel 1843, il Profeta riassunse i suoi sentimenti verso la Bibbia, affermando:
“Credo nella Bibbia per come si leggeva quando proveniva dalla penna degli autori originali. Traduttori ignoranti, trascrittori negligenti o preti corrotti, hanno commesso molti errori”.
Mentre il Libro di Mormon veniva stampato, Joseph Smith ed i suoi collaboratori iniziarono ad organizzarsi per completare una traduzione della Bibbia, con l’intento di correggere molti degli errori che si erano insinuati nel testo e di ripristinare molte verità chiare e preziose, ormai perdute.
L’8 ottobre 1829 Oliver Cowdery acquistò una Bibbia di Re Giacomo dalla Grandin Press, la stessa casa editrice dove fu stampato il Libro di Mormon.
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L’intenso studio di questa Bibbia portò alla creazione della Traduzione di Joseph Smith, parti della quale si trovano in Scritture come il libro di Mosè, Matteo (nella Perla di Gran Prezzo) ed altre centinaia di note a piè pagina nelle edizioni della Bibbia dei Santi degli Ultimi Giorni.
Il termine “Traduzione di Joseph Smith” non fu mai usato durante la vita di Joseph Smith. In Dottrina e Alleanze, il Signore si riferiva all’opera come alla “nuova traduzione” (DeA 124:89).
Il nome “Traduzione di Joseph Smith”, abbreviato in JST, fu creato negli anni ’70 quando i dirigenti della Chiesa si resero conto che l’abbreviazione NT (per Nuova traduzione) avrebbe creato confusione nelle note a piè di pagina delle scritture poiché quella è l’abbreviazione comune usata per il Nuovo Testamento.
Una traduzione non tradizionale
La traduzione di Joseph Smith non è una traduzione nel senso tradizionale. Uno studioso molto ben informato descrisse la traduzione come il “porre il testo in una nuova forma, mediante l’ispirazione dello Spirito Santo”.
Sebbene Joseph Smith alla fine studiò un pò di ebraico e possedette ed usò un dizionario di greco, la sua traduzione non venne elaborata prendendo antichi testi ebraici o greci e traducendoli in inglese moderno.
La sua traduzione è il risultato dell’ispirazione ricevuta mentre conduceva uno studio intenso della Bibbia, parola per parola: i suoi insegnamenti, le visioni, le rivelazioni, le prospettive, le leggi, le ordinanze, le personalità e le potenzialità eterne vennero implementate per ripristinare l’intento originale degli scrittori e rendere il testo più comprensibile ai lettori moderni.
Non comprendere ciò che Joseph Smith ed i suoi aiutanti stessero cercando di realizzare, può portarci a fraintendere cosa sia effettivamente la Traduzione di Joseph Smith e come possa aiutarci ad ottenere una comprensione più profonda delle Scritture.
Scott Faulring, Kent Jackson e Robert J. Matthews, un trio di studiosi che hanno studiato approfonditamente la Traduzione di Joseph Smith (JST), hanno suddiviso le modifiche apportate al testo biblico in diverse categorie.
Una nuova traduzione della Bibbia: modifiche diverse…
In primo luogo, in alcuni casi la traduzione è stata un ripristino del testo originale. Per esempio, nel testo del libro della Genesi manca la totalità di Mosè, che si trova in Perla di Gran Prezzo.
Il libro di Mosè riporta verità importanti sulla natura di Dio, dell’umanità e di Satana e dei loro rispettivi ruoli all’interno del piano di salvezza.
In secondo luogo, la JST è servita, in alcuni casi, a restaurare ciò che era stato detto o fatto una volta, ma che non era mai stato inserito nella Bibbia.
Ad esempio, Genesi 14:25–40 contiene una descrizione avvincente del ministero di Melchisedec, re di Salem.
Non sappiamo se questo appare nel testo originale della Genesi, ma appare nel Libro di Mormon, in Alma 13, e funge da importante retroscena del ruolo svolto da Melchisedec nella narrazione di Abrahamo, nella Genesi.
La parte aggiunta ci aiuta a capire perché il nome di Melchisedec venne per sempre associato al “santo sacerdozio, secondo l’ordine del Figlio di Dio” (DeA 107:3).
Terzo, in molte occasioni la JST è servita a rendere la Bibbia più comprensibile ai lettori moderni.
Ad esempio, in molti casi, le parole arcaiche della versione di Re Giacomo sono state modificate con termini più comprensibili ed usati dai lettori moderni.
In altri punti, la JST ha sostituito i pronomi ambigui con i nomi propri, come in Genesi 14:20, dove la versione di Re Giacomo dice “e diede” e nella JST si chiarisce: “e Abrahamo diede”.
Per elaborare questa parte del lavoro, alcuni studiosi hanno sostenuto che Joseph ed i suoi scribi potrebbero aver consultato uno dei commentari biblici del loro tempo.
Joseph si interessò alle lingue originali usate nella Bibbia e studiò l’ebraico a Kirtland, prima di completare gran parte del lavoro della JST. Una volta scrisse nel suo diario:
“La mia anima si diletta nel leggere la parola del Signore in lingua originale e sono determinato a proseguire lo studio delle lingue, finché non ne avrò padronanza”.
In questo senso, l’opera del profeta sulla Bibbia incoraggiava le persone a seguire il suo esempio nello studio, combinando fonti di informazione e verità sia spirituali, che accademiche.
In quarto luogo, le modifiche apportate tramite la JST servono a portare armonia tra la formulazione biblica e le verità che si trovano in altre parti della Bibbia o nella rivelazione moderna.
Ad esempio, il testo della versione di Re Giacomo, di Giovanni 1:18, recita: “Nessuno ha mai visto Dio”, un insegnamento confuso che contraddice un discreto numero di passaggi, sia nell’Antico che nel Nuovo Testamento, nonché le esperienze del profeta Joseph Smith, non ultima la Prima Visione.
La revisione ispirata di questo versetto dice:
“Nessuno ha mai visto Dio in nessun momento, a meno che non abbia avuto testimonianza del Figlio; poiché, se non è per mezzo di Lui, nessun uomo può essere salvato”, sottolineando il ruolo divino di Dio Padre, nel dare testimonianza a favore del Figlio (JST, Giovanni 1:19).
…stessa verità!
A volte la JST include modifiche utili ai lettori moderni che non sono state scritte dagli autori originali. Ma volete sapere qual è la parte migliore?
L’anziano Bruce R. McConkie, notando le differenze tra i primi capitoli della Genesi e quelli della JST che trattano lo stesso materiale, dichiarò:
“Sono entrambe vere”. Confermò la sua convinzione che Giovanni 1 nella Bibbia “è vero”, ma lo è anche la JST, che fornisce “una prospettiva completamente diversa” dello stesso passaggio, aggiungendo:
“Questi sono esempi del fatto che possono esserci due traduzioni della stessa cosa ed entrambe possono essere vere”.
Un esempio citato di frequente si trova in Romani 13, dove Paolo scrive riguardo all’obbligo dei santi di sottomettersi ai poteri secolari. La JST riscrive quel passaggio per applicarlo alla cooperazione con le autorità della Chiesa.
È probabile che entrambi i passaggi siano corretti e che la revisione della JST sia una rivelazione intesa a istruire i santi moderni.
Sebbene Joseph Smith avesse inizialmente completato i manoscritti della JST nel 1833, non abbandonò mai del tutto la traduzione ed il suo studio intensivo delle Scritture rimase un aspetto della sua vita quotidiana, fino alla sua morte nel 1844.
Sebbene i Santi degli Ultimi Giorni respingano il concetto di “canone chiuso”, si attengono comunque al canone scritturale stabilito come fondamento della loro fede. In un’occasione Joseph Smith tenne in alto una Bibbia e dichiarò:
“Credo in questo sacro volume. In esso si trova la fede “mormone”. Non insegniamo altro che ciò che insegna la Bibbia. Non crediamo a nulla, tranne che a ciò che si trova in questo libro”.
Le pagine logore e segnate della sua Bibbia dimostrano l’intensa devozione del Profeta a questo libro, ai suoi insegnamenti e al suo ruolo di canale verso la mente di Dio.
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