È possibile essere un alleato LGBTQ+ e allo stesso tempo un discepolo di Gesù Cristo? In altre parole, è possibile sostenere coloro che provano attrazione verso persone dello stesso sesso (e tutti coloro che si identificano come LGBTQ+) senza compromettere i propri principi morali?
Assolutamente sì. Anzi, essere un alleato LGBTQ+ significa essere un vero seguace di Gesù Cristo. Ecco perché e come possiamo farlo.
Cosa vuol dire essere un alleato LGBTQ+ ?
Prima di capire in che modo possiamo sostenere i nostri amici e familiari LGBTQ+ è importante capire cosa realmente voglia dire essere un alleato.
Ma permettetemi di fare un passo indietro e spiegarvi perché ho sentito l’esigenza di parlare di un argomento delicato come questo.
Da molti anni ormai il mese di giugno è il mese del pride LGBTQ+. È un’opportunità per molte persone di far sentire la propria voce e talvolta rivelare ad amici e familiari il proprio orientamento sessuale.
Va da sé che questo mi ha dato l’opportunità, grazie anche ai social media, di ascoltare pareri e punti di vista diversi tra loro e trarre alcune personali conclusioni.
Ciò che più mi ha toccato in questi mesi però è stato leggere la sofferenza nelle parole di molte tra queste persone, in particolar modo da parte di coloro che prima di fare coming out appartenevano alla comunità religiosa di cui faccio parte.
Questo articolo è il risultato di un (relativamente) lungo periodo di studio, di domande e di ricerca.
Pur non identificandomi come membro della comunità LGBTQ+, ultimamente ho avuto modo di riflettere su cosa possa voler dire essere un membro della Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni e allo stesso tempo LGBTQ+.
In particolar modo quanto possa essere difficile e a tratti doloroso far conciliare le due cose. Ma deve per forza essere così difficile e doloroso? Non se si hanno a fianco degli alleati.
Dopo aver letto blog, ascoltato podcast e guardato interviste a riguardo ecco alcune delle cose che ho imparato.
Cosa vuol dire essere un alleato LGBTQ+ ? Stavolta sul serio!
Partiamo da un livello meramente terminologico. Cosa vuol dire essere un alleato? Sfortunatamente, gran parte delle definizioni che è possibile trovare in Italiano si riferisce alle alleanze di tipo bellico.
Poiché il mondo è bello perché è vario, la lingua inglese ci viene in soccorso con una definizione che trovo molto più confacente:
Alleato (Ally): “qualcuno associato a qualcun altro in qualità di aiutante; una persona o gruppo che fornisce assistenza e sostegno in un impegno, attività o battaglia in corso (Merriam-Webster Dictionary online; N.d.T.).
“Una persona o gruppo che fornisce assistenza e sostegno”.
Non necessariamente significa che dobbiamo accettare o condivide i principi di una determinata causa, ma possiamo ugualmente fornire supporto e aiuto quando richiesto o necessario.
Una volta qualcuno disse: “Non devi essere d’accordo con le idee di qualcuno per amarlo”. E questo è proprio ciò che siamo chiamati a fare come discepoli del Salvatore, amare il nostro prossimo senza escludere nessuno.
La prima, la seconda e l’ultima cosa che possiamo fare è AMARE
In Giovanni 15:12 il Salvatore dice:
“Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io ho amato voi.”
Più avanti nel versetto 17 ribadisce:
“Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri.”
Se non dovesse essere ancora chiaro:
“[…] e invita tutti loro a venire a lui e a prendere parte alla sua bontà; e non rifiuta nessuno che venga a lui, bianco o nero, schiavo o libero, maschio o femmina; ed egli si ricorda dei pagani; e tutti sono uguali dinanzi a Dio” (2 Nefi 26:33).
Siamo tutti figli di Dio. Questo è un dato di fatto. Egli ci ama tutti. Incondizionatamente. E anche questo è un dato di fatto. Non a caso i primi due comandamenti della legge recitano:
“Ama il Signore Iddio tuo con tutto il tuo cuore e con tutta l’anima tua e con tutta la mente tua” e “Ama il tuo prossimo come te stesso.”
A noi non è dato di scegliere chi amare. Il Signore è l’unico che conosce il cuore di ogni essere umano e ci comanda di amare tutti, perché tutti ai Suoi occhi hanno un valore immenso.
A questo proposito Presidente Oaks ha detto:
“Allo stesso modo, non dovremmo cedere terreno nel vivere e difendere i comandamenti di Dio, ma per rispecchiare appieno l’amore di Dio, dobbiamo altresì amarci a vicenda in maniera così aperta e completa da far sì che nessuno si senta abbandonato, da solo o senza speranza.”
Quindi, dobbiamo amare tutti. E questo è abbastanza chiaro. Ma come possiamo mostrare questo amore in modo pratico?
Ecco alcuni suggerimenti su cose che possiamo fare e (soprattutto) non fare per essere un buon amico e alleato LGBTQ+.
Non giudicare
Una cosa che sicuramente possiamo e dobbiamo non fare è giudicare. Come è stato detto molte volte, solo il Padre celeste conosce ciò che risiede nel cuore di ognuno dei suoi figli.
Le scritture ci insegnano che dobbiamo giudicare tra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, ma questo non ci da il diritto di speculare in merito ai motivi per cui una persona agisce in un certo modo o è in un certo modo.
Come ha detto fratello Eric D. Huntsman durante un devozionale alla BYU, accettare gli altri non significa condonare o conformarsi alle loro convinzioni o scelte, ma semplicemente permettere alla realtà della loro vita di essere diversa dalla nostra.
Anche se questa realtà implica un diverso modo di guardare, agire, sentire o sperimentare la vita rispetto al nostro, rimane un fatto immutabile che essi sono figli di genitori celesti amorevoli e che lo stesso Gesù ha sofferto ed è morto per loro e per noi.
Non solo per le nostre sorelle e fratelli LGBTQ+ ma anche per molti altri, la scelta di amare può letteralmente fare la differenza tra la vita e la morte.
Questo ci porta al secondo punto
Non far sì che la persona si senta “sbagliata”
È importante ricordare che l’omosessualità di per sé non è un peccato.
Come ha dichiarato la prima presidenza sul sito ufficiale della Chiesa “identificarsi come gay, lesbica o bisessuale o provare attrazione verso persone dello stesso sesso non è un peccato e non proibisce a nessuno di partecipare alla vita della Chiesa, di detenere delle chiamate o di andare al tempio.”
Può essere sbagliato ciò che facciamo, ma non dovremmo mai vergognarci di quello che “siamo”. Con il rischio di suonare ripetitiva siamo figli di un Padre perfetto che ci ama infinitamente.
Dovremmo sempre ricordarlo a noi stessi e a coloro che si identificano come LGBTQ+. Possiamo e dobbiamo aiutarli a vedere questa natura divina insita in loro. Aiutarli a sentirsi normali e accettati nel modo in cui ci rapportiamo a loro.
Mostrare empatia
Quando siamo liberi da ogni pregiudizio è molto più semplice mostrare empatia.
Probabilmente non saremo mai in grado di capire al 100% ciò che la persona davanti a noi possa provare o attraversare.
Tuttavia, se saremo disposti ad ascoltare, con le orecchie ma anche e soprattutto con il cuore, lo Spirito potrà guidarci nella scelta della parole da dire e quelle da non dire.
Ciò richiederà flessibilità e sensibilità da parte nostra, e soprattutto che ascoltiamo tanto quanto parliamo, se non di più. È naturale commettere errori quando ci troviamo in una situazione che non abbiamo mai affrontato in precedenza.
A causa di ciò, a volte ci comportiamo in modo predefinito per evitare situazioni scomode quando non sappiamo cosa dire. Oppure, nel tentativo di trovare un terreno comune, spostiamo la conversazione sulle nostre esperienze, piuttosto che ascoltare o dare risposte di supporto.
Questo non dovrebbe verificarsi. Dobbiamo ricordare che il nostro interlocutore è il centro delle nostre attenzioni e della nostra preoccupazione.
Dovremmo inoltre comprendere che mostrare empatia non significa compromettere i principi in cui crediamo.
Non sentirsi in dovere di “aggiustare” la persona in questione
Perchè non c’è proprio nulla da aggiustare. Sono tante le cose che non conosciamo sull’orientamento sessuale e l’attrazione verso lo stesso sesso.
Una cosa che però sappiamo è che non è una scelta, e soprattutto non è una fase transitoria. Cercare di “aggiustare” questa condizione porterà semplicemente la persona a sentirsi sbagliata, che è proprio ciò che vogliamo evitare.
In secondo luogo, faremmo bene a guardare ai nostri errori e le nostre mancanze, e se proprio c’è qualcosa che vogliamo aggiustare dovrebbero essere i nostri comportamenti sbagliati.
Inoltre, l’unico che è davvero in grado di aggiustare le cose, che sia un cuore infranto, un animo dolente, una mente debole o una malattia, è il Salvatore.
Non fare i dottori della legge
Una tentazione potrebbe essere quella di ergerci a dottori della legge e tenere dei simposi sui come e i perché del piano di Salvezza e delle varie dottrine relative al matrimonio e alla famiglia.
Se un nostro amico e familiare, che è anche un membro della chiesa, è LGBTQ+ conosce già tutto quello che potremmo insegnargli/le sulle dottrine.
Molto spesso, per queste persone è difficile capire quale sia il loro posto o il loro ruolo all’interno del piano di felicità del Padre Celeste. La verità è che, nonostante la conoscenza evangelica che abbiamo, non possediamo tutte le risposte.
Ciò che sappiamo è che nel Regno di Dio c’è posto per tutti, ma sta a loro, nel loro rapporto personale e intimo con Dio, trovarlo e capire come conciliare questa parte così importante della loro identità con la propria fede. Noi possiamo soltanto offrire il nostro sostegno durante questo processo.
Anziano M. Russell Ballard ha detto:
“Desidero che chiunque è un membro della Chiesa, che è gay o lesbica, sappia che credo fermamente ci sia un posto per voi nel regno e che riconosco che talvolta può sembrare difficile per voi vedere quale sia il vostro posto nella Chiesa del Signore, ma ce lo avete.
Dobbiamo ascoltare e comprendere ciò che i nostri fratelli e sorelle LGBT stanno provando e attraversando.
Sicuramente, dobbiamo fare meglio di quanto abbiamo fatto in passato affinché tutti i membri sentano di avere una casa spirituale dove i loro fratelli e sorelle li amano e dove hanno un posto per rendere il culto e servire il Signore”
Evitiamo di dare consigli a meno che non siano espressamente richiesti.
Più che delle nostre ramanzine, quello di cui i nostri fratelli e sorelle LGBTQ+ hanno bisogno è che siamo lì per loro.
Onorare il libero arbitrio altrui
Il professore Huntsman continua:
“Abbiamo ricevuto il comandamento di amare il nostro prossimo come noi stessi, e quando si tratta del nostro prossimo non esistono emarginati.
Forse cosa ancora più importante, quando i nostri amici santi si trovano ai ‘margini’ o fuori dagli schemi della definizione comune di ‘membro’, non dovrebbero mai ritrovarsi ai margini o al di fuori dei confini della nostra amicizia e della cerchia del nostro amore.”
Essere un vero alleato LGBTQ+, e lasciatemi aggiungere un vero discepolo di Gesù Cristo, vuol dire lasciare alle persone la libertà di fare le proprie scelte, senza negare il nostro amore e la nostra empatia, anche quando queste scelte si allontanano da ciò in cui crediamo e dalla nostra concezione di vita.
Se la persona in questione decide di lasciare la Chiesa per via del proprio orientamento sessuale, non biasimiamola. Non giudichiamola. Continuiamo ad offrire il nostro amore, il nostro sostegno e facciamo sì che possiamo essere per lei un luogo sicuro e un rifugio.
Diventare un alleato LGBTQ+ è un processo da fare insieme
Sicuramente c’è molto di più che possiamo fare per sostenere i nostri amici e familiari appartenenti alla comunità LGBTQ+. C’è molto altro da imparare, da comprendere e accettare.
Ogni persona è diversa. Ogni percorso è diverso. Queste sono solo alcune delle cose che ho imparato in queste settimane ascoltando vari punti di vista di persone che vivono questa realtà ogni giorno.
Quello che però spero possa cambiare e possa essere compreso dalla comunità religiosa di cui faccio parte è che La Chiesa di Gesù Cristo dovrebbe essere per i nostri fratelli e sorelle LGBTQ+ il luogo più sicuro in cui rifugiarsi, e non un luogo di vergogna, imbarazzo e confusione.
Come ha detto Anziano Quentin L. Cook:
“Come chiesa, nessuno dovrebbe essere più amorevole e compassionevole di noi. È nostro dovere essere in prima linea nell’esprimere amore, compassione e assistenza.
Non permettiamo che le famiglie escludano o manchino di rispetto a coloro che scelgono uno stile di vita diverso come risultato dei propri sentimenti riguardo al proprio genere.”
In altre parole, come veri discepoli di Gesù Cristo e seguaci del Salvatore facciamo in modo di essere degli alleati e uno spazio sicuro.
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