Inizio la mia giornata come ogni persona normale, cioè guardando il cellulare. Poi all’improvviso compare il mio gruppo preferito di indie pop, che suona la mia canzone preferita in un concerto da salotto per uno a sorpresa, finché delle notizie dell’ultimo minuto non interrompono la festa:
“Non vorrai perderti la cosa tenerissima che ha fatto questo gatto!”
Questa non è una scena di un sogno in un film scadente fatto male, ma è una scena tipica della mia vita, una vita iper-distratta e perennemente connessa alla rete, vissuta una ricarica del cellulare alla volta.
Non ci si annoia mai, anzi spesso è estenuante. E non siamo neanche arrivati a colazione.
Giuro fedeltà al mio telefonino
Dal momento in cui mi sveglio, fino al momento in cui mi addormento mentre ascolto un podcast, io sguazzo nelle distrazioni. Il mio cellulare (che a questo punto potrebbe essere benissimo innestato nella mia mano) è un flusso continuo di aggiornamenti di stato e di selfies, di tweet e di emails, insieme a tutti gli episodi della mia sitcom preferita degli anni ‘90.
Ogni vibrazione e ogni bip proclama l’arrivo di qualche eccitante novità, trascinando il mio sguardo verso lo schermo ormai familiare. Lo adoro, tantissimo.
Ma tutto ciò viene con un costo. Sono diventato un esperto a non essere davvero presente nonostante io sia fisicamente in un posto, avendo la mia testa così spesso tra le nuvole della rete.
Se l’attenzione fosse la moneta della nostra vita, e se ognuno di noi ne avesse solo un tot da dare alla volta, allora il mio conto è in rosso, con tutte le volte che la mia attenzione è stata riempita di notifiche e messaggi di ogni genere.
Il problema dell’abuso del cellulare
Questa storia però, non riguarda i cellulari in sè, e non finisce neanche con una svolta epica, dove io spengo tutto quello che ho e all’improvviso riesco ad avere una perfetta consapevolezza di me. Riguarda qualcosa di più semplice, e molto più piccolo: parla di messaggi.
Mi vergogno a dirlo, ma mi sono quasi perso il discorso dell’ultima conferenza generale di Anziano Nelson, nella sessione della domenica pomeriggio, dove parlava del giorno del Signore.
Il mio corpo era parcheggiato di fronte allo schermo, ma la mia mente rimbalzava tra una partita di Angry Birds e la pagina di Wikipedia sulla storia della sedia.
Ma, nonostante me stesso e la mia tradizione, sono riuscito a capire un concetto fondamentale: ma se anzichè trattare la domenica come una lista di cose da fare e non fare, la trattassi come un messaggio da mandare al Padre Celeste, e come una possibilità per esprimere il mio amore, la mia gratitudine, e la mia disposizione al seguirLo?
Che messaggio volevo mandargli?
E che messaggio stavo mandando durante quel preciso momento di domenica, come durante tante altre lezioni di scuola domenicale o riunioni del quorum degli anziani, quando ero fisicamente presente ma mentalmente assente?
Non solo a Dio, ma anche a coloro che mi circondano.
“Non messaggiare durante le riunioni sacramentale” non è scritto da nessuna parte nei libri; ma forse il mio messaggio domenicale, e cioè la mia dimostrazione che io ci tenevo, potrebbe essere tanto semplice quanto lo stare un pochino più attenti.
Qual è il tuo messaggio?
Ogni domenica ci porta ad ognuno di noi delle opportunità uniche, per manifestare la nostra devozione e il nostro interesse in cose spirituali, anche per cose piccole; sta a noi identificarle.
Ma, nonostante si dica sempre, è il pensiero che conta, e quando ci pensiamo davvero ai messaggi che vogliamo mandare, diventa tutto più significativo.
Magari il tuo messaggio sarà il partecipare al coro di palo, o andare a fare una passeggiata domenicale per godersi la bellezza del creato; magari sarà cucinare una torta per un amico o arrivare un po’ prima in chiesa.
Come al solito, non deve essere qualcosa di grandioso, ma semplicemente qualcosa che ti aiuta ad avvicinarti un pochino di più a Lui, durante la domenica.
Per quanto mi riguarda, il mio livello di attenzione è solo un pochino più incostante di un cucciolo di golden retreiver, ma sto cercando di fare uno sforzo, almeno una volta alla settimana, per essere un po’ più presente, e per resistere all’impulso di distrarmi.
Inoltre sposto le app come Gospel Library, e metto la modalità “non disturbare” durante la riunione sacramentale. Sarà anche qualcosa di piccolo, ma è qualcosa.
“Messaggiare” in due direzioni
La domenica, oltre ad essere per noi un modo per mandare un messaggio di amore e devozione al nostro Padre Celeste, funziona anche al contrario.
Infatti, l’esistenza stessa della domenica è un segno dell’amore di Dio nei nostri confronti, perché Egli sapeva che noi avremmo avuto bisogno di un giorno per riposare dai problemi della vita, e ricollegarci con ciò che conta di più.
La domenica, alla fin fine, può essere visto come un Suo modo di onorarci, insieme alla classica visione del nostro onorare Lui.
E le benedizioni, come al solito, sono molto più numerose dei nostri sacrifici, come per ricordarci che la domenica è stato fatto per l’uomo e per la donna, come regalo ed espressione d’amore da parte di un Padre gentile e affettuoso.
Articolo scritto da Sean Johnson
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