Siamo disposti a rinunciare alle nostre idee questo Natale? O è troppo difficile credere in un Dio che ci chiede cose difficili, impopolari e che vanno contro le abitudini generali? Quale sarà il nostro dono di Natale?
L’inno natalizio preferito della nostra famiglia è il canto “Cosa daremo?”. Originariamente, era una canzone catalana chiamata “El Noi De La Mare” (Il figlio della madre), resa popolare al pubblico americano dieci anni fa, quando è stata arrangiata da Mack Wilburg ed eseguita dal Coro del Tabernacolo, alla Piazza del Tempio.
Il testo pone una semplice domanda: quale dono possiamo offrire a Gesù?
Che cosa daremo al Bambino nella mangiatoia,
cosa offriremo al Bambino nella stalla?
Incenso e spezie e oro ne abbiamo in abbondanza;
sono questi i doni per il Re di tutti noi?
Che cosa daremo al ragazzo nel tempio,
cosa offriremo all’Uomo del mare?
Palme ai Suoi piedi e grida di osanna;
sono questi i doni per Colui che porterà la croce?
Che cosa daremo all’Agnello che è stato offerto,
risorto il terzo giorno e che ci ha dato il Suo amore?
Lacrime per la Sua misericordia piangeremo presso la mangiatoia,
bagnando il bambino sceso dall’alto (NdR).
Nel video musicale relativo a questo arrangiamento della canzone, tre magi moderni, un padre e i suoi due figli adolescenti, passano una serata offrendo servizio agli altri, sia da soli che insieme, prima di tornare a casa dalla loro famiglia e recitare la parte dei tre Re Magi in un presepe vivente.
Molte amate storie di Natale, sia immaginarie che reali, raccontano di doni fatti al Cristo bambino: i saggi che vennero dall’oriente portando oro, incenso e mirra, il piccolo tamburino che suonò al meglio per il piccolo re, James Stewart nei panni del signor Krueger che portò l’umile dono di tutto il suo cuore.
È comune anche per i Cristiani parlare a Natale di quali doni possiamo offrire al Re di tutti noi.
Cosa ci viene richiesto?
Durante il Suo ministero terreno, il Salvatore parlò spesso non di ciò che i Suoi seguaci potevano dare, ma di ciò a cui avrebbero dovuto rinunciare. L’esempio più importante è la storia del giovane ricco, a cui Gesù disse di rinunciare alla sua ricchezza per seguirLo.
“Or com’egli usciva per mettersi in cammino, un tale accorse e inginocchiatosi davanti a lui, gli domandò: Maestro buono, che farò io per ereditare la vita eterna? E Gesù gli disse: Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, tranne uno solo, cioè Iddio.
Tu sai i comandamenti: Non uccidere; non commettere adulterio; non rubare; non dir falsa testimonianza; non far torto ad alcuno; onora tuo padre e tua madre. Ed egli rispose: Maestro, tutte queste cose io le ho osservate fin dalla mia giovinezza.
E Gesù, riguardatolo in viso, l’amò e gli disse: Una cosa ti manca; va’, vendi tutto ciò che hai, e dàllo ai poveri, e tu avrai un tesoro nel cielo; poi vieni e seguimi. Ma egli, attristato da quella parola, se ne andò dolente, perché avea di gran beni” (Marco 10:17-22).
Forse alcuni cristiani credono che sarebbero stati più bravi di quanto lo fosse quel giovane ricco. Dopo tutto, era solo roba materiale, e che valore ha in confronto alla vita eterna? Ma Gesù chiede ai suoi seguaci di essere disposti a rinunciare a qualcosa di più.
“Or molte turbe andavano con lui; ed egli, rivoltosi, disse loro: se uno viene a me e non odia suo padre, e sua madre, e la moglie, e i fratelli, e le sorelle, e finanche la sua propria vita, non può esser mio discepolo. E chi non porta la sua croce e non vien dietro a me, non può esser mio discepolo (Luca 14:25-27).
E ancora:
“E chiamata a sé la folla coi suoi discepoli, disse loro: Se uno vuol venir dietro a me, rinunzi a se stesso e prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vorrà salvare la sua vita, la perderà; ma chi perderà la sua vita per amor di me e del Vangelo, la salverà” (Marco 8:34-35).
Gesù chiese ai suoi seguaci di rinunciare ai loro beni terreni e seguirlo. Disse loro che dovevano essere disposti a rinunciare a tutto ciò che avevano per diventare Suoi discepoli. Ciò includeva la loro ricchezza, i loro cari e persino le loro stesse vite.
Gesù gli chiese anche di rinunciare al loro orgoglio, al loro ego e al loro egocentrismo e di concentrarsi invece sul servire gli altri e vivere una vita di umiltà, compassione e sottomissione alla volontà di Dio.
Gesù Cristo non è un maestro facile
Come ha sottolineato l’anziano Jeffrey R. Holland, il Signore Gesù Cristo non è un maestro facile:
“E che dire di quelli che vogliono solo guardare il peccato o toccarlo da lontano? Gesù ha detto: ‘se il tuo occhio ti offende, cavalo. Se la tua mano ti offende, tagliala.
Non sono venuto a portare la pace, ma una spada’, ha avvertito coloro che pensavano che parlasse solo di banalità rilassanti. Non c’è da stupirsi che, sermone dopo sermone, le comunità locali lo pregavano di allontanarsi dalle loro coste.
Non c’è da stupirsi se, miracolo dopo miracolo, il suo potere non venne attribuito a Dio ma al diavolo. È ovvio che la domanda un po’ cliché “Cosa farebbe Gesù?” non sempre porta ad una risposta popolare”.
Molti dei miei amici Cristiani credono giustamente in un Dio che ci chiede di dare ai poveri, di prenderci cura della terra, di parlare con gentilezza ai nostri vicini, di rifiutare il razzismo, il sessismo e altre forme di fanatismo. Eppure, molti non riescono a credere in un Dio che chiede loro cose difficili, cose impopolari, cose che vanno contro la moda.
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Ciò a cui ci viene chiesto di rinunciare non è generalmente la famiglia, o le nostre case, o le nostre cose. Sono le nostre idee. Cristo vuole che siamo in grado di rinunciare alle nostre idee contemporanee su ciò che un Dio amorevole ci chiederebbe o vorrebbe da noi o vorrebbe per noi.
In superficie, sembra molto più facile che respingere i membri della nostra famiglia, vendere i nostri beni o sacrificare le nostre vite.
Ma in pratica, sembra essere molto più difficile, poiché molti Santi degli Ultimi Giorni sono sempre più alle prese con i modi in cui la dottrina della Chiesa è in conflitto con le idee popolari di moralità, affermando che “Non posso credere in un Dio che chiede _____ alle Sue figlie e figli”.
Credo che quest’anno il dono di Natale che possiamo fare al nostro Salvatore sia la volontà di credere in qualunque cosa Dio possa chiederci e la volontà di rinunciare a quelle convinzioni che ci allontanano da Lui.
Credo che voglia che abbandoniamo le nostre idee sull’amore romantico. Vuole che abbandoniamo le nostre idee su quando abbiamo bisogno e quando non abbiamo bisogno di indossare l’indumento del tempio.
Vuole che abbandoniamo le nostre idee su come dovremmo spendere il nostro tempo e denaro. Sulle politiche della chiesa che potrebbero non piacerci. Sul ruolo che le donne e gli uomini svolgono nella Chiesa, nella casa e nella società.
Vuole che abbandoniamo le nostre idee su ciò che è più importante nella vita.
Ecco il nostro dono di Natale
Ci viene promesso che quando rifiutiamo le idee mondane, saremo maggiormente in grado di seguire il nostro Salvatore. L’anziano Neal A. Maxwell ha insegnato:
“Dio ci chiede ora di rinunciare solo a quelle cose che, se ci aggrappiamo ad esse, ci distruggeranno! Amici miei, ci sono impronte da seguire che vanno seguite, lasciate non da un leader che, al sicuro da bordo campo, dice: “Andate là”, ma da un leader che ha detto: “Vieni, seguimi”.
Liberi dai grovigli del mondo, ci viene promessa una religione di riposo o un Eden di agio? No! Ci vengono promesse lacrime, prove e fatica! Ma ci viene anche promesso il trionfo finale, la cui mera contemplazione fa venire i brividi all’anima”.
Quel trionfo, il dono della vita eterna attraverso Gesù Cristo, ci offre l’opportunità di avere un rapporto personale con Dio e di sperimentare la promessa della vita eterna. Quindi, mentre celebriamo il Natale, lasciamo che il nostro dono sia quello di rinunciare a ciò che ci trattiene da quella preziosa promessa.
Nelle parole del presidente Thomas S. Monson:
“È bene ricordare che chi dà denaro dà molto; chi dà tempo dà di più, ma chi dà sé stesso dà tutto”.
Lasciate che questa sia una descrizione del nostro dono di Natale.
Questo articolo è stato scritto da Amanda Freebairn e pubblicato sul sito publicsquaremag.org. Questo articolo è stato tradotto da Cinzia Galasso.
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