Una volta ho sentito qualcuno dire: “Alla gente va bene che tu abbia la tua propria opinione, fino a quando è anche la sua”.
Questa frase mi ha davvero colpito quando l’ho sentita e ha echeggiato ripetutamente nella mia testa mentre ascoltavo parole di odio, malizia e rabbia arrivare da entrambi i lati dello spettro politico.
È buffo, a me sembra che in questo mondo in cui la tolleranza viene apparentemente onorata e lodata più che mai, la gente stia diventando sempre più intollerante.
Forse perché qualcuno laggiù si sta divertendo a confondere il vero significato delle parole con qualcosa di più popolare e facile da vivere.
Tolleranza: cosa significa?
Ecco il problema: tolleranza non significa semplicemente tollerare qualcuno che ha la tua stessa opinione. Così è facile, sappiamo farlo tutti.
Essere tolleranti significa essere rispettosi e gentili verso coloro che hanno delle opinioni diverse dalla tua.
Proprio per definizione essa non si applica a coloro che le pensano come te, ma a coloro che la pensano diversamente.
Non significa condonare o approvare, ma semplicemente vivere in pace e mostrare gentilezza verso coloro che non condividono il tuo pensiero.
Significa vivere in amore ed armonia, invece che nell’odio e nella contesa.
Non riesco neanche a concepire il numero di post che ho visto sui social media di persone che condannano quelli che hanno fatto una scelta politica diversa dalla loro.
La quantità di insulti, imprecazioni, odio e litigi che ho visto è qualcosa che mi fa star male solo a pensarci, perché questo comportamento è opposto alla tolleranza.
Quando ho cercato la definizione di tolleranza su Google, non ho visto nessun articolo che definiva la tolleranza come “sminuire, bullizzare, svergognare o umiliare coloro che vedono le cose in modo diverso dal tuo”.
Ma forse mi sbaglio io, chi lo sa.
Tolleranza e approvazione
Dallin H. Oaks, in un devozionale del Sistema Educativo della Chiesa intitolato “Verità e tolleranza”, portò ad esempio la tolleranza di Cristo verso la donna colta in adulterio, di cui leggiamo nel Nuovo Testamento:
“Di fronte alla donna colta in adulterio, Gesù espresse confortanti parole di tolleranza: ‘Neppure io ti condanno’.
Quindi, accomiatandola, pronunciò maestose parole di verità: ‘Va’ e non peccar più’ (Giovanni 8:11).
Dovremmo tutti sentirci edificati e rafforzati da questo esempio verbale di tolleranza e verità insieme: gentilezza nella comunicazione, ma fermezza nella verità.”
L’anziano Oaks ci mostra che il tono del Salvatore non era di approvazione, ma di tolleranza.
Cristo amava questa donna come figlia di Dio e riconosceva il suo valore e potenziale divini; però, nonostante il Suo tono gentile ed amorevole, è chiaro che Egli non scusava né condonava il suo comportamento peccaminoso.
Il Salvatore non aveva paura di dire la verità, ma lo faceva sempre in un modo che era ben lontano dall’essere degradante o pieno di odio.
Il suo comunicare era sempre pieno di amore e di rispetto, che è la quintessenza della tolleranza.
Simile all’ammonimento dell’anziano Oaks di essere tolleranti ma veritieri, è il consiglio dell’anziano Holland, tratto da una precedente sessione della conferenza generale:
“Siate forti. Vivete fedelmente il Vangelo anche se chi vi sta intorno non lo fa per niente”, ha consigliato. “Difendete ciò in cui credete con cortesia e con compassione, ma difendetelo.”
La gentilezza non ha data di scadenza
Recentemente, una mia conoscente mi ha detto qualcosa che mi ha lasciato sconvolta.
Stavamo discutendo le elezioni, le nostre opinioni divergevano per quanto riguardava il candidato migliore e io le ho spiegato che pensavo che le persone possono non essere d’accordo e comunque essere gentili l’una con l’altra.
Lei mi ha risposto rapidamente: “Non è il momento per la cortesia. Quel giorno è passato”.
Sono rimasta scioccata. Quel giorno è passato? Comprendo che si può non essere d’accordo, ma l’idea che la gentilezza sia condizionale o che abbia una scadenza non riesce ad entrarmi in testa.
Per me è molto semplice: non esiste giustificazione per l’odio, lo sminuire o il degradare qualcuno.
Il Signore non si comporterebbe in questo modo.
Cosa farebbe Cristo?
Cristo ci ha comandato di amare il nostro prossimo, di benedire coloro che ci maledicono; e sono la prima ad ammettere che sono ben lontana dall’essere perfetta in questo aspetto.
Non mi inginocchio ogni notte per pregare che le persone che non sono state gentili con me vincano la lotteria o simili.
Ma in tutto quello che ho studiato, non ho mai letto che Cristo abbia messo una condizione sul come trattare gli altri.
Egli ha comandato di amare il nostro prossimo, di fare agli altri ciò che vorremmo fosse fatto a noi. Non ha mai comandato:
“Siate gentili con qualcuno… a meno che egli non vi sia contrario. Allora potete trattarlo male perché se lo merita”.
Il bello della vita è che non abbiamo tutti la stessa opinione su tutto. Ti immagini se fosse così? Che noia!
Non ci sarebbe modo per migliorare o crescere: tutti avremmo la stessa opinione, nessuno metterebbe alla prova le nostre idee né penserebbe a dei modi per migliorarle.
Non dobbiamo condonare ogni cosa, né accettarla o proteggerla. Ma dobbiamo mostrare amore, perché è questo ciò che Cristo si aspetta da noi.
Conclusione
Il Signore è stato descritto come qualcuno pieno di pazienza e longanimità e, come Suoi discepoli, abbiamo promesso di essere come Lui.
Ciò significa che non manchiamo di rispetto, non siamo rudi né stizzosi, non ridicolizziamo o insultiamo coloro che la pensano diversamente, a prescindere da quanto ci sentiamo giustificati nel farlo.
Significa aiutare gli altri a conoscere il Salvatore tramite noi, anche e soprattutto quando ciò è difficile ed impegnativo.
Non lo ripeterò mai abbastanza: tolleranza non significa condonare qualcosa, né accettarla o lasciarla perdere.
Piuttosto significa essere cortesi, essere compassionevoli. Dobbiamo difendere ciò in cui crediamo, ma come ha detto l’anziano Holland dobbiamo farlo con cortesia e compassione.
Perché per quanto sembri difficile, alla fine della fiera, quando mostriamo amore e pazienza, siamo diventati un pochino più simili al Signore.
E questa è una sfida che vale la pena affrontare tutti i giorni.
Questo articolo è stato scritto da Amy Keim, pubblicato su mormonhub.com ed è stato tradotto da Stefano Nicotra.
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