Quando trascorriamo del tempo con altri esseri umani, tendiamo a gravitare attorno ad un’uguaglianza priva di tensioni – attorno a coloro che la pensano in gran parte come noi.
Anche se questo tipo di aggregazione può essere ampiamente importante e utile (nella misura in cui ci aiuta a consolidare il nostro impegno nei confronti della nostra fede o nell’organizzazione del nostro impegno sociale, per esempio), se queste sono le uniche relazioni che abbiamo, come confermato da alcune ricerche, vi saranno delle limitazioni sostanziali in ciò che vediamo – limitazioni che ci impediranno automaticamente di vedere cose nuove che non sono già presenti nella nostra mente o che non siano già confermate dalla nostra visione del mondo.
Le virtù del dissenso: L’intuizione
Date le limitazioni derivate dall’aggregarsi unicamente con persone che la pensano come noi, cosa accadrebbe se, piuttosto che evitare le differenze radicali, le ricercassimo, attorniandoci di conoscenti che hanno una visione del mondo diversa (persone su cui possiamo avere un’influenza e che possono a loro volta avere un’influenza su di noi) – dando pertanto vita a delle nuove opportunità derivate dal conflitto tra le reciproche visioni del mondo.
Questo tipo di “rivalità leale” o “lealtà rivale” può essere fonte di grande soddisfazione, entusiasmo e crescita, e allo stesso tempo una speranza fortemente inespressa di migliorare il nostro pianeta. Possiamo prendervi parte senza quasi mai compromettere i nostri ideali.
In effetti, gli ideali a noi più cari possono costituire la motivazione che ci spinge ad aggregarci a coloro che sembrano differire così tanto da noi. Dopo tutto, perché tenere per noi questi tesori?
Perché non condividerli, ed in cambio ricevere il dono dell’essere esposti agli ideali più cari di coloro con cui siamo all’apparenza più in disaccordo? Anzi – può essere davvero molto gratificante, fidatevi!
Le virtù del dissenso: Solidarietà sopravvalutata
Ciò che ci unisce è davvero più importante di ciò che ci divide? È qualcosa in cui tutti crediamo – ma è davvero così?
In un certo senso, ovviamente, sì: impegni, valori, convinzioni, consensi, e verità condivisi sono il tessuto essenziale non soltanto delle nazioni e delle comunità – ma anche di ogni famiglia, matrimonio e rapporto d’amicizia.
Ecco perché ci circondiamo così spesso di individui che la pensano come noi, perché, oltre agli effetti pratici dell’approfondire e consolidare gli impegni, è bello aggregarsi in spirito di solidarietà, sia essa connessa ad una causa, passione, filosofia o squadra sportiva.
In effetti, può essere così tanto piacevole da rendere qualsiasi differenza fastidiosa. Proprio come un sassolino nella scarpa, queste differenze di prospettiva possono sembrarci una minaccia dolorosa da sopportare fino a quando non potremo finalmente eliminarle.
Scriviamo oggi per mettervi in guardia sia dal sopravvalutare l’importanza dell’unità – che dal sottovalutare il grande potere delle intrinseche e inevitabili differenze individuali e di prospettiva ci circondano.
Lungi dall’essere una scoperta sensazionale, abbiamo come il sospetto che la maggior parte di noi sappia già dentro di sé quanto teniamo a queste differenze – a cominciare dal fatto che siamo individui unici e diversi da chiunque altro. (È così che vediamo le persone attorno a noi – dire a qualcuno a noi caro “ti voglio bene”).
Ciò a cui teniamo di più nella nostra consapevolezza quotidiana non è l’umanità in generale, né tantomeno il fatto che i nostri familiari, amici, nemici, coniugi e fidanzati siano “esseri umani accomunati da bisogni condivisi.
No. Ciò che più ci sta a cuore (quantomeno nella vita di tutti i giorni) è questa madre, questo fratello, quest’amico, queste persone.
Persino con coloro che amiamo, tuttavia, possono esserci delle frizioni, poiché le nostre differenze non soltanto si attraggono, ma talvolta si scontrano. (E quando parliamo dei nemici… beh…!).
Io voglio vedere un film, tu invece vuoi fare una passeggiata; tu vuoi accettare un lavoro dall’altro lato del paese, io voglio restare qui; Io credo che il marito di mio fratello possa essere un ottimo babysitter, tu non vuoi che i nostri figli vengano esposti a quello che tu consideri uno stile di vita peccaminoso; noi pensiamo che il presidente del nostro paese sia un salvatore, i nostri vicini credono che sia il diavolo in persona.
Le virtù del dissenso: Accettare il conflitto come normativo e vantaggioso
È di fondamentale importanza comprendere quanto segue: la diversità è parte della vita; di conseguenza, lo sono anche il conflitto e il dissenso. Viviamo in continua co-mozione.
Veniamo influenzati da coloro che si imbattono in noi e viceversa – a cominciare dal grembo.
È semplicemente impossibile evitare il conflitto; facciamo un passo in là per evitare di colpire qualcuno soltanto per imbatterci in qualcun altro (il buon giainista cammina spazzando il marciapiede davanti a sé per evitare di calpestare le formiche, solo per schiacciare altre creature microscopiche meno visibili).
Nonostante questo, spesso andiamo in giro pensando che i conflitti sociali non siano “normali”, e che siano persino da evitare a tutti i costi. Ma perché?
Forse perché già in tenera età, come esseri umani, apprendiamo e ricordiamo che molti scontri e conflitti ci feriscono fisicamente o psicologicamente. Impariamo pertanto a percepire il conflitto come di per sé dannoso – frena i nostri programmi, fa scoppiare le nostre bolle di sapone e sanguinare il nostro corpo.
Al contempo, per essere saggi e in salute mentre cresciamo, impariamo che i molti scontri che ci causano fastidio o dolore sono in realtà “un bene”.
Potremmo prendere ad esempio il classico caso del dentista – ma ve ne sono molti altri – dalle frizioni tra sistemi democratici e le differenze nel matrimonio per arrivare agli infiniti ma necessari conflitti tra genitori e figli.
Quando finalmente prendiamo atto del fatto che gli scontri sono tanto inevitabili quanto trasformativi, riusciamo forse ad arrivare ad un punto in cui i conflitti e i dissensi non attivano più un segnale negativo di difesa nel nostro corpo – ma al contrario, il nostro desiderio di imparare e crescere sarà maggiore.
Le nostre interiora si contorceranno ancora, ma il nostro cuore sussulterà. Saremo più liberi di decidere in che modo agire piuttosto che reagire automaticamente in modo negativo.
Ovviamente, esistono svariate tipologie di dissenso – e non tutte sono così difficili da gestire o hanno delle conseguenze. Le differenze su cui vogliamo concentrarci in questo contesto sono quelle con il potenziale di alterare il corso delle nostre vite in qualità di individui e famiglie, nazioni e società.
Prima di procedere oltre, si noti che, sebbene sarebbe opportuno per ogni paese adottare sentimenti e norme positive relative al dissenso, per il momento, il nostro scopo è semplicemente quello di fare avverare un cambiamento nell’atteggiamento del lettore nei confronti del disaccordo, da naturalmente negativo a possibilmente positivo.
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Sulle orme di William James, la nostra ipotesi è semplice: dissentire rispetto a ciò che per noi ha più valore – disputare riguardo ai nostri ideali più elevati – è uno degli aspetti più essenziali (e forse più interessanti) dell’individuo e della cultura umani.
Soprattutto in un’epoca come questa, dovremmo nutrire un interesse particolare nei confronti del fertile problema del continuo e irrisolvibile conflitto sui migliori e più alti ideali con cui vorremmo organizzare la nostra vita collettiva.
In linea con la nostra discussione sulla ricerca condivisa della verità, in questa serie di saggi, affermiamo che è possibile affrontare in maniera più efficace il problema dell’inevitabilità del conflitto sulle differenti prospettive sulla verità, se ci trasformiamo in competitori leali, i quali aspirano ad influenzarsi a vicenda, piuttosto che comportandoci da nemici diffidenti che mirano a sconfiggersi in un modo o nell’altro.
Le virtù del dissenso: Lealtà tra rivali
I dissensi relativi allo scopo della vita o al modo giusto di vivere insieme conducono sempre alla formazione di campi rivali. Ciò ha senso. Tuttavia, l’astio e l’intolleranza che spesso seguono non hanno altrettanto senso.
Posto che il nostro desiderio di certezza e ordine sia reale, e che non ci piaccia essere smossi nella nostra tranquillità, anche il bisogno continuo di maggiore conoscenza e correzione è reale, e i pesi e i contrappesi derivati dalle interazioni con gli altri, in realtà incrementano l’attendibilità della nostra attuale comprensione delle cose.
Pertanto, la rivalità e il dissenso non devono necessariamente essere sempre causa di diffidenza, disprezzo e guerra. Questi seri disaccordi e conflitti possono portarci ad ottenere ciò a cui, come esseri umani, aneliamo di più: l’amore reciproco – in tutte le sue espressioni.
Le coppie sposate più felici, le amicizie durature, e i rapporti di qualsiasi genere sono formati da persone uniche che continuano a sorprendersi a vicenda nei giorni belli e in quelli brutti.
Accettano che vi siano dissensi continui all’interno della loro relazione leale.
Persino alcuni nemici possono (talvolta) tentare di avera una sorta di rispetto reciproco che si trasforma in affetto quando imparano a vedersi l’un l’altro come sostanzialmente rivali fidati, che desiderano il meglio per se stessi e per il mondo, anche se differiscono visceralmente sull’idea che hanno di “meglio”.
Piuttosto che suscitare dei meri malumori, le discussioni relative alle cose più importanti forniscono il perché o lo scopo profondo a cui, secondo Friedrich Nietzsche e Viktor Frankl, tutti aspiriamo, che non sia la semplice sopravvivenza.
Ci sentiamo più vivi nella tragedia della vita quando ci sforziamo insieme di raggiungere uno scopo che sia più meritevole della vita stessa.
Ovviamente, tutto questo diventa molto più drammatico quando il mio eterno ideale di società è del tutto incompatibile con il tuo. Ma di nuovo, il dramma non deve essere violento.
Anche quando l’uno vuole “convertire” l’altro, o è in corso un voto che stabilirà i valori di quale fazione predomineranno – anche quando non abbiamo altra alternativa se non quella di incontrarci come rivali – la domanda persiste: che genere di rivali?
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Rivali che vedono il proprio avversario come qualcuno da sconfiggere, o rivali che vedono l’altro come qualcuno che sperano di persuadere?
Nel processo di persuasione spesso perdiamo la pazienza e immaginiamo quanto sarebbe più efficiente obbligare (per quanto educatamente) gli altri a cambiare, anche se, nel profondo, sappiamo che nessuno può essere costretto a credere in qualcosa in cui in realtà non crede affatto.
Nonostante i giorni dell’inquisizione spagnola siano più o meno passati, quando parliamo di comportamento (piuttosto che di “convinzioni”) effettivamente cerchiamo spesso di spingere (attraverso la pressione sociale o per forza della legge) le persone a fare ciò che non vogliono fare.
Ma proprio come è impossibile costringere qualcuno a credere in qualcosa in cui non crede, è impossibile costringerlo (quantomeno non per sempre) a fare qualcosa che non vuole fare (o a non fare qualcosa che invece vuole fare).
È vero, qualunque sia la guerra culturale in atto, i vincitori potranno ottenere una conformazione comportamentale (temporanea) alla loro volontà … ma a che prezzo?
Le differenze trascurate, i disaccordi soppressi e i conflitti sotterrati causeranno inevitabilmente una sorta di pressione sociale che si andrà ad aggiungere alla radicata, incolmabile faglia ideologica.
Di conseguenza, i tragici e tristi terremoti della guerra, della rivoluzione, dell’oppressione e della pulizia etnica – così presenti nella storia dell’umanità – continueranno a riempire le pagine dei nostri libri di storia.
Quindi, a che punto siamo? Siamo tra coloro che non desiderano ripetere le passate sconfitte storiche a cui è rimasto solo questo: rassegnarsi ad una frustrante, perpetua e sfiancante lotta di persuasione?
Fermiamoci un attimo a chiederci se la faticosità del dissenso non possa essere trasformata in un passatempo globale coinvolgente e proficuo – una sorta di sport culturale serio. Un superbowl della salvezza? Una coppa del mondo di ideali? Un’olimpiade degli dei?
Queste metafore sportive contengono dei limiti piuttosto palesi. Le dispute sui nostri ideali, influenzano la nostra identità, condizione, e sicurezza emotiva e sociale all’interno della società.
Da un punto di vista psicologico, e talvolta fisico, i risultati di un disaccordo sui valori possono essere crudeli o fatali. L’immagine del colosseo di Roma all’interno del quale i gladiatori vincevano (o perdevano) tutto è più calzante in molti casi.
Per certi versi, i nostri conflitti sociali possono essere considerati dei “giochi”; ma è per un buon motivo che talvolta vengono piuttosto definiti “guerre culturali”. Quindi… cosa facciamo quando le persone sono disposte a morire (o annientare e sopprimere) in virtù dei loro ideali e trascinarci giù con loro?
Come ci muoviamo nella direzione del “gioco serio” e, quando possibile, allontaniamo dal sanguinoso territorio delle guerre culturali?
Anche se siamo talvolta attratti (con una sorta di passione morbosa e persino catartica) dai coloriti fuochi d’artificio che i conflitti tra forze producono, tutti sappiamo in qualche modo che l’invisibile dramma di una mente e un cuore liberi che silenziosamente cambiano è una delle esperienze più strabilianti della vita.
Shakespeare viene onorato in tutto il mondo per la sua padronanza sul sottile psicodramma del cambiamento umano.
Molti dei moderni mezzi di intrattenimento aspirano a catturare la nostra attenzione mentre aspettiamo il momento della svolta – una sorpresa che sappiamo arriverà, ma non sappiamo come, quando o con quali conseguenze.
Naturalmente, per intrattenerci, noi esseri umani vorremmo che le tragedie e le commedie delle nostre vite combattute ci venissero somministrate sotto forma di segmenti digeribili della durata di 30 minuti, come nelle sitcom, o tuttalpiù di puntate da due ore.
Dato che la vita reale raramente offre tali soluzioni dalle tempistiche agevolate, forse possiamo imparare ad accogliere – anche nella vita reale e non solo sullo schermo – le tragedie e le commedie della nostra vita (ognuna delle quali richiede ai fini della “trama” qualche sorta di conflitto).
Le virtù del dissenso: Un’alternativa alla solidarietà coercitiva
Il desiderio di ottenere una indisturbata armonia su se stessi o all’interno della società, spesso ci porta a silenziare tramite la forza ogni rumore molesto. Ecco perché avere l’obiettivo di porre fine (prematuramente) alla contesa per il bene di un’unità non del tutto sincera non è una buona cosa per noi.
Infatti, la ricerca della pace perfetta (almeno in questo mondo) ha costituito un rompicapo teorico per i filosofi, ed è stata diffidata da alcuni tra i più grandi insegnanti spirituali – e al contempo utilizzata come politica sociale brutale da molti despoti.
La pace perfetta… la sicurezza perfetta… l’unità perfetta… queste tentazioni hanno spesso costituito il sentiero lastricato di (non così buone) intenzioni che ha condotto a molte delle più atroci sofferenze umane.
Nel 1640, Roger Williams tentò di progettare una società pacifica a Rhode Island nel bel mezzo dei violenti conflitti sui dogmi religiosi. Egli credeva che fosse impossibile imporre un’unione pacifica definitiva ad una società – eccetto che grazie ad una miracolosa seconda venuta.
Anche se l’intera comunità avesse inizialmente avuto un’unica religione o visione del mondo, avrebbe cominciato gradualmente a differenziarsi nei dettagli, cosa che avrebbe a lungo termine condotto alla diffidenza e alle accuse di eresia che avrebbero richiesto delle punizioni – oltre che alle rivolte e alle guerre di religione.
Pertanto, Roger Williams pensò che la quiete civica dovesse basarsi non soltanto sulla tolleranza, ma su una contestazione organizzata in tema di verità.
La sua vivace sperimentazione con la radicale libertà religiosa di pensiero e opere stabilita dalla legge, fornì il contesto sociale all’interno del quale le continue contestazioni sulle rivendicazioni della verità potessero tranquillamente procedere senza turbare l’ordine pubblico.
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Vivere in tensione, essere coinvolti senza disprezzo, minimizzare la coercizione, massimizzare la persuasione – questa è la via per cercare la verità completa che sottende l’umana battaglia per la giustizia e il benessere.
Nel 2020 è necessario imparare a mantenere vivo questo esperimento – e applicarlo non solo alla religione. Date le inevitabili differenze di prospettiva e i rapidi e continui cambiamenti culturali, dobbiamo insegnare ai nostri figli ad aspettarsi di vivere nella pacifica tensione che scaturisce dal contestare le opinioni altrui.
Tuttavia, le nostre diverse convinzioni – e le nostre opinioni divergenti – riguardo al perché viviamo, chi vogliamo diventare e che direzione dovremmo prendere come società non possono essere risolte semplicemente con un voto o tramite consenso.
Allo stesso tempo non possono essere represse (per l’illusione dell’unità sociale) senza generare un malcontento nocivo e un eventuale furioso crollo psichico o societario.
Le virtù del dissenso: Tenere caro il dissenso continuo
Come possiamo affrontare in maniera sana la questione delle dispute sulle convinzioni e i valori che rischia di generare conflitti più grandi nella nostra vita personale e politica?
Oggigiorno, non siamo inclini a mandare sul rogo qualcuno per gli aspetti più sottili sulla dottrina della Trinità, ma per certo il nostro cuore arde di rabbia zelante quando parliamo di conflitti sulle dottrine ideologiche relative al matrimonio, al genere, al patriottismo, al socialismo, al capitalismo, alla giustizia sociale, alla libertà civica, alla sicurezza nazionale ecc.
Quando le differenze relative al concetto di verità hanno un impatto sulle leggi, in particolare: diritto di abortire o meno, utilizzo della bioingegneria nella creazione di intelligenze superumane, decisione di rimanere pacifisti, redistribuzione della ricchezza, matrimonio – non possiamo veramente trovare un compromesso.
Pertanto, è necessario decidere come comportarsi con coloro i cui valori non condividiamo o aborriamo – e quali opinioni potremmo del tutto rifiutare in quanto false (o potenzialmente deludenti). Questo è un problema che la diversità suscita ampiamente.
C’è un modo per sciogliere i nodi causati da queste differenze irrisolvibili? Esiste un modo per vivere in una condizione di tensione pacifica con queste ultime, senza la necessità di ricorrere ad un “divorzio”?
John Gottman, rinomato consulente matrimoniale, sostiene di sì, dopo aver scoperto che due terzi dei conflitti nei matrimoni di successo non vengono risolti ma piuttosto gestiti con rispetto.
Ha osservato che le persone sono in grado di vedersi allo stesso tempo come complici e avversari, con convinzioni diverse o concorrenti su cui non possono transigere. In questo modo ha scoperto che, se le ragioni che sottendono all’amore e rispetto reciproci sono abbastanza solide, il matrimonio può includere tali disaccordi irrisolti su convinzioni e modi di fare.
Abbiamo scoperto che questo vale anche per i cittadini che desiderano sostenere collaborazioni sociali utili e rispettose nonché discussioni oneste riguardo a differenze importanti.
Le virtù del dissenso: Controllare le reazioni istintive
Quando questa meravigliosa opportunità si presenta, indubbiamente accade perché subentrano emozioni anomale (inconsuete). Pensate a come vi sentite quando dite a qualcuno, o qualcuno dice a voi, “non sono d’accordo”.
Automaticamente, il cervello rettile irrompe attivando il meccanismo di “combatti o fuggi”.
Di fatto, l’intera serie di saggi comprende diversi tentativi di resistere agli istinti naturali, per così dire, e sviluppare nuovi comportamenti che mettono da parte i naturali sentimenti negativi associati al disaccordo – in favore di emozioni positive ed espansive associate all’apprendimento di informazioni nuove ed entusiasmanti e la scoperta di nuove amicizie insolite. Se alcune persone lo faranno, le cose cambieranno; se molti lo faranno, tutto cambierà.
No, non è possibile sostituire l’istinto essenziale di “combatti o fuggi” che ha servito l’umanità così bene, ma forse è possibile coltivare insieme un ulteriore istinto essenziale, quello di “esplorare ed accogliere”.
Scoprire un nuovo e ampliato tipo di relazioni umane, una rivalità amichevole, una critica fidata, è un’esperienza così straordinaria da spingerci a scrivere questa serie di saggi per persuadere tutti ad uscire e trovare la propria… adesso!
Anziché nutrirsi della normale dose di dopamina che viene rilasciata quando sentiamo le parole “sono d’accordo con te” – o l’elettrizzante scarica di adrenalina (e il caldo bagliore derivato dal sentirsi parte di un gruppo) che ci colpisce quando annuiamo in segno di approvazioni nel momento in cui i nostri amici esclamano “quelli sono degli idioti!” – e gli altri piaceri innegabilmente allettanti (che da un punto di vista biochimico creano assuefazione), suggeriamo che è tempo di imparare a godere di quel sentimento di unità che proviamo quando qualcuno ci dice: “ti rispetto, ma non sono per niente d’accordo!”
Dai lunghi anni di dialogo impegnato conveniamo con John Gottman che la maggior parte dei tentativi atti a chiudere il divario tra poli ideologici differenti (ad esempio quelli che sono favorevoli all’aborto vs coloro che sono contrari) in favore di un armonioso compromesso hanno in realtà contribuito a costruire ulteriori limiti – nelle famiglie e nelle società.
Dobbiamo comprendere che approcciarsi con empatia alle differenze non risolve in modo automatico (o definitivo) tutti i dissensi. Infatti, una profonda comprensione reciproca può in realtà acuire tali differenze.
L’empatia – per quanto utile per una profonda comprensione – non è nemmeno la soluzione definitiva a tutte le nostre controversie. Dopotutto, l’empatia esiste anche tra soldati avversari, costretti in ultima analisi a tentare di uccidersi a vicenda.
La strada da seguire è quella di dissentire “meglio”. Possiamo cambiare il nostro atteggiamento e scegliere quelle abilità che alleviano lo stress negativo e accolgono le tensioni positive derivate dal vivere in mezzo a compagni di viaggio che non concordano con noi.
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Possiamo insegnare ai nostri figli che le tensioni pacifiche accompagnate dal disaccordo fanno parte della vita quotidiana. (Quando ci troviamo ad affrontare le sfide lungo il viaggio della vita possiamo assumere una guida aggressiva o calma – in ogni caso i nostri figli prenderanno nota e guideranno come noi quando sono sotto stress).
Quando ci viene posta una domanda spinosa possiamo eluderla con timore dicendo “non tocchiamo questo tasto”, oppure possiamo tranquillamente rispondere chiedendo con onestà “Come sei arrivato a questa conclusione”?
Questo atteggiamento non passerà inosservato. Volete prevedere il futuro della società moderna? Limitatevi a osservare in che modo si stanno comportando le voci influenti. Non possiamo evitare il “cigno nero” che ci attende o le conseguenze dei problemi che abbiamo causato.
Ma possiamo evitare il disprezzo per i fastidiosi compagni di squadra – coloro di cui necessitiamo la fiducia quando le nostre prospettive di sopravvivenza (men che meno di crescita) non sono incoraggianti. L’attuale problema sociale della diffidenza non può essere risolto tramite delle semplici tecniche di comunicazione.
Sarà necessario cambiare atteggiamento, assumerne uno che contempli l’autocritica, che ci porti a chiederci “credo davvero di dovermi aprire all’influenza di coloro che mi criticano?”.
Farlo richiede coraggio, ma è indispensabile e non è nemmeno qualcosa che possiamo fingere con successo. Il nostro disprezzo e la nostra diffidenza urlano a gran voce, a prescindere dalle parole educate con cui tentiamo di camuffarli.
Proprio come ogni virus letale, i nostri sentimenti reali nei confronti di coloro che ci ignorano o non sono d’accordo con noi, sono contagiosi.
Anche gli atteggiamenti cordiali possono, certamente, diventare virali. Non esiste davvero un territorio neutrale. Siamo tutti portatori di atteggiamenti che mostrano un disprezzo micidiale o un vitalizzante rispetto per i nostri avversari più sgradevoli.
Tutti stiamo contribuendo a diffondere la malattia o la cura. Il futuro del nostro paese dipende da quale dei due atteggiamenti avrà la meglio. I nostri concittadini ci osservano, in quanto noi siamo loro. Anche i nostri preziosi figli ci guardano – e stanno assistendo al modo in cui affronteremo i giorni a venire.
Ovviamente, la tolleranza nei confronti di ciò che è dannoso per tutti ha un limite.
Il modello più significativo che possiamo offrire ai nostri sostenitori coniuga saggezza e coraggio in questo offuscato mondo del dissenso. Quando è meglio sopportare e quando invece è necessario prendere posizione nei confronti dei nostri avversari?
In linea di massima, la tolleranza è meglio della persecuzione, ma è la più fragile delle virtù sociali – un semplice modo per mascherare il disprezzo o la totale negligenza nei confronti di coloro che proprio “non ci arrivano”.
Una società sana fiorisce nel coinvolgimento rispettoso delle differenze, non nella mera tolleranza. Ogni generazione apprende il modo in cui ci si aspetta che interagisca (o meno) con i critici, i rivali e gli avversari.
Ci si sottrarrà alla possibilità di influenzarsi a vicenda o si salterà sul ring della reciproca persuasione? È necessario che qualcuno desideri questo tipo di coinvolgimento o non accadrà – e il futuro delle [nazioni] continuerà a precipitare verso quella rabbiosa diffidenza tipica dei separati in casa.
Le virtù del dissenso: Un altro modo di stare insieme
Il dissenso farà sempre “parte di noi”, insieme all’essenziale desiderio di collaborazione organizzata.
Per evitare che i conflitti si trasformino in aspri tafferugli, e far sì che favoriscano il miglioramento sociale, è tempo di coltivare nuovi atteggiamenti che effettivamente incrementino la possibilità di un cambiamento positivo e di benevolenza sociale, perché vincitori e vinti, su un dato problema, desiderano continuamente influenzarsi a vicenda all’interno della propria comunità fatta di sfidanti fidati.
Per riuscirci, è importante che le persone assumano un nuovo atteggiamento di paziente fiducia, vale a dire: applicare il cuore e la mente nelle interazioni con i propri rivali e avversari, permetterà alla verità di vincere sugli errori onesti e sulla malvagia corruzione.
Questo vuol dire accogliere il disaccordo e il conflitto quali aspetti della ricerca della verità, che è fuori dalla portata della limitata mente umana. Facendosi coinvolgere in un dialogo costruttivo con qualcuno che non è d’accordo con noi, è possibile ampliare la propria prospettiva senza pregiudicare la propria integrità.
Questo atteggiamento che possiamo forse chiamare “pazienza impegnata”, prevede che la vostra vita includa intense pressioni emotive e pratiche necessarie per una rapida rivalutazione della verità.
Ma vi permette inoltre di avere a che fare con avversari impazienti senza la paura di perdere il controllo. In un certo senso, potete aspettarvi di rilassarvi nel mezzo di un incendio – cercare di cambiarsi a vicenda senza usare mezzi coercitivi, supportati da un rispetto reciproco in qualità di ricercatori della verità, aperti ad un nuovo desiderio di vivere insieme anche senza raggiungere un consenso o risolvere la discussione.
A quel punto, una maggiore fiducia reciproca permetterà al cambiamento di avere luogo – dando vita ad un’invisibile conversione reciproca ad una nuova prospettiva, che abbraccia e sopporta la pacifica tensione tra le differenze irrisolte con avversari leali.
Abbiamo stilato questa serie di saggi nel tentativo di instaurare nel lettore un maggiore desiderio di sperimentare e successivamente adottare questo atteggiamento nei confronti del dissenso, e di raccoglierne i relativi frutti personali e sociali.
Data l’urgenza delle numerose crisi nella società attuale, e le disperate ristrettezze nelle quali troppe persone si ritrovano, è tempo di agire con decisione.
Riassumendo, potremmo dire che le nostre differenze e i dissensi che ne conseguono, costituiscono per noi un’occasione sia di pena che di diletto, di invidie e di amori che ravvivano l’umana esistenza.
La possente verità a cui stiamo cercando di dare enfasi in questo contesto è che è arrivato il momento di lasciare più spazio nella nostra vita e nelle nostre comunità per un coinvolgimento onesto e rispettoso in discussioni continue, il cui scopo è quello di persuadersi vicendevolmente nell’ambito degli inevitabili dissensi sulla nostra concezione di verità e i nostri valori.
Piuttosto che considerarlo un’aspettativa non realistica, crediamo che questo atteggiamento possa lentamente essere assorbito in ogni ordine sociale che impari a vivere nella tensione tra libertà e giustizia, verità e pace.
Le virtù del dissenso: Il grande invito
Trovate qualcuno con cui siete seriamente in disaccordo e invitatelo a pranzo. Fategli sapere che desiderate comprenderlo meglio e avere un confronto amichevole, anche se questo non dovesse necessariamente portarvi a trovare un accordo.
Non sottovalutate il potere di dire a qualcuno con sincerità: “voglio che tu faccia parte della mia vita, anche se è molto probabile che avremo sempre delle forti differenze”. Le coppie felici lo sanno per esperienza!
Questo articolo è un estratto del quarto di una serie di saggi redatta da Arthur Peña, Charles Randall Paul e Jacob Hess, intitolata “Inevitabile influencer: Perché (in fondo) tutti noi vogliamo – e abbiamo bisogno – di convincerci a vicenda di ciò che vediamo come buono, bello e vero”.
Le virtù del dissenso: come affrontare i conflitti in modo produttivo è stato tradotto da Ginevra Palumbo. Per la versione integrale del saggio in lingua inglese consultare Public Square Magazine.
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