Qualche settimana fa, ho fatto una camminata fino in chiesa che mi ha stremata. Sono all’ottavo mese di gravidanza, quindi stare al passo con i miei due figli di 5 e quasi 3 anni è già abbastanza difficile di per sé.
Ma questa volta il problema non è stato tanto stare al passo. Mio figlio di 5 anni aveva deciso di andare in bicicletta e ha cominciato a strillare con grande frustrazione lamentandosi di quanto fossero fastidiosi i pantaloni della domenica in bicicletta e di quanto fossero fastidiosi in generale.
In effetti, non è passato molto tempo prima che dicesse di odiare la Chiesa e di non volerci più andare. So che ha 5 anni e degenerare su un argomento non è necessariamente indice di come sarà a 19 o a 50 anni. So che sta ancora imparando a regolare le proprie emozioni.
Ma all’ottavo mese di gravidanza, qualsiasi regolazione emotiva io abbia mai avuto sembra essersi per lo più assopita e anch’io ho iniziato a pensare a cosa significasse questa sfuriata per il suo futuro spirituale.
Era già stata una mattinata difficile per i soliti motivi, ma se ne erano accumulati troppi e quando mi sono seduta sui banchi in attesa del sacramento, ho iniziato a piangere in modo incontrollato (e visibile) senza riuscire a riprendermi.
Tenevo la testa bassa come se mi stessi concentrando sull’ordinanza per cercare di nascondere le lacrime, ma il mio dolce bambino di quasi tre anni continuava a sbirciare da sotto le braccia e mi diceva a piena voce:
“Mamma, perché sei triste? Mamma, perché sei così triste?”.
Parole di speranza nel messaggio di Anziano Uchtdorf: Nessuno sforzo è sprecato
Pochi minuti dopo, quando mio figlio di 5 anni ha cominciato ad essere particolarmente irrequieto e si è reso necessario portarlo fuori, ho colto al volo l’occasione per uscire.
Lo tenevo in braccio nella stanza del nido, mentre lui premeva le mani sulle orecchie per non sentire gli altoparlanti, e mentre le lacrime continuavano a scorrere incontrollate sul mio viso.
La mia amica, che era lì ad allattare il suo bambino, non ha forzato la conversazione, ma mi ha porto la scatola di fazzoletti.
Quando è arrivato il momento di andare nella Società di Soccorso, non mi ero ancora ricomposta e non riuscivo ad andare lì dove sorelle premurose mi avrebbero chiesto cosa c’era che non andava e la sincerità della domanda avrebbe probabilmente portato altre lacrime anche se l’unica vera risposta era solo “troppi stress e troppi ormoni”.
Ma non volevo perdere la carica spirituale che avrei ricevuto dalla lezione, così ho deciso di trovare un discorso della conferenza da ascoltare mentre continuavo a nascondermi nella stanza del nido.
Il discorso che ho trovato era quello dell’Anziano Dieter F. Uchtdorf dell’aprile 2023, intitolato “Gesù Cristo è la forza dei genitori”.
Il suono della sua voce ha riempito la piccola stanza con il suo caratteristico ottimismo e la sua rassicurazione mentre condivideva un messaggio che avevo tanto bisogno di sentire.
Dio ha dato ai genitori “il sacro dovere di allevare i loro figli nell’amore e nella rettitudine, di provvedere alle loro necessità fisiche e spirituali, e di insegnare loro […] a osservare i comandamenti di Dio”.
Questo basta per tenere svegli la notte persino i migliori genitori. Il mio messaggio a tutti i genitori è questo: “Il Signore vi ama. Egli è con voi. È al vostro fianco.”
È un messaggio semplice, ma certamente un messaggio che tutti noi abbiamo bisogno di sentire ripetutamente. Credo che la maternità mi renda così tanto presa dalle faccende quotidiane .che ho sempre l’impressione di non riuscire mai a soddisfare, da dimenticare che il Signore è con me, anzi accanto a me.
Una cosa con cui non mi aspettavo di lottare così tanto nei primi anni di maternità è la sensazione che nulla di ciò che faccio vada mai bene. Quando ero una studentessa, ogni corso che seguivo era un credito acquisito.
Ho ottenuto lauree che saranno associate al mio nome per sempre. Ho scalato montagne e visto paesi che rimarranno impressi nella mia vita.
Leggi anche: Festa della mamma: ecco come viverla a pieno
Ma ora passo le mie giornate a lavare piatti che si sporcheranno di nuovo in un istante, a pulire una stanza mentre i miei figli svuotano tutti i loro giocattoli in un’altra, e a non avere la possibilità di mettere via una pila di biancheria pulita prima che si profili una pila di biancheria sporca altrettanto grande.
Mi sembra di non riuscire più a portare a termine nulla, o che ben poco di ciò che faccio abbia importanza.
Ho pensato a mio figlio, che ora era andato trotterellando allegramente in primaria, e mi sono chiesta se ci fosse qualcosa che avrei potuto fare in modo diverso per far sì che non odiasse così tanto venire in chiesa.
Avevo perso l’occasione di instillare in lui l’amore per la chiesa in giovane età? Questo sfogo settimanale sarebbe durato per sempre? È solo l’ennesima dimostrazione di come non riesca a fare la differenza?
Il messaggio di Anziano Uchtdorf ha placato la sensazione che un discorso perfettamente formulato rivolto a lui in un tempo lontano fosse la mia unica occasione mancata. Egli dice:
I vostri sforzi potrebbero apparire minuscoli in confronto alle voci squillanti che i vostri figli odono nel mondo. A volte può sembrare che non stiate ottenendo un granché. Ricordate, però, che “con piccoli mezzi il Signore può realizzare grandi cose”.
Una singola serata familiare, una singola conversazione sul Vangelo o un singolo buon esempio potrebbero non cambiare la vita dei vostri figli in un attimo, proprio come una goccia di pioggia non fa crescere immediatamente una pianta.
Tuttavia, il susseguirsi costante di cose piccole e semplici, giorno dopo giorno, nutre i vostri figli molto meglio di un’inondazione sporadica.
Le parole di speranza di Anziano Foster: Non è mai troppo tardi
Al messaggio che anche voi non siete in ritardo per aiutare i vostri figli, anche se sono molto più grandi dei miei, fa eco un messaggio dell’ottobre 2015 dell’Anziano Bradley D. Foster dei Settanta.
Egli racconta di aver intervistato un giovane missionario in partenza che lo ha profondamente colpito per la sua conoscenza e preparazione personale e spirituale.
Quando l’anziano Foster chiese come facesse questo giovane a sapere tutto quello che sapeva, gli rispose che lo aveva imparato da suo padre:
Così domandai: “Pablo, raccontami la tua storia”.
Pablo proseguì dicendo: “Quando avevo nove anni, mio padre mi prese da parte e mi disse: ‘Pablo, anche io ho avuto nove anni. Ecco alcune cose che potresti affrontare.
Vedrai persone imbrogliare a scuola. Potrai trovarti intorno a persone che dicono parolacce. Ci saranno probabilmente dei giorni in cui non vorrai andare in chiesa.
Ora, quando accadranno queste cose — o quale che sia la cosa che ti preoccupa — voglio che tu venga da me a parlarne e io ti aiuterò ad affrontarle. Poi ti dirò quello che verrà dopo’”.
“Quindi, Pablo, che cosa ti ha detto quando avevi dieci anni?”.
“Mi ha messo in guardia dalla pornografia e dalle battute volgari”.
“E quando avevi undici anni?”, gli domandai.
“Mi ha avvertito riguardo alle cose che possono creare dipendenza e mi ha ricordato dell’uso del mio arbitrio”.
Ecco un padre che, anno dopo anno, “regola dopo regola, un poco qui, un poco là”, ha aiutato suo figlio non solo a sentire ma anche a comprendere.
L’anziano Foster rimase colpito da questo approccio paterno, ma si rammaricò che i suoi figli avessero superato la fase in cui avrebbe potuto dire le stesse cose.
Mentre continuavo a pensare alla mia esperienza con Pablo, mi sentii triste perché le mie quattro figlie erano ormai cresciute e i miei nove nipoti a quel tempo non vivevano nelle vicinanze.
Poi pensai: “In che modo potrei aiutarli allo stesso modo in cui il padre di Pablo ha aiutato lui? Era passato troppo tempo?”. Mentre offrivo una preghiera nel mio cuore, lo Spirito mi sussurrò questa profonda verità:
“Non è mai troppo presto e non è mai troppo tardi per iniziare questo importante processo”. Capii subito che cosa significava. Non vedevo l’ora di arrivare a casa.
Chiesi a mia moglie, Sharol, di chiamare tutti i nostri figli e di dire loro che dovevamo far loro visita perché avevo qualcosa di davvero importante da dir loro. La mia urgenza li spaventò un po’.
Iniziammo dalla nostra figlia maggiore e da suo marito. Dissi: “Tua madre e io vogliamo che voi sappiate che anche noi avevamo la vostra età una volta. Avevamo trentuno anni e una famiglia nuova.
Abbiamo un’idea di ciò a cui potresti andare incontro. Potrebbe trattarsi di un difficoltà finanziaria o di salute. Potrebbe essere una crisi di fede. Potreste sentirvi sopraffatti dalla vita.
Quando queste cose accadono, voglio che parliate con noi. Vi aiuteremo ad affrontarle. Ovviamente non vogliamo farci gli affari vostri costantemente, ma vogliamo che voi sappiate che siamo sempre dietro l’angolo.
Parole di speranza nel discorso di Anziano Hales: Mantenere un cuore aperto verso i nostri figli
È strano essere genitori di bambini piccoli e vedere i propri figli cercare conforto in te quando sono arrabbiati con te. Il mio bambino di 5 anni si è accoccolato sulle mie ginocchia nella stanza del nido, anche se ero io quella con cui era arrabbiato per averlo fatto venire in chiesa.
Quando “litighiamo”, lui si rattrista e si sente frustrato con me, ma viene anche da me per trovare conforto da quella signora cattiva che, per inciso, sono sempre io.
Mi sforzo quotidianamente di affrontare le cose con una certa compostezza, ed evitare di dover sempre smussare conflitti, ma allo stesso tempo penso che lui sappia che sono dalla sua parte, altrimenti non continuerebbe a cercarmi come luogo sicuro.
Allo stesso modo, il mio bambino di quasi 3 anni viene in camera mia ogni mattina tra le 4 e le 6 del mattino.
Si avvicina al mio lato del letto e si arrampica per accoccolarsi, senza chiedere il permesso perché sa di essere il benvenuto.
L’altra mattina mi sono resa conto che forse non tutti i bambini provano questo senso di accettazione e sicurezza impliciti da parte dei genitori, forse almeno questo lo sto facendo bene.
Ma è più facile avere un cuore aperto quando i miei figli sono ancora così giovani e vulnerabili”. Nel suo discorso “Con tutto il sentimento di un tenero genitore: un messaggio di speranza per le famiglie” dell’aprile 2004, l’anziano Robert D. Hales sottolinea l’importanza di coltivare deliberatamente un cuore aperto verso i nostri figli, anche quando ci frustrano e ci deludono. Egli dice:
Talvolta i nostri insegnamenti non vengono ascoltati e quando le nostre aspettative vengono deluse, dobbiamo ricordarci di lasciare aperte le porte del nostro cuore.
Nella parabola del figliuol prodigo, troviamo una possente lezione per le famiglie e, specialmente, per i genitori. Dopo che il giovane figlio «rientrò in sé» decise di andare a casa.
Come sapeva che suo padre non l’avrebbe respinto? Perché lo conosceva.
Durante le inevitabili incomprensioni, i conflitti e le follie di gioventù del figlio, posso vedere suo padre sempre presente con un cuore compassionevole e comprensivo, con delle risposte dolci, un orecchio pronto ad ascoltare e un abbraccio clemente.
Posso anche immaginare che il figlio sapesse che poteva tornare a casa perché conosceva il tipo di famiglia che lo aspettava. Poiché le Scritture dicono: «Mentr’egli era ancora lontano, suo padre lo vide e fu mosso a compassione, e corse, e gli si gettò al collo, e lo baciò».
Testimonio che il nostro Padre celeste lascia la porta aperta. Attesto anche che non è mai troppo tardi per aprire la porta tra noi e i nostri figli con parole semplici come «ti voglio bene», «mi dispiace» e «ti prego di perdonarmi».
Possiamo cominciare subito a creare un ambiente in cui vogliano ritornare, non solo ora, ma nelle eternità.
Possiamo anche aiutare i nostri figli obbedienti a lasciare aperta la porta del perdono esprimendo loro il nostro amore e apprezzamento e aiutandoli a gioire del pentimento dei loro fratelli.
Le parole “Ti voglio bene”, “Mi dispiace” e “Ti prego di perdonarmi” menzionate da Anziano Hales trovano eco nel più recente discorso tenuto alla Conferenza generale di aprile dall’Anziano Ronald A. Rasband, quando ha detto:
Voglio suggerire tre semplici frasi che possiamo usare per eliminare la tensione di fronte alle difficoltà e alle differenze, per edificarci e rassicurarci a vicenda.
“Grazie”. “Mi dispiace”. E “Ti voglio bene” o “Ti amo”.
Non riservate queste umili frasi a un evento speciale o a una catastrofe. Usatele spesso e con sincerità, perché mostrano attenzione per gli altri. Le conversazioni si stanno inaridendo; non seguite questo modello.
In particolare, il potere potenziale di un “mi dispiace” mi è di grande conforto mentre mi faccio strada a tentoni nella maternità. So che la perfezione non è nemmeno lontanamente raggiungibile per me, ma posso chiedere scusa ai miei figli e ammettere che anch’io sto imparando.
Molte sere mi accoccolo accanto al mio bambino di cinque anni e parliamo di come è andata la giornata; mi scuso per essermi arrabbiata tanto per certe cose e gli dico che ci sto lavorando. Gli dico che non so sempre qual è il modo migliore per fare le cose e che lo stiamo capendo entrambi.
E sembra che la lezione abbia fatto una certa impressione, perché a Pasqua, quando ho annunciato che avremmo fatto le “girelle della resurrezione”, lui ha pensato che avessi detto “regole della resurrezione” e ha detto: “La mia regola della resurrezione è niente più botte”.
Non l’ha detto con imbarazzo, ma ha solo annunciato la sua determinazione a fare meglio, perché siamo tutti abbastanza onesti sul nostro bisogno di fare meglio in questa casa.
Ma spesso vorrei che non ci fossero così tante cose da migliorare. Vorrei sentire un po’ di più che i miei sforzi contano perché, anche se sento la qualità eterna dell’amore umano nei momenti in cui ridacchio con i miei figli su qualcosa o loro si tendono verso di me con l’eccitazione di una nuova scoperta, sento anche l’implacabilità dei compiti domestici quotidiani che non finiscono e non finiranno mai, e raramente sono profondamente soddisfacenti.
È un viaggio verso la gioia della maternità che penso non sarà semplice per me, ma sono confortata dalle parole del nostro attuale profeta, il presidente Russell M. Nelson, quando ha raccontato questa storia:
Un giorno, mentre parlavo a una congregazione in Sud America, l’argomento mi ha coinvolto al punto che, durante un passaggio cruciale, ho detto: “In qualità di madre di dieci figli, posso dirvi che…”, e quindi ho continuato il mio messaggio.
Non mi sono reso conto di aver utilizzato la parola madre. Chi stava traducendo, presumendo che avessi sbagliato, ha sostituito la parola madre con padre, così la congregazione non ha mai saputo che mi ero definito una madre.
Mia moglie Wendy, tuttavia, lo ha sentito ed è rimasta felicissima del mio lapsus freudiano.
In quel momento, il mio profondo desiderio di fare la differenza nel mondo — come soltanto una madre può fare — è traboccato dal mio cuore.
Nel corso degli anni, ogni volta che mi è stato domandato perché ho scelto di diventare medico, la mia risposta è stata sempre la stessa: “Perché non potevo scegliere di diventare madre”.
Ha poi esortato le donne in ascolto e tutti coloro che leggeranno il suo messaggio in futuro:
Mie care sorelle, voi avete doni e inclinazioni spirituali speciali. Stasera vi esorto, con tutta la speranza del mio cuore, a pregare per comprendere i vostri doni spirituali, per coltivarli, usarli e svilupparli ancora di più rispetto a quanto abbiate mai fatto finora.
Nel farlo, voi cambierete il mondo.
Penso che fare appello al nostro potere spirituale e ai nostri doni più profondi e antichi possa essere l’unico modo per prosperare invece di annaspare nei momenti più difficili della maternità.
Spesso mi addoloro per la perdita dei doni che non posso più usare nella mia fase attuale, ma forse, ascoltando la voce di un profeta, possiamo cogliere l’opportunità di imparare quali altri doni sono silenziosamente in attesa del loro momento di brillare.
E finché non scopriamo quali sono e come possono aiutarci, possiamo sapere, come ha detto l’anziano Uchtdorf in quel discorso che ho ascoltato, nascosta nella stanza del nido una domenica pomeriggio, che:
Il Signore vi ama.
Egli è con voi.
È al vostro fianco.
Parole di speranza per le mamme in difficoltà dai messaggeri del Signore è stato pubblicato su Hope for Struggling Mothers from Messengers of the Lord Questo articolo è stato tradotto da Ginevra Palumbo.
Commenti