Possiamo imparare molte cose dalla vita di Giuseppe d’Egitto. Principi come la fede in Dio, la fiducia nei Suoi modi e nei Suoi tempi, e nel Suo “vedere più lontano di noi”, la pazienza, il saper trarre il massimo da ogni situazione, il riuscire a costruirsi una posizione e guadagnarsi una buona reputazione grazie alla propria integrità, il saper perdonare qualcuno che ci ha fatto un gran male senza serbare rancore, per citarne alcuni.

Ma la cosa più sorprendente che impariamo attraverso uno studio attento dell’Antico Testamento, e dei modelli ricorrenti che ritroviamo al suo interno, è probabilmente quanto la vita di Giuseppe sia un simbolo ( o prefigurazione) della vita del Salvatore. 

La vita di Giuseppe come “tipo” del Salvatore

la vita di giuseppeQuando Giuseppe divenne visir d’Egitto, secondo per autorità solo a Faraone, ricevette anche un nuovo nome che il nostro apparato fonatorio ha difficoltà a pronunciare.

Si tratta di “Zaphnath-paaneah” e ciò che gli manca in chiarezza, è più che compensato dal suo significato, ovvero “salvatore del mondo”.

Sì, la sua famiglia affamata venne da Canaan, sperando di comprare il grano che Giuseppe aveva immagazzinato in Egitto durante gli anni di abbondanza, ma questo nome così difficile alla pronuncia significa molto più di questo. 

La vita di Giuseppe è un “tipo” di Cristo. Piccola digressione: la “tipologia” (intesa come studio/raccolta di tipi) è un metodo di interpretazione biblica che consiste nel cercare nel Vecchio Testamento la prefigurazione di qualcosa che poi si compie nel Nuovo Testamento.

Esso è basato sulla somiglianza tra una persona o un evento del Vecchio Testamento, definito “tipo”, e una persona o evento del Nuovo Testamento, chiamato “antitipo”. In questo senso, quindi, la vita di Giuseppe è una prefigurazione della vita e della missione salvifica del Salvatore.

Joseph Fielding McConkie, nel suo libro Gospel Symbolism, ha stilato un elenco che comprende 28 similitudini tra Giuseppe e il Salvatore. Eccone alcune tra le più importanti descritte in breve qui di seguito:

Alcuni parallelismi tra Giuseppe d’Egitto e Gesù Cristo

Giuseppe d’Egitto-3

1.Un nome nuovo  

Sia a Gesù che a Giuseppe venne concesso un nuovo nome. Zaphnath-panah è il nuovo nome che Faraone assegnò a Giuseppe dopo che questi interpretò i suoi sogni. A Gesù venne divinamente assegnato l’appellativo “Cristo”, che vuol dire “l’Unto”.

2.Il Più amato dal Padre

Entrambi erano conosciuti per essere i “prediletti” del loro padre.

Pochi versi nell’Antico Testamento sembrano più stranamente incoerenti con il grande patriarca Giacobbe che serve come modello da emulare, come quelli che ci fanno sapere che egli “amava Giuseppe più di tutti i suoi figli” (Genesi 37:3) e che era favorito rispetto ai suoi fratelli.

Coloro che mancano di intuito spirituale hanno liberamente criticato Giacobbe per questo comportamento, eppure esso rappresenta perfettamente il favoritismo mostrato dal Padre eterno al suo primogenito, di cui ha ripetutamente detto: “Tu sei il mio beneamato Figliuolo” (Marco 1:11; 9:7; 3 Nefi 11:7; JS-Storia 1:17).

3.Rivestito di autorità e potere

Entrambi furono rivestiti di autorità e potere dal loro padre”. A Giuseppe fu data una “veste di molti colori”, che è apparentemente un indumento del sacerdozio. Anche l’autorità e il potere di Gesù Gli vennero dati da suo Padre.

4.Obbediente alla volontà del Padre

Entrambi obbedirono pienamente alla volontà e ai desideri del loro padre e risposero alla loro chiamata a servire, dicendo: “Eccomi”. Questo “tipo” è piuttosto notevole.

I fratelli di Giuseppe si occupavano del gregge del padre, ma avevano interrotto le comunicazioni con lui. Giuseppe fu mandato dal padre a vedere dove fossero, solo per scoprire che avevano vagato da Sichem (“il luogo del fardello”) a Dothan.

Tale fu l’esperienza di Cristo, che trovò che i suoi fratelli incaricati di curare il gregge di suo Padre, i figli d’Israele, avevano anch’essi vagato lontano dai loro pascoli originari”.

5.Una promessa di regni e potestà

A entrambi fu promessa una sovranità futura. Può essere degno di nota il fatto che i due sogni di Giuseppe che troviamo in Genesi alludano a una doppia sovranità.

Il primo sogno riguardava “i campi” (Genesi 37:7), indicando così un dominio terreno; il secondo sogno includeva il sole, la luna e le stelle (Genesi 37:9), suggerendo un dominio celeste. Questo è a somiglianza del trionfo finale di Cristo, che sarà sia temporale che spirituale.

6.Tradito dai fratelli

Entrambi furono traditi dai loro fratelli. Era essenziale per la storia, che i fratelli di Giuseppe, nel loro tradimento, prima lo spogliassero del mantello o della veste datogli da suo padre.

Anche Cristo fu spogliato del suo mantello senza cuciture, quale simbolo del suo alto ufficio sacerdotale.

7.Tradito con ipocrisia

Entrambi furono traditi con la massima ipocrisia. “Vendiamolo agli Ismaeliti”, dissero i fratelli di Giuseppe, “e che la nostra mano non sia su di lui” (Genesi 37:27).

Quando Pilato disse agli ebrei di prendere Cristo e giudicarlo secondo la loro legge, essi risposero: “Non ci è lecito mettere a morte nessuno” (Giovanni 18:31).

8.Venduto da Giuda

Entrambi furono venduti per poche monete d’argento. Fu Giuda, suo fratello maggiore, a vendere Giuseppe per venti pezzi d’argento (Genesi 37:26-28), così come fu Giuda (l’Iscariota) a vendere Gesù per trenta pezzi d’argento (Matteo 26:15).

9.Soggetto a tentazione

Entrambi furono tentati di commettere gravi peccati, ma entrambi non cedettero alla tentazione. Quando la moglie di Potifar cercò di sedurre Giuseppe, questi rifuggì la sua presenza.

Allo stesso modo il Salvatore resistette a tutte le tentazioni cui Satana lo sottopose dopo i 40 giorni di digiuno (Genesi 39; Matteo 4:1-11).

10.Ingiustamente accusato

Entrambi furono accusati ingiustamente: Giuseppe dalla moglie di Potifar, Cristo da falsi testimoni. (Cristo non si difese dalle false accuse, e nella Bibbia non c’è traccia di un tentativo di difesa da parte di Giuseppe).

11.Fonte di conoscenza e saggezza

 Entrambi si ergevano come fonte di conoscenza divina per i loro giorni e la loro generazione. Tutta la saggezza d’Egitto aveva fallito nell’interpretare i sogni del re prima che Giuseppe venisse cercato e lo facesse con successo.

Così fu per Cristo: in Lui e in Lui soltanto risiedeva la verità per mezzo della quale l’uomo poteva essere salvato.

12.Un governatore e un re

Ad entrambi fu concesso di regnare. A Giuseppe, il faraone disse: “Secondo la tua parola sarà governato tutto il mio popolo; solo nel trono sarò più grande di te” (Genesi 41:40).

Cristo, allo stesso modo, è stato accolto nelle corti reali in cielo, dove siede alla destra del Padre con “angeli e autorità e potenze che gli sono sottomessi” (1 Pietro 3:22).

13.Un ministero che inizia a 30 anni

Entrambi avevano trent’anni quando iniziarono la missione della loro vita. “Giuseppe aveva trent’anni quando si presentò al faraone, re d’Egitto” (Genesi 41:46).

E del tempo in cui Cristo iniziò il suo ministero pubblico leggiamo: “E Gesù stesso cominciò ad avere circa trent’anni” (Luca 3:23).

14.Sconosciuto al proprio popolo

Entrambi non furono riconosciuti dal loro popolo. Quando i fratelli di Giuseppe vennero a cercare il pane di vita, non riuscirono a riconoscere che fu Giuseppe a estendere la benedizione che cercavano.

Solo dopo che lui rivelò la propria identità, lo riconobbero. ‘Io sono Giuseppe’, disse. Avvicinatevi a me…(Genesi 45:3-5). Le nostre Scritture non profetizzano forse quel giorno in cui i Giudei guarderanno il Salvatore e diranno:

“Cosa sono queste ferite nelle tue mani e nei tuoi piedi?Allora sapranno che io sono il Signore; poiché dirò loro: Queste ferite sono le ferite che mi furono fatte nella casa dei miei amici. Io sono colui che fu innalzato.

Sono Gesù che fu crocifisso. Sono il Figlio di Dio.E allora piangeranno a causa delle loro iniquità; allora si lamenteranno perché perseguitarono il loro re” (D&A 45:51-53).

15.In ginocchio dinanzi a lui

Come i fratelli di Giuseppe si inchinarono a lui in adempimento alla profezia rappresentata nel sogno dei covoni di grano, così tutti piegheranno ancora il ginocchio dinanzi a Cristo quando Egli verrà all’ultimo giorno (Genesi 43:26-28; DeA 76:110).

16.Portatore di misericordia 

Attraverso entrambi, la misericordia viene concessa a un popolo pentito. Come i fratelli di Giuseppe cercarono il suo perdono, così i fratelli di Cristo alla fine cercheranno il Suo perdono. In entrambi i casi la misericordia del cielo è concessa gratuitamente.

17.Il raduno di Israele

Dopo la riconciliazione, Israele è riunita. Quando si manifestò ai suoi fratelli, Giuseppe li incaricò di tornare e di portare il padre e le loro famiglie in Egitto. Così sarà negli ultimi giorni.

Dopo che Israele sarà tornato al suo Dio, essi, come i fratelli di Giuseppe, riceveranno un cambio di vestiario (Genesi 45:22) e saranno inviati a portare tutta la famiglia d’Israele nel regno governato da Cristo.

18.Il potere di dare la vista 

A Giacobbe malato, allora quasi cieco, il Signore disse: “Giuseppe metterà la sua mano sui tuoi occhi” (Genesi 46:4). Per mezzo di lui vedrai, per mezzo di lui sarai radunato, per mezzo di lui sarai presentato al re e ti sarà concessa una terra da cui aumenterai all’infinito”.

Allo stesso modo, il Salvatore era in grado di restituire letteralmente la vista tanto ai ciechi fisici quanto a quelli spirituali.

Il modello dei “tipi”, quali eventi che prefigurano la vita del Salvatore, costituisce una chiave di lettura fondamentale nell’interpretazione di tutto l’Antico Testamento.

Senza di esso, perdiamo gran parte del significato simbolico delle Scritture e del messaggio che Dio desidera recapitarci attraverso di esse. 

In quanto membri del casato di Israele anche a noi è chiesto di condividere parte della missione del Salvatore

12 tribu di israeleIn questi e in altri modi, la vita di Giuseppe costituisce un “tipo” di come Dio avrebbe realizzato la restaurazione dei figli d’Israele negli ultimi giorni.

Noi e voi ci troviamo nei panni di Giuseppe, discendiamo da lui, per compiere la stessa opera che lui fu chiamato a compiere: restaurare la vita di Israele.

Anche noi in qualche modo, in quanto membri del casato di Israele, condividiamo la missione di salvezza del Salvatore.

Noi, come i Nefiti, siamo un residuo della famiglia spirituale di Israele, e il tempo in cui viviamo è un tipo e una replica spirituale della storia raccontata in Genesi 42-50.

Non forniremo mais o grano per Israele, ma forniremo ciò che dà la vita eterna, il Vangelo e le alleanze del Signore Gesù Cristo.

Leggi anche: Tu vedi più lontano di me: l’esempio di fede di Giuseppe d’Egitto

La vita di Giuseppe come simbolo della missione di Gesù Cristo è stato scritto da Ginevra Palumbo.

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