Uno dei capolavori del Libro di Mormon è sicuramente quella perla di Alma 7. Alma ci dice che i versetti 11-13 sulla missione di Cristo sono “[la] cosa che è più importante di tutte”.
Questi famosi versetti presentano lo stupefacente e confortante concetto secondo cui un Dio misericordioso ci soccorrerà (o correrà da noi) per “prendere su di sé le [nostre] infermità, affinché le sue viscere possano essere piene di misericordia”.
Tali parole hanno confortato grandemente centinaia di migliaia, se non milioni, di Santi degli Ultimi Giorni. Ricordo che quando avevo 10 o 11 anni ed appartenevo ad un’altra chiesa mi fu insegnata una visione molto diversa.
Mi fu insegnato che Cristo fu tentato… ma resistette. Soffrì… ma superò le sofferenze. Tali tentazioni gli permisero di ottenere la statura morale e l’autorità per condannare noi che non riusciamo a resistere alle nostre tentazioni.
Ricordo che l’insegnante di quella chiesa basava la sua interpretazione su Ebrei 4:15: “[Gesù] in ogni cosa è stato tentato come noi, però senza peccare”.
Sembrava che mi stessero insegnando che Gesù stesse dicendo: “Ho resistito a quella stessa tentazione e non ho peccato. È stato facile! Perché non hai potuto resistere anche tu? Perché hai dovuto peccare?”
Chiasmo 1: “Soffrirà secondo la carne” Alma 7:11-13
Immaginate la mia gioia quando trovai la vera Chiesa e appresi la conoscenza correttiva della Restaurazione. Imparai che il vero scopo della condiscendenza di Cristo (1 Nefi 11:16, 26) e della sua missione non era affatto quello di condannarci.
Ma quello di comprenderci con empatia, di confortarci in modo rassicurante e di soccorrerci completamente “con la guarigione nelle ali” (Malachia 4:2; 2 Nefi 25:13). Fu come se finalmente potessi vedere con chiarezza quale fosse il vero proposito di Cristo.
Era come se mi stesse dicendo: “Ho affrontato la stessa tentazione; è stato terribile! Ecco, lascia che asciughi le tue lacrime e che ti avvolga con il mio braccio per confortarti e consolarti.
Non disperare; insieme, supereremo questo momento. Affidati a me, so cosa si prova. Ti aiuterò. Ti solleverò. Ti porterò in braccio”. Scoprire questa differenza ha cambiato la mia vita e da allora Alma 7 è rimasto uno dei miei sermoni preferiti.
Questi tre passi scritturali sono sorprendenti nel loro formato tradizionale di versetti. Tuttavia, balzano fuori dalla pagina se esaminati come chiasmo.
Semplificando, Gesù:
A1 [Soffrirà] pene e afflizioni e tentazioni
B1 Prenderà su di sé i dolori e le malattie del suo popolo
C1 Prenderà su di sé la morte
D1 Prenderà su di sé le loro infermità
E1 Sarà riempito di misericordia
F1 Secondo la carne
F2 Per sapere secondo la carne
E2 Per soccorrere il suo popolo
D2 Secondo le loro infermità
C2 Lo Spirito conosce ogni cosa; nondimeno soffrirà secondo la carne
B2 Prenderà su di sé i peccati del suo popolo
A2 Trasgressioni
Una cosa inaspettata è che il punto di svolta di questo chiasmo non è costituito dalla sua “misericordia nel soccorrerci”. Piuttosto, l’apice, il culmine, il centro dottrinale e il punto di svolta è il dettaglio “nella carne” (i passi F). Com’è possibile?
Questo non è l’unico imprevisto. Un secondo enigma è che Alma termina questo bellissimo insegnamento con la sua breve testimonianza. Questo conferisce un tono di chiusura.
Poi, l’argomento sembra mutare completamente in una discussione sul pentimento e sul battesimo. Di nuovo, perché? Perché Alma dovrebbe parlare di noi nel bel mezzo di un sermone sulla missione di Gesù? Diamo un’occhiata più da vicino a questi due fatti inaspettati.
Il capitolo 6 descrive come Alma abbia goduto di un successo duramente guadagnato nel riconvertire il popolo vacillante di Zarahemla e nel ristabilire la chiesa in quel luogo.
Alimentato da quel successo, Alma si recò a Gedeone per predicare. È lì che spiega la missione di Cristo – soprattutto nei versetti 11-13.
Il messaggio multidimensionale dei versetti 11-13
A motivo del conforto e dell’aiuto che questi versetti forniscono, durante le lezioni, i sermoni e nei commentari l’enfasi viene sempre posta sulla capacità di comprensione empatica e sulla completa guarigione offerta dal Salvatore.
Perciò, quando per la prima volta ho osservato i versetti in maniera approfondita, mi ha sorpreso il fatto che l’apice o il culmine al centro del chiasmo non fosse soccorrere (correre verso) il suo popolo per guarirlo.
Il punto centrale era conoscere “secondo la carne”. Quest’idea viene addirittura ribadita due volte (un apice gemello), molto probabilmente per dare maggiore enfasi.
Perché il punto centrale dei chiasmi dovrebbe essere il conoscere “secondo la carne” di Cristo. Cosa ci sta dicendo Alma? Cosa vuole che impariamo?
Notate come il secondo passo di C2 ci dice che “lo Spirito” conosce già le infermità. Perché, allora, Cristo deve possedere un corpo di carne per “sapere… come soccorrere” (F2)? La parola “nondimeno” in C2 è eloquente.
Sebbene lo Spirito di Cristo “conosca già tutte le cose” dal punto di vista cognitivo, “nondimeno” questa conoscenza spirituale non era sufficiente; egli necessitava di un corpo in carne ed ossa per prendere su di sé la morte e per provare la sofferenza umana, e ciò poteva avvenire solo e mediante l’esperienza “secondo la carne”.
Lo stesso vale per noi. Una delle ragioni principali per cui dobbiamo attraversare la “terra delle tenebre e dell’ombra di morte” (Giobbe 12:20-21) è affinché possiamo sperimentare in modo diretto le sfide della mortalità e imparare a scegliere il bene invece del male.
Ci viene detto che questo è lo scopo stesso della vita: “La vera felicità deriva dalla crescita personale e spirituale che scaturisce dal fuoco dell’esperienza mortale. Le prove, quindi, sono una parte fondamentale del piano della vita”.
Ciò che intendo dire è che esiste una distinzione tra l’apprendimento dello “spirito” – quella che chiameremo “conoscenza cognitiva” – e l’apprendimento della “carne” – quella che chiameremo “conoscenza esperienziale”.
Certo, siamo incoraggiati ad acquisire la conoscenza cognitiva durante il nostro viaggio terreno, come suggeriscono 2 Nefi 9:29; DeA 88:118 e DeA 130:18-19.
Il presidente Russell M. Nelson ha insegnato che “La vostra mente è preziosa! È sacra. Per questo motivo anche l’istruzione della mente è sacra. Invero, l’istruzione è una responsabilità religiosa”. Che parole possenti!
Conoscenza cognitiva e conoscenza esperienziale
La conoscenza cognitiva è stata storicamente, ed è tuttora, un privilegio estremamente raro nel mondo e pochi hanno l’opportunità di riceverla in modo approfondito.
Tuttavia, ancora più importante è acquisire la conoscenza esperienziale. Lungi dall’essere un privilegio raro, le prove sono riversate in un’abbondanza spesso frustrante su ogni mortale, senza eccezioni.
Un’analogia può mettere in risalto questa distinzione. Supponiamo che un ginecologo e ostetrico di fama mondiale abbia fatto nascere migliaia di bambini in ogni tipo di condizione.
Ha affrontato decine di emergenze fetali. Ha formato specializzandi e pubblicato molti articoli e libri a carattere scientifico. Quest’uomo sa più cose sulla nascita di quante ne abbia mai sapute una donna.
Tuttavia, la sua vasta conoscenza si limita a una conoscenza intellettuale, accademica e basata sui fatti. C’è una cosa che non sa. Gli manca la conoscenza esperienziale.
Non saprà mai cosa significa provare i dolori intensi del travaglio, lottare contro l’irresistibile impulso a spingere e sentire la paralizzante stanchezza svanire nella gioia di tenere in braccio una vita che è uscita dal suo stesso corpo.
Questo è un assaggio della differenza tra conoscenza cognitiva e conoscenza esperienziale.
Una seconda analogia deriva dalla continua tensione che esiste attualmente nel campo del counseling per le dipendenze da alcol e droga.
Alcuni operatori trattano i tossicodipendenti sulla base di un bagaglio di studi, di libri e competenze acquisite sul posto di lavoro, cioè di conoscenze cognitive.
Questi counselor vengono spesso guardati con disprezzo e sfiducia da coloro che si avvicinano al counseling per il trattamento delle dipendenze sulla base delle loro battaglie personali con l’alcol e/o le droghe e della loro guarigione faticosamente conquistata – conoscenza esperienziale.
Una parte sostiene che: “Non si può conoscere la profondità di queste battaglie leggendo un libro”, mentre l’altra replica: “Non si può conoscerne l’ampiezza basandosi solo sull’esperienza individuale”.
Ci si potrebbe chiedere allora: “Quale tipo di conoscenza è migliore?”. Questa non è una domanda utile. Si tratta di due modi completamente diversi di conoscere ed entrambi i tipi di conoscenza sono necessari.
La conoscenza cognitiva che avevamo nel nostro stato premortale è stata bloccata dal velo e deve essere riottenuta, quantomeno la parte che è rilevante per il viaggio terreno altamente individualizzato di ogni persona.
Ma molto più importante è la conoscenza esperienziale che non possedevamo nello stato pre-terreno. Essa deve essere appresa in questa esistenza mortale. Solo qui possiamo imparare a dominare i nostri appetiti e a controllare i nostri desideri fisici.
Non possiamo averlo imparato nel Mondo degli Spiriti per la semplice ragione che non avevamo corpi fisici. Alma insegna quindi che:
“questa vita è per gli uomini il tempo in cui prepararsi ad incontrare Dio; sì, ecco, il giorno di questa vita è per gli uomini il giorno in cui compiere le loro opere” (Alma 34:32).
Conoscenza cognitiva e conoscenza esperienziale in Gesù Cristo
Consideriamo ora Gesù Cristo. Se per noi era necessario acquisire una conoscenza esperienziale, che dire del nostro Salvatore? Sia chiaro, non c’è dubbio che Cristo – membro a pieno titolo della Divinità, il Geova dell’Antico Testamento, il Creatore di tutte le cose create – fosse già pienamente onnisciente.
Credere diversamente significa negare la piena divinità del Figlio Unigenito. “Credete in Dio”, ci dice Mosia. “Credete che egli esiste, e che ha creato tutte le cose, sia in cielo che in terra; credete che egli ha tutta la saggezza e tutto il potere, sia in cielo che in terra; credete che l’uomo non comprende tutte le cose che il Signore può comprendere” (Mosia 4:9).
Nefi esclama: “Oh, quanto è grande la santità del nostro Dio! Poiché egli conosce ogni cosa, e non vi è nulla che egli non conosca” (2 Nefi 9:20). Ma si tratta di comprensione cognitiva o di comprensione esperienziale?
Queste Scritture parlano di conoscenza cognitiva e non di conoscenza esperienziale. Il Figlio di Dio non aveva ancora affrontato alcun tipo di viaggio mortale.
Potremmo dire che non aveva ancora vissuto un’esperienza mortale. DeA 93:13-14 insegna che Gesù “…non ricevette la pienezza all’inizio, ma continuò di grazia in grazia fino a che ricevette la pienezza; E così fu chiamato il Figlio di Dio, perché non ricevette la pienezza all’inizio”.
Basando la sua conclusione su diversi passi scritturali, tra cui DeA 93:11-14, un insegnante si è espresso in questo modo:
“Naturalmente, Gesù era un Dio e un membro della Divinità prima di nascere nella mortalità, ma forse possiamo dire che non aveva ancora sviluppato pienamente tutti gli attributi della Divinità….
A quanto pare, l’adempimento dell’Espiazione da parte di Gesù gli ha fornito la necessaria esperienza…. Così, il nostro Salvatore acquisì una perfetta empatia.”
A Gesù Cristo serviva la conoscenza esperienziale che deriva solo da e attraverso una vera e propria esperienza mortale nella carne. Cristo insegnò questa lezione a Joseph Smith: “… sappi figlio mio che tutte queste cose ti daranno esperienza, e saranno per il tuo bene. Il Figlio dell’Uomo è sceso al di sotto di tutte queste cose. Sei tu più grande di lui?” (DeA 122:7-8).
Quindi, la nostra esperienza mortale deve rispecchiare, almeno in piccola parte, la discesa di Cristo al di sotto di tutte le cose. Le tentazioni e le sofferenze, così come il battesimo, furono compiute “per adempiere ogni giustizia” e richiesero un’esperienza mortale “secondo la carne”.
Questo punto è stato sottolineato con forza da Neal Maxwell quando ha osservato: Più tardi, nel Getsemani, Gesù sofferente cominciò ad essere “stupito” (Marco 14:33), o, in greco, “impressionato” e “sbalordito”.
Immaginate Jehovah, il Creatore di questo e di altri mondi, “stupito”!
Gesù aveva una conoscenza cognitiva di ciò che avrebbe dovuto fare, ma non una conoscenza esperienziale. Non aveva mai conosciuto personalmente il processo raffinato e severo di un’espiazione. Così, quando l’agonia giunse nella sua pienezza, fu molto, molto peggiore di quanto persino lui, con il suo intelletto sopraffino, avesse mai immaginato!
Riferendosi all’apprendimento esperienziale di Cristo, l’anziano Jeffrey R. Holland ha scritto che:
“Cristo ha percorso il sentiero che ogni mortale è chiamato a percorrere, in modo da sapere come soccorrerci e rafforzarci nei momenti più difficili.”
Tad R. Callister lo ha espresso in questo modo:
“Nessun mortale può gridare: ‘Egli non comprende la mia situazione, perché le mie prove sono uniche’. Non c’è nulla che sia al di fuori della portata dell’esperienza del Salvatore.”
Il presidente Nelson ha insegnato:
“Nel Giardino di Getsemani, il nostro Salvatore prese su di Sé ogni dolore, ogni peccato e tutte le angosce e le sofferenze mai provate da voi e da me e da tutti quelli che hanno vissuto o che vivranno.”
Allo stesso modo, l’apostolo Paolo ha affermato che “[Gesù] in ogni cosa è stato tentato come noi” (Ebrei 4:15).
Ogni cosa o categorie di cose
La domanda è: quanto è inclusivo “ogni” e quante sono le “cose”? Nel corso della storia di questo mondo, gli esseri umani hanno affrontato milioni, forse miliardi, di tentazioni uniche, afflizioni, avversità ed esperienze idiosincratiche solo sul nostro pianeta.
Cristo le ha vissute tutte? Una cosa del genere è, ovviamente, inimmaginabile per la comprensione umana. Questo concetto potrebbe far parte degli aspetti imperscrutabili dell’Espiazione.
Come Nicodemo, che visitò Gesù di notte e cui fu detto che doveva nascere di nuovo, anche noi potremmo meravigliarci: “Come possono essere queste cose?” (Giovanni 3:7-9).
La risposta corretta alla domanda: “Come è stato possibile?” è che semplicemente non lo sappiamo. Nella grande visione di Nefi, gli viene chiesto: “Conosci la condiscendenza di Dio?” (in altre parole, “Comprendi perché Dio il Figlio dovette diventare mortale, secondo la carne?”).
Similmente a Nefi, anche noi dobbiamo ammettere: “So che egli ama i suoi figli; tuttavia non conosco il significato di tutte le cose” (1 Nefi 11:17).
D’altra parte, la domanda merita ancora una riflessione. Gli “ogni” e i “tutte le cose” potrebbero in realtà essere tutte le categorie principali dell’esperienza terrena?
È quantomeno da prendere in considerazione che le categorie di esperienze gli abbiano fornito la conoscenza esperienziale completa attraverso una sorta di trasmissione divina della conoscenza.
In altre parole, la conoscenza di una categoria di esperienze potrebbe comprendere tutti i sottoinsiemi di esperienze simili che rientrano in quella categoria.
Per fare qualche semplice esempio, Gesù non fu mai tentato di disobbedire alle moderne leggi del paese, come i limiti di velocità in autostrada o i semafori rossi nelle strade deserte e silenziose di mezzanotte.
Tali condizioni non esistevano nel meridiano dei tempi. Tuttavia, fu incoraggiato a disobbedire ad altre leggi di Roma. Una di queste leggi obbligava gli Ebrei a portare per un miglio l’attrezzatura di un soldato romano, che comprendeva una pesante armatura.
Come rispose Gesù alla tentazione di violare quella legge? Sconvolse tutti (come faceva spesso) insegnando: “fanne con lui due [miglia]”. La sua risposta si riferiva alla categoria del non disobbedire alle leggi.
Un secondo esempio: Gesù non fu mai tentato di evadere le tasse. Tuttavia, fu tentato dai capi sacerdoti e dagli scribi Ebrei di evadere le tasse romane.
Alla domanda: “È lecito o no dare il tributo a Cesare?”, rispose con il principio – la categoria – “Rendete dunque a Cesare ciò che è di Cesare” (Luca 20:23-25).
Questa spiegazione dell’esistenza di categorie di esperienze, che vengono trasmesse per fornire a Cristo una piena conoscenza esperienziale, ci ricorda le tre categorie di tentazioni che Gesù affrontò nel deserto.
Anche le parole utilizzate in Alma 7:11 confermano l’idea delle categorie.
Questo versetto non dice che Cristo sperimentò ogni specifica tentazione; dice piuttosto che sperimentò “… tentazioni di ogni genere”. Questa frase, “ogni genere”, ricorre nel Libro di Mormon 40 volte.
Torniamo all’analogia dell’ostetrico. Come uomo mortale, Gesù Cristo non ha portato in grembo e partorito un bambino più di quanto abbia fatto o possa fare qualsiasi altro uomo.
Tuttavia, ha vissuto le stesse categorie di quell’esperienza, da cui avrebbe potuto ottenere la conoscenza esperienziale. Il dolore fisico che provò nel Getsemani e sulla croce fu più intenso di quanto non lo siano mai stati o possano mai essere i dolori del travaglio di una madre.
La sua agonia fu così forte che lo fece letteralmente “tremare per il dolore e sanguinare da ogni poro” (DeA 19:18).
Egli aveva compreso cognitivamente l’esperienza del parto molto prima di nascere; comprese esperienzialmente il parto quando sperimentò quella categoria e quel grado di dolore “secondo la carne”.
Allo stesso modo, Gesù Cristo non ha mai subito un intervento di sostituzione dell’anca. Non è mai diventato cieco. Non ha ma subito la frattura di un osso.
Non ha mai sofferto il declino cognitivo e la perdita di dignità della vecchiaia. Né ha mai perso una persona cara a causa di un guidatore ubriaco o di uno spacciatore.
Quindi, può davvero comprendere le nostre esperienze mortali uniche? Sì, può: 1) grazie a qualche capacità divina di cui non siamo consapevoli o 2) perché ha vissuto ogni categoria di esperienze – secondo la carne.
Il motivo esatto per cui questo apprendimento esperienziale era assolutamente necessario e il modo in cui è stato realizzato è una questione di congetture; che fosse assolutamente necessario è una questione scritturale. L’anziano Holland sottolinea questa stessa distinzione:
“La maggior parte dei Cristiani crede che, sulla base del pentimento, l’espiazione di Cristo riscatterà l’umanità dalle conseguenze finali del peccato e della morte.
Ma solo coloro che ricevono il vangelo restaurato, compreso il Libro di Mormon, sanno quanto l’Espiazione guarisca e aiuti in modo approfondito tante altre categorie di delusioni e dolori qui e ora, sia nel tempo che nell’eternità…..”
Finora abbiamo parlato di come Gesù Cristo abbia acquisito una conoscenza completa di tutta l’esperienza umana.
Gesù acquisì conoscenza durante tutta la sua vita
Ne abbiamo parlato come se una cosa escludesse l’altra: ha egli sperimentato ogni singola prova, tentazione, avversità, afflizione e peccato, o ha sperimentato categorie che incorporano casi più specifici?
C’è una terza possibilità. Potrebbe aver fatto entrambe le cose.
Potrebbe aver vissuto 33 anni di vita terrena che gli hanno permesso di acquisire una conoscenza esperienziale per categorie (sperimentando le fasi dell’infanzia, della fanciullezza e dell’età adulta; le tre tentazioni nel deserto; il costante rifiuto da parte dei capi religiosi; e così via).
Poi, avrebbe potuto vicariare ogni peccato umano concepibile e individuale attraverso un processo divino inconoscibile nel Getsemani e sulla Croce.
Leggi anche: Cosa si intende per “pelle scura” nel Libro di Mormon?
Ciò tocca un argomento correlato. Molte affermazioni fatte nei libri e nelle lezioni sottintendono che l’apprendimento esperienziale di Cristo sia avvenuto solo nelle brevi 24 ore dell’Espiazione, come se il resto della sua vita si limitasse ai suoi insegnamenti.
Per me è un errore limitare il suo apprendimento esperienziale solo a quel periodo relativamente breve e ignorare il significato del resto della vita di Cristo.
In realtà, una parte significativa del suo apprendimento della “conoscenza secondo la carne” ha avuto luogo prima degli eventi dell’Espiazione vera e propria – in altre parole, durante tutta la sua vita. Il vescovo Richard C. Edgley la mette in questi termini:
“La Sua condiscendenza si è resa manifesta attraverso la Sua persona e il Suo modo di vivere. La Sua condiscendenza può essere vista in quasi tutti gli atti trascritti dei Suoi 33 anni di vita terrena…. La sua condiscendenza era evidente nella sua vita quotidiana”.
Questo fatto è implicito anche nelle parole esatte di Alma 7 nel versetto 11. Egli afferma che Gesù “andrà, soffrendo pene, afflizioni e tentazioni”. Non c’è stato alcun allontanamento durante e dopo il Getsemani.
Ai margini del Giardino lo accolsero soldati armati che lo arrestarono, lo flagellarono e lo inchiodarono a una croce.
Molto prima di tutto questo ci furono, ad esempio, le tentazioni nel deserto, che ebbero luogo all’inizio del suo ministero formale, circa tre anni prima delle ore intense dell’Espiazione.
La nota profezia di Isaia sulla missione di Cristo si riferisce anche alla vita precedente al Getsemani: “Perché egli crescerà davanti a lui come una pianta tenera e come una radice che esce da un terreno arido. Egli è disprezzato e rifiutato dagli uomini, uomo di dolore e familiare col patire” (Isaia 53:2-3). Nefi aggiunge: “E vidi che andava a servire il popolo… e vidi che lo scacciavano di mezzo a loro” (1 Nefi 11:28).
Questa è l’idea che sta alla base della dottrina secondo cui Geova è accondisceso per vivere una vita piena e mortale “secondo la carne”. La Sua intera vita consisteva in categorie di esperienze mortali. Questo non significa sminuire la magnificenza e la centralità dell’Espiazione.
Questo è l’aspetto più importante della vita di Cristo e dobbiamo adorarlo ogni volta che prendiamo il Sacramento. Ma i suoi 33 anni di vita mortale sono stati anche una parte importante del suo apprendimento esperienziale.
Quindi, non c’è nulla di sorprendente nel fatto che la “carne” sia dominante nel chiasmo di Alma 7:11-13.
È appropriato, completo e perfetto che l’apice gemello del passo F sottolinei che la sua capacità di soccorrere, sollevare e guarire è stata compiuta solo attraverso e “secondo la carne”.
Chiasmo 2: Il rapporto di Alleanza in Alma 7:14-15
Che dire del secondo fatto inaspettato? Perché il messaggio di Alma sulla missione di Cristo sembra bruscamente interrotto dalla sua testimonianza di nove parole contenuta nel versetto 13?
Perché poi inizia a parlare di quello che sembra essere un argomento completamente nuovo? Improvvisamente, sentiamo parlare del nostro pentimento e del nostro battesimo. Perché?
Ad aggravare questa sensazione di straniamento, c’è il fatto che quasi tutti i numerosi discorsi, lezioni e libri che trattano i versetti da 11 a 13 li presentano come una perla preziosa isolata e indipendente.
Ma non è così. Non è questo l’intento di Alma. C’è piuttosto un collegamento con i versetti 14 e 15 che deve essere esaminato.
I due versetti successivi presentano un’altra perla preziosa. Essi formano un secondo chiasmo, di dimensioni e con una struttura simili a quello dell’apice gemello.
A1 Dovete pentirvi e nascere di nuovo
B1 Venite e siate battezzati per il pentimento
C1 Siate lavati dai vostri peccati
D1 Abbiate fede nell’Agnello di Dio, che toglie i peccati
D2 Che è potente per salvare e purificare da ogni iniquità
C2 Lasciate da parte ogni peccato
B2 Venite e dimostrate di essere disposti a pentirvi
A2 Stringete un’alleanza e testimoniatelo entrando nelle acque del battesimo
Questo secondo chiasmo è una chiamata ad agire. È la scelta che il Presidente Nelson ci ha invitati a prendere:
“Possiamo scegliere se essere d’Israele oppure no. Possiamo scegliere se far prevalere Dio nella nostra vita oppure no. Possiamo scegliere se fare in modo che Dio sia l’influenza più potente nella nostra vita oppure no”.
Collegamento tra Chiasmo 1 e Chiasmo 2
Ma cosa dobbiamo dedurre dall’esatta collocazione del chiasmo n. 2? Perché si trova in questo punto? Perché segue direttamente e immediatamente il chiasmo n. 1?
Questi chiasmi non sono a distanza di un capitolo o di una dozzina di versetti tra loro, ma sono consequenziali. Mi sono chiesto: “Qual è il collegamento tra questi due chiasmi e i loro messaggi apparentemente diversi?”.
Eppure, ancora una volta, quasi nessuno dei numerosi insegnamenti, discorsi e commenti sul chiasmo n. 1 fa riferimento al chiasmo n. 2.
Guardando più da vicino, diventa chiaro che questi due chiasmi sono due sentinelle o porte d’accesso alla vita eterna.
Il chiasmo n. 1 enfatizza la grande espiazione di Cristo: la guarigione e il soccorso che Egli offre attraverso la conoscenza esperienziale acquisita nella carne. È una delle parti di un’alleanza sacra e vincolante.
È ciò che Cristo offre a noi: la sua guarigione e la sua comprensione e il suo conforto.
Il chiasmo n. 2, di contro, rappresenta l’altro lato di un contratto bilaterale. Descrive ciò che noi offriamo a Cristo a nostra volta: un cuore spezzato e ben disposto, come dimostrato attraverso l’ordinanza del battesimo.
Questa parola, “disposto”, è facile da ignorare, ma la sua importanza non può essere sottolineata abbastanza.
L’anziano Neal A. Maxwell ci ha insegnato che
“la sottomissione della propria volontà è in realtà l’unica cosa personale che abbiamo da deporre sull’altare di Dio…quando io e voi infine ci sottomettiamo lasciando che la nostra volontà sia assorbita da quella di Dio, allora Gli diamo veramente qualcosa! È l’unica cosa nostra che possiamo veramente darGli”.
Sebbene la parola “disposto” sia usata una sola volta in questo secondo chiasmo, il concetto di “disponibilità” è implicito in ogni livello del chiasmo.
Ciò ricorda le profonde parole di Mosia secondo cui dobbiamo, come un bambino, essere “disposti a sottometterci a tutte le cose che il Signore riterrà opportuno infliggergli, proprio come un bambino si sottomette a suo padre” (Mosia 3:19). In effetti, Alma ci sta dicendo che dobbiamo essere:
disposti a “pentirsi e nascere di nuovo” – i passi A
disposti a “venire ed essere battezzati” – i passi B
disposti a “essere lavati dai peccati [passati]” e a “mettere da parte i peccati [futuri]” – i passi C
disposti ad “avere fede nell’Agnello di Dio” – i passi D
Il versetto 15 include tre termini – “disposti”, “alleanza” e “battesimo” – in un solo versetto. Questo, quindi, unisce due sentinelle chiastiche in un unico grande rapporto di alleanza:
Chiasmo #1: Egli correrà per soccorrerci con misericordia.
Chiasmo #2: Noi dobbiamo correre verso Lui pentiti e disposti.
Questi due chiasmi sono unità indipendenti, ma intimamente connesse:
Chiasmo #1 – ciò che lui fa per noi.
Chiasmo n. 2 – ciò che noi facciamo in cambio.
Che questo impegno bilaterale sia, di fatto, un rapporto di alleanza è dimostrato dalle parole stesse di Alma. Nel versetto 15 lo definisce esattamente in questo modo, chiedendoci di “stringere alleanza con lui (passo A2)”.
Perché Alma dovrebbe usare la parola “alleanza” se le due parti dell’accordo bilaterale non costituissero un rapporto di alleanza e se i termini di tale alleanza non fossero articolati da qualche parte?
E lo sono. Sono solo più difficili da scorgere nel formato capitolo/versetti che nel formato parallelistico, perché sono “interrotti”, se posso usare questa parola, dalla breve testimonianza di Alma, composta da nove parole, aggiunta alla fine del versetto 13.
Sembra proprio che la sua testimonianza sia una conclusione. Quindi tendiamo a smettere di leggere o almeno a pensare che il suo messaggio sia finito. Ma no, è alla fine del versetto 15 che il messaggio si conclude.
Poi, nel versetto 16, il versetto successivo, Alma ha l’opportunità di fornire un commento, se volete, su questo rapporto di alleanza. Inizia dicendo: “E chiunque lo fa….”. Fa cosa? Essere battezzato? Certamente.
Ma sicuramente è solo una parte. È solo la seconda delle quattro “disponibilità” che ci vengono richieste. Non sta forse dicendo: “E chiunque lo fa…”, cioè entra in questa alleanza?
L’alleanza include la parte di Cristo, che consiste nel suo maestoso dono così splendidamente descritto nel chiasmo n. 1. Le quattro “disponibilità” – soprattutto il battesimo – costituiscono la nostra parte dell’alleanza.
Ma non è tutto. Alma rilascia poi una dichiarazione parallela rivolta a coloro che entrano in questa alleanza. Essi:
… si ricorderanno di ciò che gli dico (tempo presente),
… sì, si ricorderanno di ciò che gli ho detto (tempo passato) ….
La ripetizione della frase “si ricorderanno”, seguita dal tempo presente “dico” e dal tempo passato “gli ho detto”, ci dice che questa offerta non è nuova, ma è un rinnovamento di una verità che è sempre esistita.
Se entriamo in questa alleanza e “osserviamo i comandamenti di Dio d’ora in avanti”, ci sarà concessa niente meno che la vita eterna. La parola “ricordare” (significativamente ripetuta due volte) richiama anche le ordinanze sacramentali.
Nelle preghiere per il pane e per l’acqua, i partecipanti rinnovano la loro alleanza di “farlo in ricordo” del corpo e del sangue del Figlio e di “ricordarsi sempre di Lui” (ripetuto due volte in ogni benedizione – Moroni 4:3, 5:2; DeA 20:77, 79).
L’essenza è che siamo disposti a farlo. Questa somiglianza nella formulazione di “ricordarsi” e “disposti” è un’ulteriore prova che siamo di fronte a un rapporto di alleanza nell’associazione di queste due sentinelle della vita eterna.
Conclusione
L’anziano Michael John U. Teh, Settanta Autorità Generale, ha condiviso in un discorso della Conferenza generale del 2021:
“Mentre studiavo e meditavo, sono giunto alla chiara consapevolezza che quello che sapevo del Salvatore superava di gran lunga quanto conoscessi veramente Lui… una comprensione sempre maggiore del fatto che l’Espiazione di Gesù Cristo si applica a noi personalmente e individualmente ci aiuterà a conoscerLo”.
Riconoscere l’importanza delle esperienze di Cristo “secondo la carne” e vedere la totalità di tutti e cinque i versetti come un unico rapporto di alleanza completo (Alma 7:11-15) ci aiuta a fare proprio questo.
Questo articolo è stato pubblicato in inglese con il titolo Alma’s Twin Sentinels for Eternal Life ed è stato tradotto da Ginevra.
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