Alcuni anni fa, anziano Quentin L. Cook ha tenuto un discorso durante un devozionale alla BYU, intitolato: “Essere missionari per tutta la vostra vita”.
Il lavoro missionario è una parte fondamentale della Chiesa e, nel mondo, ci sono circa 50.000 missionari. I giovani della Chiesa, a partire dai 18 anni, possono scegliere di servire una missione a tempo pieno, della durata di 24 mesi per i ragazzi e 18 mesi per le ragazze.
Durante quel periodo, essi vivono in località situate spesso a migliaia di km di distanza dalla loro casa, imparano una nuova lingua e dedicano tutto il loro tempo alla diffusione del Vangelo di Gesù Cristo.
Una volta finita la missione, tornano alla vita “normale”. Ma questo non significa che il loro lavoro come missionari venga messo definitivamente da parte.
Continuare ad essere missionari per tutta la vita
A prescindere dall’aver svolto una missione a tempo pieno, ogni membro è chiamato ad essere un missionario mentre continua a vivere la sua vita quotidiana.
Questo significa che ad ognuno è richiesto di fare la propria parte nel condividere il Vangelo. L’anziano Cook dice:
“Molti di voi sono recentemente tornati da missioni a tempo pieno. Molti di voi diventeranno presto missionari a tempo pieno. Spero che tutti voi vi siate impegnati a essere missionari per tutta la vita”.
Portare il Vangelo agli altri, significa aiutarli davvero a cambiare la loro vita e a capirne lo scopo. L’uomo è su questa terra per imparare, progredire ed essere felice.
E tale felicità si realizza in modo completo e totale, seguendo gli insegnamenti di Gesù Cristo presenti nel Suo Vangelo.
Quando una persona si converte e decide di vivere il Vangelo, vede davvero dei miracoli accadere nella propria vita. L’anziano Cook ha raccontato la storia della conversione di due persone.
La prima è un giovane prete cattolico che, dopo aver studiato i principi della chiesa primitiva, durante la sua formazione, e quelli della Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni, ha deciso di pregare il Padre celeste per ricevere la propria testimonianza.
Ecco le sue parole, nella lettera di dimissioni scritta per comunicare la sua decisione di lasciare la chiesa cattolica ed unirsi alla chiesa SUG:
“Ma perché sto facendo quello che sto facendo? Per dirla in modo più semplice: ho trovato una verità, una bontà e una bellezza più complete nella Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni.
Dopo anni di studio e riflessione, sono giunto a credere che la Chiesa SUG sia l’unica vera e vivente Chiesa di Gesù Cristo, guidata da apostoli e profeti viventi.
Credo che Joseph Smith sia un profeta di Dio, chiamato e ordinato per questo, la dispensazione della pienezza dei tempi. Amo il Libro di Mormon: credo che sia la parola di Dio per noi in questi ultimi giorni.
Non posso più negare i miei sentimenti, il mio cuore, la mia coscienza. Non posso negare la conferma della testimonianza dello Spirito Santo che è arrivata dopo molte preghiere e ricerche interiori.
A questo punto della mia vita, in questo momento, mentre attendo e mi preparo per il mio battesimo di conversione, ho trovato una felicità più grande di quanto avessi mai immaginato possibile.”
Il vangelo cambia davvero la vita delle persone e porta felicità anche in coloro che non pensavano più di poter essere felici.
La seconda persona, di cui egli ha parlato, era un uomo dall’infanzia difficile e poco felice, abbandonato dal padre e cresciuto dalla madre che aveva lavorato tanto per poter essere in grado di vivere.
Quest’uomo, che aveva incontrato i missionari con tutta la sua famiglia, ha raccontato:
“I missionari ci hanno insegnato a pregare. Ci hanno insegnato la Restaurazione.
Ci hanno insegnato la rivelazione e la verità. Mentre portavano la loro testimonianza, il mio cuore si è addolcito e ho visto nei loro occhi la verità di ciò che stavano dicendo.
In tutta la mia vita non ho mai visto tanta sincerità e amore.
Il 5 maggio 2006 la mia famiglia è stata battezzata nella Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni. Ora credo davvero di aver trovato il mio posto in questo mondo.”
Essere missionari, condividere il Vangelo con gli altri, significa aiutarli a provare gioia e serenità in questa vita. Significa aiutarli a realizzare il loro scopo, a trovare il loro posto nel mondo.
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Tutte le persone cercano la felicità, ma essa non è legata al possesso delle cose o ad uno status sociale, come spesso si crede nel mondo di oggi. Non riguarda nulla di materiale. Anziano Cook dice:
“La pace in questa vita non deriva semplicemente dal perseguire obiettivi mondani. La vita eterna, specialmente l’esaltazione, non viene dal perseguire obiettivi meramente mondani.
La nostra sfida è condividere il vangelo gioioso ed eternamente significativo con i nostri fratelli e sorelle in modo che possano trovare pace, felicità ed esaltazione. Con questo in mente, come possiamo essere missionari efficaci?”.
Egli suggerisce 4 punti per essere strumenti nelle mani del Signore ed aiutare i Suoi figli ad essere felici in modo più efficiente ed efficace.
Primo: essere missionari per tutta la vita
L’anziano Cook riporta le seguenti citazioni, che sottolineano l’importanza fondamentale di essere missionari per tutta la vita: “Il presidente Gordon B. Hinckley l’ha detto in questo modo:
‘Grande è il nostro lavoro, tremenda è la nostra responsabilità nell’aiutare a trovare coloro a cui insegnare. Il Signore ci ha affidato il mandato di insegnare il Vangelo a ogni creatura’.
Il profeta Joseph Smith dichiarò: ‘Dopo tutto ciò che è stato detto, il dovere più grande e più importante è predicare il Vangelo’”.
Secondo: superare i sentimenti di esitazione o inadeguatezza
Capita spesso che, di fronte a nuove sfide, ognuno di noi si senta inadeguato o non adatto al compito che deve svolgere.
Lo stesso può capitare, e capita spesso, a chi decide di fare una missione a tempo pieno o vuole condividere il vangelo con le persone che incontra.
Anche Heber C. Kimball si sentì inadeguato, quando Joseph Smith gli chiese di andare in Inghilterra a proclamare il Vangelo.
Ecco cosa dice anziano Cook a riguardo:
“Quasi tutti coloro che tentano il lavoro missionario si sentono in qualche modo inadeguati. L’idea di una tale missione era quasi più di quanto Heber potesse sopportare, ma la sua fede e obbedienza prevalsero. Egli dichiarò:
‘Tuttavia, tutte queste considerazioni non mi hanno dissuaso dalla via del dovere; nel momento in cui ho compreso la volontà del mio Padre celeste, ho sentito la determinazione ad affrontare tutti i rischi, credendo che mi avrebbe sostenuto con il Suo potere onnipotente e mi avrebbe dotato di ogni qualifica di cui avessi bisogno… Sentivo che la causa della verità, il Vangelo di Cristo, superava ogni altra considerazione’.
Nonostante questi sentimenti di inadeguatezza, l’anziano Kimball ha lavorato sodo ed è stato molto umile. Lui e i suoi compagni hanno avuto molto successo”.
Terzo: non scoraggiarsi perché il lavoro missionario è difficile
Il lavoro missionario non è semplice. Spesso le persone possono deridere coloro che vogliono parlare di religione, altre volte non vogliono ascoltare o hanno paura di quello che non conoscono. I missionari affrontano molti rifiuti e, a volte, ricevono risposte poco gentili.
L’anziano Jeffrey R. Holland, parlando della difficoltà del lavoro missionario, ha detto:
“Sono convinto che il lavoro missionario non sia facile perché la salvezza non è un’esperienza a buon mercato. La salvezza non è mai stata facile. Siamo la Chiesa di Gesù Cristo, questa è la verità ed Egli è il nostro Grande Eterno Capo.
Come potremmo credere che sarebbe stato facile per noi quando non lo è stato mai per Lui?”.
Quarto: essere un buon esempio e cogliere ogni opportunità per condividere il Vangelo
Avere l’occasione di parlare del Vangelo agli altri, è qualcosa che si può facilmente ottenere. Anziano Cook riporta le parole dell’anziano Clayton M. Christensen e suggerisce un modo per parlare della chiesa e del Vangelo:
“Ho imparato a usare termini che mi associano al mormonismo nelle mie conversazioni: commenti sulla mia missione in Corea, le missioni dei miei figli, i miei incarichi nella Chiesa, il mio aver frequentato la Brigham Young University e così via.
Questi commenti aprono la porta ad una conversazione sulla Chiesa. La maggior parte di coloro che notano che ho aperto questa porta scelgono di non attraversarla. Alcuni, tuttavia, di solito dicono: ‘Quindi sei un mormone?’ e, a quel punto, chiedo se vogliono saperne di più su di noi”.
Il parlarne, però, non è sufficiente. Paolo disse a Timoteo: “Sii un esempio dei credenti, in parole, in conversazione, in carità, in spirito, in fede, in purezza”.
Condividere il Vangelo con gli altri, significa anche viverlo.
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Più che le nostre parole, le persone guardano le nostre azioni, guardano come viviamo, e sono molto più propense ad ascoltare cosa abbiamo da dire, se le nostre azioni sono coerenti con quanto insegniamo loro.
Il comportamento è quello che avalla la nostra condivisione del Vangelo, la sostiene e dimostra cosa significhi davvero viverlo.
Essere missionari: una richiesta del Salvatore
Il Salvatore ci ha chiesto di seguire il Suo esempio, di vivere il Suo Vangelo, di aiutarci gli uni gli altri, per poter tornare al Padre celeste.
Essere missionari a tempo pieno e scegliere di esserlo per tutta la vita, a prescindere dall’aver svolto una missione sul campo oppure no, porta grandi benedizioni nella nostra vita, inclusa la gioia di essere parte attiva nel portare le anime a Cristo ed aiutarle ad essere felici.
E questa è una gran motivazione, che può sostenerci nei momenti difficili.
Ma, nelle parole di anziano Cook, “la ragione più importante per andare in missione ed impegnarsi nel lavoro missionario per tutta la vita è perché è dottrinalmente ciò che il Salvatore ci ha chiesto di fare”.
Essere missionari per tutta la nostra vita è stato tratto dal discorso dell’anziano Quentin L. Cook pubblicato sul sito speeches.byu.edu. Questo articolo è stato scritto da Cinzia Galasso.
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