A cosa vi fa pensare il termine consacrazione? Ai pionieri che abbandonarono tutti i loro possedimenti ed emigrarono verso ovest affrontando le intemperie di un gelido inverno per seguire il consiglio del profeta di stabilire Sion?
O sempre agli stessi pionieri che dedicarono ogni loro bene, tempo e fatica per edificare un tempio che poco dopo avrebbero dovuto lasciare?
Oppure ancora ad Alma il giovane che abbandonò il seggio del giudizio (ovvero l’incarico di giudice supremo) per dedicarsi interamente al ministero?
Sicuramente questi sono tutti ottimi e nobili esempi di “consacrazione” ma consacrare la propria vita a Dio non necessariamente richiede sempre dimostrazioni estreme di sacrificio.
Ci sono tante piccole cose che possiamo fare ogni giorno per essere un passo più vicini al Salvatore.
Spesso dimentichiamo un importante aspetto della consacrazione, di cui vorrei parlare in questo articolo. In che modo i nostri talenti ci avvicinano al Salvatore?
I nostri talenti sono un dono di Dio
Qualche tempo fa, scrollando il feed di un noto social network, sono incappata in uno di quei video motivazionali stile Goalcast che mi ha dato modo di riflettere.
Il video riportava l’esperienza di un barbiere statunitense che nel “tempo libero” aveva deciso di dedicarsi ai senzatetto tagliando loro barba e capelli a titolo gratuito.
Ciò che mi ha colpito di più, oltre al gesto oltremodo nobile di questo barbiere, è ciò che lui dice alla fine del video:
“Ciò che siamo destinati a fare come esseri umani è trovare i nostri talenti e attraverso di essi fare del bene all’umanità”.
Le sue parole hanno riportato alla mia mente un’altra storia che un po’ tutti conosciamo, quella della parabola dei talenti:
Poiché avverrà come di un uomo il quale, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servitori e affidò loro i suoi beni;
e all’uno diede cinque talenti, a un altro due, e a un altro uno; a ciascuno secondo la sua capacità; e partì.
Subito, colui che avea ricevuto i cinque talenti andò a farli fruttare, e ne guadagnò altri cinque.
Parimente, quello de’ due ne guadagnò altri due.
Ma colui che ne avea ricevuto uno, andò e, fatta una buca in terra, vi nascose il danaro del suo padrone. (Matteo 25:14-18)
Sappiamo tutti cosa succede in seguito. Il padrone fa ritorno e viene a sapere quanto accaduto.
Compiaciuto dal servitore che aveva guadagnato altri cinque talenti e da quello che ne aveva guadagnati altri due promette: “Ti costituirò sopra molte cose, entra nella gioia del tuo Signore”.
Il servitore timoroso che aveva invece nascosto il suo unico talento lo redarguisce chiamandolo servo malvagio ed infingardo, privandolo di quell’unico talento che gli era stato concesso.
Abbiamo il dovere di coltivare e condividere i nostri talenti
Come membri della Chiesa di Gesù Cristo sappiamo che la vita e il progresso ad essa connesso non sono cominciati su questa terra.
Sappiamo che, in quanto figli di spirito di Dio abbiamo cominciato ad imparare e progredire in quello che conosciamo come mondo degli spiriti.
Abbiamo acquisito competenze, abilità e talenti prima ancora di nascere che abbiamo portato con noi una volta iniziato il nostro viaggio terreno.
Possediamo un potenziale terreno che ci permetterà di compiere cose inimmaginabili se lo mettiamo a frutto.
Il Padre celeste ci conosce fino in fondo, conosce i nostri talenti e le nostre capacità meglio di chiunque altro, sa ciò che possiamo diventare e soprattutto desidera che utilizziamo i talenti che ci ha donato per benedirci a vicenda.
Questo è lo scopo ultimo dei talenti.
In Dottrina e Alleanze 82:18 il Signore ci ammonisce:
E tutto ciò a beneficio della chiesa del Dio vivente, affinché ognuno accresca il suo talento, affinché ognuno guadagni altri talenti, sì, anche il centuplo, per essere messi nel magazzino del Signore, per diventare proprietà comune dell’intera chiesa.
Il Signore ci sta dicendo che dovremmo mettere i nostri talenti a disposizione del “Suo magazzino” e che così facendo, proprio come nel caso della parabola dei talenti, potremo guadagnarne altri, addirittura il “centuplo”.
Ma tornando alla questione “consacrazione”, in che modo i nostri talenti possono aiutarci a diventare più consacrati a Dio? Tra il termine “talento” e il termine “consacrazione” c’è una parola chiave che fa da ponte, ovvero “servizio”.
Ma procediamo per gradi. Prima di poter benedire gli altri con i nostri talenti è necessario scoprire quali siano e lavorare duro per coltivarli.
Molti credono che un talento possa definirsi tale solo se comporta qualcosa che si è in grado di “fare” in senso artistico o manuale, come ad esempio la capacità di cantare, ballare, suonare uno strumento, dipingere, scattare delle belle foto o tutto ciò che riguarda il fai da te e affini.
In realtà ci sono talenti invisibili, più difficili da riconoscere, che però sono in grado di benedire ed arricchire la vita di chi li possiede e di chi ne trae beneficio, come la pazienza, un orecchio disposto ad ascoltare, un cuore amorevole, la capacità di pronunciare preghiere sentite e sincere o una fede incrollabile.
Tutti noi dovremmo sforzarci di sviluppare questo tipo di talenti ma ci sono persone che hanno un’inclinazione naturale verso di essi.
Coltivare mediante lo studio e il duro lavoro
Durante un devozionale tenuto alla BYU nel lontano agosto del 1986, l’allora membro della presidenza dei Settanta, Anziano Franklin D. Richards, insegnò che per sviluppare adeguatamente i nostri talenti è necessario essere disposti a pagarne il prezzo, prezzo fatto di studio, fede e costanza. Insegnò inoltre che:
Il progresso eterno comporta lo studio continuo.
Una maggiore conoscenza genera una maggiore fiducia in sé stessi che a sua volta genera fede, e la fede scaccia la paura. Pertanto vi incoraggio a non smettere mai di studiare—poiché è una parte importante dello sviluppo dei vostri talenti.
Dovremmo apprezzare il fatto che i talenti si sviluppano quando li utilizziamo, e non cresceranno e non si moltiplicheranno a meno che non vengano utilizzati.
Questo principio viene chiaramente insegnato nelle parabole del Salvatore. Mentre sviluppiamo i nostri talenti, dovremmo sviluppare uno spirito di condivisione e altruismo, non soltanto con coloro che ci sono più vicini ma con tutti i figli di Dio[…].Il Signore desidera che godiamo dei nostri talenti, ma si aspetta che li usiamo per la gioia e il beneficio degli altri e per edificare il regno di Dio.
Da questo comprendiamo che la condivisione è un elemento essenziale dello sviluppare i nostri talenti, e che il servizio che rendiamo attraverso di essi è ancora più importante agli occhi del Signore.
Se avremo un cuore e una mente ben disposti al servizio il Signore ci fornirà quelle opportunità che ci permetteranno di condividere i nostri talenti e le nostre abilità con chi potrebbe averne più bisogno.
L’importanza del servizio
Durante un devozionale tenuto alla BYU nel 2014, parlando del servizio sorella Sherry Patten Palmer ha sottolineato quanto incida il nostro atteggiamento.
Siamo disposti a servire il prossimo anche quando è più “scomodo farlo”? In buona misura sono le circostanze entro le quali svolgiamo il nostro servizio che daranno valore a ciò che facciamo.
Quando entriamo nelle acque battesimali, facciamo alleanza di “piangere con quelli che piangono e confortare quelli che hanno bisogno di conforto”, ma comprendiamo realmente le implicazioni di tale alleanza?
Siamo davvero disposti a soccorrere chi è nel bisogno anche quando non abbiamo tempo o quando questo ci porta ad uscire dalla nostra zona di comfort? Sorella Patten ha detto:
Quando serviamo con il giusto spirito, pratichiamo la consacrazione.
Stiamo consacrando il nostro tempo, le nostre capacità fisiche, e le nostre benedizioni materiali agli altri—ed essenzialmente al Signore. Il servizio nella nostra vita è simile ad un gradino: il modo in cui noi concepiamo o affrontiamo il servizio determinerà la dimensione di tale gradino. È un aiuto o un ostacolo al nostro progresso eterno?
Con molta probabilità, il Signore ci fornirà delle opportunità di servire il prossimo quando meno ne avremo voglia.
Non perché sia un Padre dispettoso o che si diverte a “metterci i bastoni tra le ruote”, ma perché vuole vedere fino a che punto siamo disposti a seguirLo e a tenere fede alle alleanze che abbiamo stipulato.
Vivere queste opportunità di servizio con gioia o con riluttanza dipende il larga misura da noi e dal nostro atteggiamento.
Se il nostro obiettivo sarà quello di consacrare il nostro tempo, i nostri averi e i nostri talenti a Dio e alla Sua opera, con il tempo, e se ci impegniamo affinché questo avvenga, svilupperemo una propensione naturale a tendere una mano quando qualcuno ne avrà bisogno.
La gioia che deriva dal servizio
Come ci insegnano le scritture, sappiamo che non dobbiamo essere dei servitori indolenti, possiamo e dovremmo ricercare di nostra spontanea volontà delle opportunità per aiutare il prossimo.
Quando il nostro obiettivo è quello di benedire le vite degli altri con i nostri talenti, proveremo più gioia nel servire perché lo faremo facendo qualcosa che ci piace.
Questo vale anche per il nostro percorso scolastico e professionale. Possiamo porci l’obiettivo di trovare qualcosa in cui siamo bravi, qualcosa che amiamo, e decidere di consacrare i nostri sforzi e le nostre azioni per l’altrui benessere.
Se siamo indecisi su quale percorso intraprendere sia da un punto di vista educativo che professionale potremmo chiederci: cosa posso fare che benedirà la vita di coloro che mi stanno attorno?
Cosa potrei fare che mi permetterà di contribuire ad edificare il regno di Dio sulla terra?
Indipendentemente dalla natura dei nostri talenti, da quanto piccoli o grandi possano essere ( o pensiamo che siano), il Padre celeste apprezzerà qualunque nostro sforzo di servire i Suoi figli e ci benedirà donandocene di nuovi.
I missionari sono un grande esempio di consacrazione. Essi dedicano dai 18 (per le ragazze) ai 24 (per i ragazzi) mesi della loro vita interamente al servizio di Dio.
Lasciano le proprie famiglie, i propri amici, mettono da parte i propri studi per imbarcarsi in questa tanto impegnativa quanto meravigliosa esperienza e condividere ciò che sanno e in cui credono con tutti i figli di Dio.
E lo fanno tutti in modo diverso e personale; ognuno di essi ha dei doni e delle capacità che rende il proprio servizio unico e gli permette di trovare una connessione con le persone che li facilita nel condividere il Vangelo.
Chi con la musica, chi con l’arte, chi con il cibo. Chi non ha mai mangiato i famosi brownies o i biscotti al cioccolato appena sfornati dalle sorelle o dagli anziani?
In questo periodo di pandemia, nonostante le restrizioni dovute al distanziamento sociale, sono rimasta meravigliata dagli innumerevoli video di giovani missionari talentuosi che con molta creatività ed inventiva stanno trovando dei modi originali per svolgere il lavoro missionario.
Quando anche io ero una giovane missionaria cercavo di includere la musica in molte delle mia attività giornaliere. Amo molto cantare e per fortuna ho sempre avuto delle colleghe che condividevano questa passione.
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Tante volte ci siamo ritrovate a cantare degli inni durante le attività in chiesa, a casa con le persone, per strada sotto le feste natalizie, persino in una stanza d’ospedale.
I miei studi in ambito linguistico, invece, mi hanno spesso permesso di fare da tramite con qualcuno che non parlava la nostra lingua o di avviare un corso di Italiano per un gruppo di stranieri che da poco viveva nella città in cui stavo servendo in quel momento.
Quelli erano i momenti in cui ho più sentito la gioia del servizio e l’amore del Padre celeste per i Suoi figli.
Non tutti svolgono una missione, ma tutti sono chiamati a coltivare i propri talenti e a condividerli con il prossimo. Il presidente Thomas S. Monson ha detto:
Credo che il Salvatore ci stia dicendo che a meno che non perdiamo noi stessi nel servire gli altri, la nostra vita avrà ben poco valore.
Coloro che vivono solo per se stessi alla fine riducono il loro spirito e, metaforicamente, perdono la loro vita, mentre quelli che perdono se stessi nel servizio reso agli altri crescono e fioriscono, e di conseguenza salvano la propria vita.
(“Cosa ho fatto oggi per il prossimo?”, Thomas S. Monson, Conferenza Generale di Ottobre 2009)
Sono pienamente convinta che se coltiviamo i nostri talenti e li condividiamo servendo il nostro prossimo troveremo grande pace, felicità, gioia e appagamento.
E voi? Quali sono i vostri talenti? In che modo condividerli con gli altri vi ha permesso di benedire la vita di coloro che vi circondano? Raccontatecelo nei commenti!
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