La parabola conosciuta come la storia del Figliol Prodigo (vedere Luca 15:11-32) potrebbe essere più utilmente intitolata la storia del Padre Retto di due Figli.
Ci insegna che Cristo copre il ruolo di Padre come Creatore di questa terra, come Capo di coloro che hanno accettato il suo Vangelo e come Colui che ha reso possibile la nostra resurrezione – la nostra rinascita spirituale e la nostra salvezza fisica.
Il dizionario online Treccani fornisce diverse definizioni della parola prodigo. La prima indica il modo in cui normalmente pensiamo al figlio minore della storia:
“Che spende o dona senza misura, con prodigalità eccessiva”.
Ma la seconda definizione descrive il padre: “Che dà senza parsimonia, con generosità e altruismo, riferito a cose non materiali”.
Quindi, tenendo conto di questa generosità, potremmo anche chiamare questa parabola, la parabola del Padre Prodigo.
La parabola del figliuol prodigo: il rapporto tra padre e figli
Il ritratto che Gesù ci fornisce di questa famiglia è necessariamente ampio. Non sappiamo nulla della vita che i due figli avevano condotto prima che il figlio minore manifestasse il suo desiderio di lasciare la famiglia.
Non abbiamo alcuna visione dei pensieri e delle aspettative di quest’ultimo, quindi l’immagine che abbiamo di lui all’inizio è unidimensionale. Tutto ciò che sappiamo inizialmente è che ha sprecato le sue risorse con una vita dissoluta.
Un amico e studioso, David Butler, ha detto che quando il figlio minore chiede, mentre il padre è ancora in vita, la quota di proprietà che gli spetterebbe alla morte di questi, sta dicendo in pratica: “Vorrei che tu fossi morto”.
Eppure, il padre apparentemente liquida i beni per realizzare ciò che questo figlio a prima vista scortese e ingrato chiede.
Non è mai capitato anche a noi di desiderare una ricompensa prima che fosse pienamente dovuta?
La prima lezione che la parabola ci insegna su Cristo come Padre è che Egli agisce con amore verso di noi anche quando il nostro amore per Lui si è raffreddato (e una seconda lezione potrebbe essere che dovremmo fare attenzione a ciò che gli chiediamo, perché potrebbe esaudirci).
Un’altra immagine di Cristo come Padre appare quando vediamo con gli occhi del pensiero questo patriarca abbondante, generoso e amorevole che sta alla finestra a guardare la strada, con la speranza e la fede che suo figlio ritorni; forse trascorre giornate intere sul punto più alto della sua proprietà aspettando, sempre aspettando, quel momento tanto desiderato in cui colui che è perduto tornerà a casa.
L’Anziano Jeffrey R. Holland ha detto:
“La tenera immagine del padre fedele e ansioso che corre incontro a questo ragazzo e lo copre di baci è una delle scene più toccanti e compassionevoli di tutte le sacre Scritture.
Dice a ogni figlio di Dio, caparbio o meno, quanto Dio desideri che noi ritorniamo tra le Sue braccia protettive.”
Una lezione sull’amore incondizionato
Il fatto che il padre non aspetti che il figlio lo raggiunga, né cammini con il passo maestoso di un uomo di rilievo, ma corra a bagnare con le sue lacrime colui che si è perso, è un’altra lezione sul ruolo di Padre di Cristo: Egli è sempre entusiasta di accogliere ogni nostro passo verso di Lui; è sempre vigile, sempre gioioso quando Lo cerchiamo.
Per far sì che questa verità sia ben radicata, pensiamo per un momento all’opposto, all’antitesi dell’amore incondizionato di questo padre.
Forse, negli ingrati anni delle scuole medie vi sarà capitato di vedere i vostri compagni di scuola evitare gli altri perché temevano che la loro posizione sociale potesse essere sminuita se fossero stati visti comportarsi in modo troppo amichevole, troppo gentile con coloro che venivano etichettati come “perdenti”.
Eravate voi quelli che evitavano, o che venivano evitati, o coloro che osservavano silenziosamente, con disagio ma inerti? Come me, in diverse circostanze e tempi, probabilmente avete ricoperto ciascuno di questi ruoli.
Sappiamo quindi quanto sia facile, quanto sia umano, parcellizzare una misera dose di amore che è assolutamente condizionata dalla nostra visione dei meriti di chi la riceve.
Questo padre, però, questo tipo e simbolo di Cristo Padre, dà un’accoglienza entusiasta e tenera, e lo fa prima che il figlio possa aprire bocca.
Questo padre non ha aspettato di ascoltare confessioni, parole di pentimento, proclamazioni di rammarico e richieste di perdono.
Questo padre non permette che il figlio lo implori di diventare suo servo. Questo figlio, abbondante di difetti ed errori (simbolo e tipo di ciascuno di noi), viene accolto dal padre come figlio e di nuovo come erede.
Anche Cristo come Padre ci riveste del suo amore perfetto, ci dona il perdono e la misericordia duramente conquistati nel Giardino del Getsemani e sulla croce del Calvario, a fronte di ogni segno di penitenza e di ogni desiderio di diventare migliori.
Ci può essere un modo più profondo per dimostrare che il Suo amore è incondizionato e che quando il cuore cambia, il passato viene dimenticato e si riceve un’eredità gloriosa?
La parabola del figliuol prodigo: La reazione del fratello maggiore
Quando il figlio maggiore appare nella storia, scopriamo ancora di più la grandezza e il carattere del padre. Egli allontana la rabbia fuori luogo di questo figlio con parole dolci e tenere, parole che tutti noi preghiamo di sentire un giorno:
“Figliuolo, tu sei sempre meco, ed ogni cosa mia è tua” (Luca 15:31).
Naturalmente, una cosa meravigliosa che sappiamo del nostro Padre Celeste e di Cristo come Padre è che ognuno di loro darebbe la stessa gloriosa benedizione e promessa anche al figlio minore.
Leggendo la reazione che ha il figlio maggiore quando si accorge dei suoni di giubilo e di allegria, e forse anche dell’odore del vitello grasso sullo spiedo, mi viene in mente un’esperienza che ho avuto quando ero studente universitario e facevo da babysitter ad alcuni dei miei nipoti, quando i loro genitori uscivano di sera.
Una nipote, che all’epoca aveva circa 4 o 5 anni, aveva sviluppato l’abitudine di rimandare il più possibile l’inevitabile momento della nanna.
Avevo mandato a letto tutti i bambini di sopra e stavo lavando i piatti e pulendo la cucina. Questa nipotina apparve più volte, prima per bere un po’ d’acqua, poi per fare una domanda, poi per chiedere un’altra storia.
Alla fine le dissi con fermezza di andare a letto. Si sedette per un po’ sul gradino più basso delle scale a piangere e alla fine andò in camera sua.
Dopo circa mezz’ora di silenzio, mi avvicinai in punta di piedi alla sua stanza per vedere cosa stesse facendo.
Quando arrivai vicino al suo letto, vidi che aveva le braccia ben conserte sul petto, con il labbro inferiore spinto in fuori in un broncio – e stava dormendo profondamente!
È facile aggrapparsi alla frustrazione, come fece mia nipote quella sera e come sembra fare il fratello maggiore della parabola.
Se ognuno di noi si ricorda di momenti nella propria vita in cui si è trovato nella posizione del figliuol prodigo, credo che possiamo anche pensare a momenti in cui ci siamo trovati nei panni di quello maggiore.
Non vogliamo tutti essere riconosciuti per il nostro buon lavoro? Per la nostra lealtà e affidabilità?
Se i riflettori si accendono su chi pensiamo abbia fatto meno di noi, o per meno tempo, o con meno ostacoli davanti a sé, ci capita talvolta di sentire il sangue ribollire?
O forse ci siamo abituati a ricevere rispetto e apprezzamento per la nostra fedeltà e ci sentiamo giustificati ad aspettarci che gli altri riconoscano il nostro contributo.
È come se le fotocamere degli smartphone della nostra vita fossero in modalità “autoscatto” permanente, sempre rivolte verso di noi piuttosto che verso il mondo che ci circonda.
Possiamo persino pensare di dimostrare la nostra lealtà, in questo caso verso il padre, trattando male coloro che riteniamo lo abbiano umiliato.
Quando avevo 10 o 11 anni, la nostra famiglia viveva a Glenview, nell’Illinois.
Di fronte a noi vivevano una madre e una figlia che si erano unite alla Chiesa poco dopo il nostro trasferimento, ma che ora si erano trasferite alle Hawaii.
In cambio, erano arrivati un padre e i suoi figli piuttosto indisciplinati.
Un giorno, mia madre mi disse che uno dei ragazzi aveva fatto un gestaccio con un dito e aveva detto qualcosa di poco carino mentre usciva dal nostro vialetto.
Qualche giorno dopo, uno di questi ragazzi bussò alla nostra porta e, quando risposi, mi chiese se poteva prendere in prestito dello zucchero (se ricordo bene).
Gli dissi con disprezzo che, poiché avevano mancato di rispetto a mia madre, non avrei dato loro nulla. Quando mamma tornò a casa quel giorno, ero ansioso di raccontarle come avessi difeso il suo onore. Lei mi guardò con occhi tristi e disse:
“Oh, penso che abbiano una vita difficile e se hanno bisogno di cibo è giusto che li aiutiamo”.
Passai immediatamente dal sentirmi un giustiziere alla consapevolezza di averla invece delusa.
Quando attraversai la strada portando con me lo zucchero, mi fu detto bruscamente che non ne avevano più bisogno, e un rapporto che avrebbe potuto essere utile a tutte le parti coinvolte era morto prima ancora di nascere.
Quel ricordo mi perseguita ancora.
La lezione che imparai da mia madre non fu semplicemente che dovremmo sempre condividere il nostro cibo con chi ne ha bisogno, ma, cosa più importante, che la cattiva condotta di un altro non ci dà il diritto di non rispondere in modo gentile.
Gesù ha insegnato che un discepolo porge l’altra guancia, percorre il secondo miglio, “Da’ a chi ti chiede, e a chi desidera da te un imprestito, non voltar le spalle” (Matteo 5:42).
Nella chiamata del Maestro mia madre ha sentito l’opportunità di sviluppare l’amore, anche per coloro che inizialmente la vedevano sotto una luce meno gentile.
Più per gli altri non vuol dire meno per noi
In questa parabola appare evidente che, sebbene il figlio maggiore possa amare il padre, l’amore non è il catalizzatore del suo lavoro e dei suoi sforzi.
Nel suo mondo, dividere le ricchezze è un gioco a somma zero: qualsiasi cosa data al fratello significa qualcosa in meno per lui. Per citare ancora una volta l’anziano Holland:
“Uno che era stato fino a quel momento presumibilmente molto felice della sua vita e contento della sua sorte, improvvisamente si sente infelice solo perché anche un altro ha avuto fortuna.
Chi sussurra così sottilmente nel nostro orecchio che un dono dato a un altro in qualche modo sminuisce ciò che abbiamo ricevuto?
Chi ci fa sentire che se Dio sorride a un’altra persona allora sicuramente in qualche modo deve essere accigliato con noi? Voi ed io sappiamo chi fa questo, il padre di tutte le menzogne.”
Il figlio maggiore quale pensava dovesse essere la ricompensa per le sue fatiche e per il suo ruolo di figlio fedele e casalingo?
Qualunque cosa fosse, in qualche misura sarebbe stata insufficiente ai suoi occhi se fosse stata data anche al fratello. Sembra che egli avesse riposto la sua fede in un vangelo di scarsità.
Impariamo da Cristo come Padre che il Suo amore non diminuisce quando viene condiviso in modo equo. Ogni destinatario è invitato a ricevere tutto ciò che il Padre ha da dare.
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Impariamo che la Sua disponibilità a perdonare, la Sua grazia di incontrarci dove siamo e di sollevarci, la Sua misericordia e la Sua compassione sono pienamente a disposizione di ognuno di noi.
Impariamo che la Sua bontà è senza limiti, un pozzo che non si esaurirà mai. Non c’è una curva di valutazione: se uno ottiene la vita eterna non significa che un altro, o mille, debbano ricevere una gloria minore.
La vita eterna, che è una descrizione della qualità e non della durata della vita di Dio, non è un gioco a somma zero. Nella Sua casa c’è solo abbondanza.
L’obiettivo e lo scopo di Cristo Padre è che ogni singolo individuo nato nella vita mortale ritorni e sia esaltato, per godere del tipo di vita di cui gode Lui, per sempre. Impariamo da Lui.
La parabola del figliuol prodigo: storia dell’amore di un padre è stato originariamente scritto da Tom Christofferson ed è stato pubblicato su ldsliving.com, intitolato What we can learn from the father of the Prodigal Son about love. Italiano ©2023 LDS Living, A Division of Deseret Book Company | English ©2023 LDS Living, A Division of Deseret Book Company.
Parlare di esaltazione, ci è stato comandato di sposarci nella casa del Signore. Riguardo al figliol prodigo, se queste fossero le vie del Signore, allora Cristo l’unico uomo senza peccato, potrebbe passare al secondo posto nella stima del Padre, davanti ai peccatori pentiti. L’irritazione del figlio maggiore per la festa tenuta per il ritorno del figlio traviato è una dimostrazione di grettezza, ma dei due fratelli il maggiore era il più fedele, a dispetto dei piccoli difetti che aveva. – Dal Gesù il Cristo di Talmage, pagine 342 e 343.