Questa parte del Nuovo Testamento mi è sempre stata difficile da comprendere.
Il linguaggio degli Atti, anche se non è così complicato come quello di alcune lettere successive di Paolo, sembra un po’ più complicato di quello chiaro e semplice dei quattro Vangeli.
Eppure, ho trovato alcune cose che mi hanno aiutato lungo il cammino. Ho trovato anche alcuni suggerimenti su come condividere il Vangelo di Gesù Cristo in modo più efficace.
Predicare il Vangelo di Gesù Cristo: Conoscete al meglio il contesto di ogni capitolo
Non sapere chi sta parlando o chi siano i destinatari del messaggio può rendere le cose davvero difficili.
Fare riferimento ai titoli dei capitoli può aiutare in questo senso, ma fare riferimento ai capitoli precedenti può rendere il contesto ancora più chiaro.
Confrontate i passi noti che incontrate con i versetti delle Scritture del Libro di Mormon.
È il più corretto di tutti i libri, dopotutto, quindi trovare dei versetti che “combaciano” con quelli del Nuovo Testamento, per così dire, aiuterà a rendere più chiari i significati di entrambi e vi darà una migliore prospettiva dottrinale.
Proprio come quando si ascolta la stessa storia da due o più amici, quando due o più Scritture si sostengono a vicenda, le dottrine che predicano diventano ancora più chiare e, grazie al cielo, più semplici da capire.
Una volta lette le Scritture con l’aiuto di un contesto chiaro e confrontate quelle particolarmente importanti con altre del Libro di Mormon per trovare ulteriore chiarezza, pensate ai modi in cui le lezioni che queste Scritture insegnano si applicano alla vostra vita.
Questo è ciò di cui parlava Nefi quando ci ha invitati ad “applicare a noi le Scritture”, affinché possano essere per il nostro “profitto e istruzione”.
Per me, quest’ultimo passo si è rivelato il più cruciale di tutti, perché così facendo dimostriamo al Signore che prendiamo sul serio la Sua parola, cercando seriamente le risposte nei luoghi in cui Egli ci ha promesso di trovarle.
Tenendo a mente questi principi, ecco tre lezioni tratte da Atti 16-21 che hanno fatto la differenza per me. Le condivido nella speranza che possano gettare ulteriore luce su quegli aspetti della vostra vita che ne avrebbero bisogno.
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Non amate così tanto la ricerca della verità da non essere disposti a concluderla quando trovate una risposta
Nel corso di questi capitoli, Paolo si imbatte in alcune comunità di Ebrei che vivono al di fuori dalla terra d’Israele.
Incontrandoli nelle loro sinagoghe, Paolo usa la sua formidabile conoscenza delle Scritture per condividere il Vangelo di Gesù Cristo con loro, cercando di convincerli che Gesù di Nazareth è veramente il Messia.
Mentre alcuni si convertono, altri non credono e si arrabbiano, spesso inseguendo Paolo e i suoi compagni in altre città per perseguitarli.
Questo, forse, potrebbe avere un po’ a che fare con il modo di studiare degli Ebrei dell’epoca.
Piuttosto che cercare risposte facilmente spiegabili, che potessero essere racchiuse in una o due frasi, molti Ebrei del primo secolo cercavano risposte che consideravano più profonde.
Per questo motivo, forse, 1 Corinzi 1:23 spiega che Gesù era una “pietra d’inciampo” per gli Ebrei, perché, come spiega Giacobbe nel Libro di Mormon:
“Ma ecco, i Giudei erano un popolo dal collo rigido; ed essi disprezzavano le parole di semplicità, e uccidevano i profeti, e cercavano cose che non potevano comprendere.
Pertanto, a causa della loro cecità, cecità che veniva loro dal guardare al di là del segno, essi devono necessariamente cadere; poiché Dio ha tolto loro la sua semplicità, e ha dato loro, perché lo desideravano, molte cose che essi non possono comprendere. E poiché lo desideravano, Dio l’ha fatto, affinché potessero inciampare.
Ed ora, io Giacobbe, sono incoraggiato dallo Spirito a profetizzare; poiché percepisco, mediante l’influsso dello Spirito che è in me, che a motivo del loro inciampare i Giudei rigetteranno la pietra sulla quale essi avrebbero potuto costruire e avere fondamenta sicure.” (Vedere Giacobbe 4:14-15)
Confrontate questo modo di vedere il mondo con quello che il Signore ha predicato in Matteo 13:45-46:
“Il regno de’ cieli è anche simile ad un mercante che va in cerca di belle perle; e trovata una perla di gran prezzo, se n’è andato, ha venduto tutto quel che aveva, e l’ha comperata”..
A volte passiamo così tanto tempo a cercare una risposta che, quando arriva, ci siamo appassionati più alla ricerca che alla risposta stessa. Certo, trovare la risposta chiuderà il capitolo della nostra ricerca, ma rimane ancora molto da capire.
Quindi, seguiamo l’esempio del Signore e deponiamo il nostro fardello quando giungiamo ai piedi del Salvatore. Se abbiamo delle domande, cerchiamo le risposte.
Ma quando queste arrivano, amiamole come perle di grande valore. Questo non significa che non dobbiamo amare il viaggio.
Ma se Cristo è la Risposta, la nostra grande Destinazione, il nostro viaggio verso di Lui sarà prezioso, ma mai più di Lui.
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Quando seguite lo Spirito, non aspettatevi che tutto vada alla perfezione. Non è stato così per Paolo
In Atti 16:6-7, lo Spirito dice a Paolo di non predicare il Vangelo di Gesù Cristo in alcune zone del mondo durante il suo viaggio.
Sebbene questo possa sembrare strano (il Signore aveva comandato ai suoi discepoli di predicare il Vangelo in ogni nazione, dopo tutto), successivamente il Signore dà a Paolo istruzioni specifiche per andare in un determinato luogo.
Sebbene queste rivelazioni fossero abbastanza chiare, non diedero a Paolo un lasciapassare per una missione facile.
In Atti 16:22-33, Paolo segue i suggerimenti ricevuti sia su dove non andare che su dove andare alla fine, solo per ritrovarsi alla mercé di persone molto poco misericordiose.
Dopo essere stato picchiato e frustato, viene imprigionato. In quel momento, a Paolo può essere sembrato di aver fatto qualcosa di sbagliato. Aveva interpretato male i suggerimenti?
Oppure, se non era così, qual era l’intento del Signore nel metterlo su un cammino così difficile?
Piuttosto che porsi tali domande (domande che io stesso mi sono posto troppo spesso di fronte a esperienze molto meno strazianti dopo aver seguito un suggerimento), Paolo mantiene la rotta.
Alla fine, non solo ottiene un aiuto medico dal suo carceriere, ma finisce per convertirlo al Cristianesimo! Se Paolo avesse dato di matto, per mancanza di un termine migliore, chissà se gli scopi del Signore si sarebbero realizzati?
Leggi anche: “Le cose che Dio ha purificate, non le far tu immonde”: la visione di Pietro e una riflessione sull’inclusione
Se Nefi avesse dato di matto quando si ruppe l’arco (mentre si trovava in un viaggio intrapreso seguendo lo Spirito, aggiungerei), che ne sarebbe stato di lui e della sua famiglia nel deserto?
Che ne sarebbe stato di Joseph Smith nel carcere di Liberty? O di Abramo che doveva sacrificare Isacco? O di una miriade di profeti che affrontarono tali difficoltà?
In sostanza, quindi, la questione non è se affronteremo delle prove mentre seguiamo lo Spirito, ma cosa faremo una volta che queste si presenteranno.
Quindi, non stupitevi se le cose non sembrano andare per il verso giusto nel momento in cui iniziate a obbedire a un suggerimento.
Se la storia di Paolo ci insegna qualcosa, continuate a tenerla a mente nonostante quelli che possono sembrare momenti difficili, perché alla fine il Signore non viene mai meno alle sue promesse e non ci sottopone mai a prove inutili e sprecate.
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Per condividere il Vangelo di Gesù Cristo, conoscete le Scritture, sì, ma anche le persone
Quando Paolo si recò sulla collina di Marte per predicare il Vangelo di Gesù ai Greci riunitisi lì, non iniziò semplicemente dalla Genesi spiegando le scritture per intero senza alcun contesto o spiegazione.
Sì, aveva predicato a molte comunità di Ebrei nelle loro sinagoghe. E sì, la sua conoscenza delle Scritture aveva fatto una tale differenza per loro che molti si erano convertiti al Vangelo.
Tuttavia, quello era un certo tipo di pubblico. Paolo lo conosceva perché, dopo tutto, era Ebreo.
Ma quelli di Atti 17 non erano Ebrei, bensì Greci e avevano un modo completamente diverso di vedere il mondo.
Da allora sono stati scritti volumi e volumi sulla differenza tra il pensiero ebraico e quello greco, e gli studiosi continuano a invocare questa differenza per spiegare ogni sorta di tendenza filosofica, storica e religiosa succedutesi lungo il corso della storia occidentale.
Ma Paolo adottò un approccio più semplice. Quando arrivò il momento di predicare il Vangelo di Gesù ai Greci, partì da un punto che loro potevano capire.
“Passando di lì”, esordisce, “trovai un altare con questa iscrizione: AL DIO SCONOSCIUTO”.
Da questo punto di partenza – un punto che tutti i presenti potevano capire dal loro contesto culturale – Paolo iniziò a predicare il Vangelo.
E sebbene non abbia convertito tutti, le Scritture citano almeno due persone che credettero ai suoi insegnamenti.
Quindi, se è fondamentale conoscere le Scritture per predicare il Vangelo (non si può predicare qualcosa che non si capisce, dopo tutto), è forse ancora più cruciale per le persone a cui si predica che le si conosca e che si capisca (almeno in parte) da dove vengono.
In breve, è come dice il vecchio adagio: alle persone non importa quanto sai finché non sanno quanto ti importa.
Predicare il Vangelo di Gesù Cristo: 3 lezioni che apprendiamo da Paolo è stato scritto da Ginevra.
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