Nel gennaio del 1992 l’Anziano Neal A. Maxwell fece un discorso intitolato “Il manuale del discepolato di Re Beniamino” (King Benjamin’s Manual of Discipleship).
Nei capitoli da 2 a 6 del libro di Mosia, nel libro di Mormon, troviamo il discorso, o sermone, di Re Beniamino, il quale, dopo essere stato istruito da un angelo di Dio riguardo al Messia e alla Sua futura venuta, condivise ciò che gli era stato insegnato al suo popolo, come sorta di testamento spirituale.
Anziano Maxwell analizza come questi pochi capitoli, che il profeta-storico Mormon decise provvidenzialmente di includere tra gli annali, contengano tutte le caratteristiche che un vero discepolo di Gesù Cristo dovrebbe possedere.
Re Beniamino fu istruito da un angelo in merito al ministero di Gesù Cristo
Studiando il capitolo 3 di Mosia, apprendiamo che un angelo aveva effettivamente istruito re Beniamino riguardo alla venuta del Signore Gesù Cristo sulla terra per dimorare, compiere miracoli, servire e soffrire.
A re Beniamino fu persino data una rivelazione altamente privilegiata sul nome di quel Salvatore, Gesù Cristo, e sul nome di sua madre, Maria. (Vedere Mosia 3:8).
Tuttavia, ahimè, dichiarò re Beniamino, coloro che vissero al tempo del ministero mortale di Gesù non lo riconobbero come Salvatore, ma considerarono Cristo solo un uomo (vedere Mosia 3:9).
Re Beniamino sottolineò che, sebbene alcuni, per grave ignoranza, volessero crocifiggere Gesù Cristo, Egli porta l’unico nome sotto il cielo tramite cui le persone possono essere salvate.
Re Beniamino dichiarò ciò che:
“fu reso noto… da un angelo di Dio” riguardo all’infinito sacrificio e alla sofferenza del Salvatore a favore di tutta l’umanità (Mosia 3:2). Cristo, disse, avrebbe sofferto “più di quanto l’uomo possa sopportare […]; perché ecco, il sangue gli uscirà da ogni poro.
… Perché ecco… il suo sangue espia anche per i peccati di coloro che sono caduti per la trasgressione di Adamo” (Mosia 3:7; 11).
Nel suo discorso anziano Maxwell sottolinea quanto sia rilevante il sermone di Re Beniamino per capire l’essenza del discepolato.
“Oltre a testimoniare della realtà del Re celeste e del ruolo di Salvatore di Gesù, il notevole sermone di re Beniamino ci offre una visione unica di come questo re-profeta intendeva il processo di sviluppo di un serio discepolato.
Seguendo i suoi precetti chiave, i fedeli vengono amorevolmente consigliati sul sentiero della rettitudine.
Il discorso di Beniamino rivela la natura del discepolato divino come può essere mostrato solo da chi è diventato santo grazie al sangue espiatorio di Cristo.”
Ma quali sono i passi per diventare un vero discepolo di Gesù Cristo?
Spogliarsi dell’uomo naturale
Il primo passo è riconoscere che in quanto esseri umani possediamo una natura imperfetta e decaduta e di conseguenza dobbiamo “spogliarci dell’uomo naturale”. Re Beniamino ci invita:
“Poiché l’uomo naturale è nemico di Dio, lo è stato fin dalla caduta di Adamo, e lo sarà per sempre e in eterno, a meno che non ceda ai richiami del Santo Spirito, si spogli dell’uomo naturale e sia santificato tramite l’espiazione di Cristo, il Signore, e diventi come un fanciullo, sottomesso, mite, umile, paziente, pieno d’amore, disposto a sottomettersi a tutte le cose che il Signore ritiene conveniente infliggergli, proprio come un fanciullo si sottomette a suo padre” (Mosia 3:19).
Spogliarsi dell’uomo naturale vuol dire rinunciare alla nostra natura orgogliosa e peccaminosa per “cedere ai richiami dello Spirito” e diventare più simili al Salvatore.
Per raggiungere tale scopo, Beniamino incoraggia il suo popolo a sviluppare la mitezza, l’umiltà, la pazienza, l’amore e la sottomissione spirituale. Purtroppo però, tali qualità non vengono acquisite magicamente o con le sole buone intenzioni.
Richiedono uno sforzo costante e consapevole, che ci porta ad uscire dalla nostra zona di comfort e lottare contro le nostre inclinazioni naturali. Talvolta hanno bisogno di un incentivo “dall’alto” che ci arriva sotto forma di prove e avversità. A questo proposito Anziano Maxwell aggiunge:
“Perciò comprendiamo la necessità di dare spazio a quei momenti nella vita in cui Dio ci istruisce mediante la sofferenza per favorire il nostro sviluppo individuale.
Certo, sono “parole dure” quelle che sottolineano la necessità di una tale sottomissione spirituale. Eppure Pietro ha predicato il ruolo formativo della sofferenza e delle avversità:
“Diletti, non vi stupite della fornace accesa in mezzo a voi per provarvi, quasiché vi avvenisse qualcosa di strano: ma se uno patisce come Cristiano, non se ne vergogni, ma glorifichi Iddio portando questo nome.
Perciò anche quelli che soffrono secondo la volontà di Dio, raccomandino le anime loro al fedel Creatore, facendo il bene” (1 Pietro 4:12, 16, 19).
Talvolta Dio usa le prove per permetterci di sviluppare tali qualità.
Generosità e servizio
La massima dimostrazione dell’amore di Dio nei nostri confronti è il dono che ci ha fatto del Suo Figlio Unigenito. È per questo che il servizio e la generosità sono due attributi fondanti del vero discepolo di Gesù Cristo, e di questo Beniamino fu un grande esempio.
Nonostante fosse il re, Beniamino era stato un eroe militare e politico e aveva passato tutti i giorni della sua vita lavorando e servendo il suo popolo. Stare al servizio del prossimo per lui equivaleva a stare al servizio di Dio. Lui stesso dice:
Ecco, voi mi avete chiamato vostro re; e se io, che voi chiamate vostro re, mi sforzo per servirvi, allora non dovreste voi lavorare per servirvi l’un l’altro?
E ancora ecco, se io, che voi chiamate il vostro re, che ha trascorso i suoi giorni al vostro servizio, e tuttavia è stato al servizio di Dio, merito da voi qualche ringraziamento, oh, quanto più dovreste voi ringraziare il vostro Re celeste! (Mosia 2:18-19)
Tuttavia, la bontà e la generosità di Dio sono talmente grandi che anche se dovessimo servire
“Colui che vi ha creato sin dal principio, e vi preserva di giorno in giorno, prestandovi l’alito perché possiate vivere e muovervi, ed agire secondo la vostra volontà, e anzi sostenendovi da un istante all’altro — io dico, se lo serviste con tutta quanta la vostra anima, non sareste tuttavia che dei servitori inutili” (Mosia 2:21).
Anziano Maxwell aggiunge:
“A prima vista, queste ultime parole possono sembrare dure, denigratorie e scoraggianti, perché per certo il servizio che rendiamo a Dio è importante.
Ma quando mettiamo a confronto il servizio che prestiamo con le benedizioni che riceviamo in cambio, una ‘valutazione esterna’, dice effettivamente Beniamino, mostrerebbe sempre il nostro bilancio ‘in negativo’.
Un tentativo di ‘pareggiare i conti’ prestando un maggiore servizio, non cambierebbe il risultato, perché un Dio misericordioso, non appena obbediamo o rendiamo tale servizio, ci ‘benedice immediatamente’.
Pertanto, siamo ancora più in debito con il nostro Padre celeste. (Mosia 2:24)
Inoltre, il nostro servizio è reso possibile dagli elementi che compongono il nostro corpo naturale, ma questi appartengono a Dio, che ci concede anche l’aria che respiriamo momento dopo momento.
Beniamino pone quindi le basi per esortarci a rendere a Dio tutto ciò che abbiamo, consacrando il nostro tempo, i nostri talenti e noi stessi a Dio e al prossimo.
Allora, se consacriamo noi stessi davvero a Lui, quell’essere consacrato sarà nel costante processo di diventare come il Salvatore, attributo dopo attributo. Questo obiettivo – conoscere e diventare come il Maestro – è il cuore del discorso di commiato di re Beniamino.
Ci viene poi ricordata la ‘terribile situazione’ che vivremo se, dopo aver ottenuto una conoscenza spirituale, usciremo in ‘aperta ribellione (Mosia 2:37; 40). Per tali individui, persino la misericordia di un Dio perfettamente misericordioso non può avere alcun potere (Vedere Mosia 2:39).
Quindi vediamo che se da un lato il Vangelo ci dà l’identità necessaria, dall’altro porta anche una severa responsabilità. Re Beniamino ha descritto quanto siano cruciali le scritture per stabilire tale responsabilità (vedere Mosia 2:34).
Attraverso i sacri scritti, i discepoli vengono a conoscenza dei comandamenti di Dio e delle testimonianze dei dirigenti, presenti e passati. Quando i discepoli che si allontanano trasgrediscono, in effetti, stanno andando ‘contro la [loro] conoscenza’ (Vedere Mosia 2:33).”
Umiltà e pentimento
Re Beniamino prosegue nel suo sermone decantando e lodando la bontà e le qualità amorevoli di Dio. Anziano Maxwell dice:
“Il re Beniamino ha esaltato più volte la bontà di Dio, la sua potenza ineguagliabile, la sua saggezza e la sua longanimità.
Tali menzioni sono tanto più dirette e significative, proprio perché dobbiamo sforzarci di diventare come Dio e suo Figlio – attributo dopo attributo – nel nostro discepolato.
Ancora una volta, le virtù specifiche e cardinali del discepolo sono poste dinanzi ai nostri occhi da Beniamino.”
Proseguendo con i capitoli successivi notiamo che Mosia 4 contiene un piccolo sermone dentro il sermone.
Al termine della prima parte del sermone, Mormon ci informa che il popolo aveva sentito l’amore di Dio, aveva creduto alle parole di Beniamino e aveva cominciato a sviluppare il desiderio di pentirsi.
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Re Beniamino a quel punto ricorda a coloro che lo avevano ascoltato che, poiché erano giunti a conoscere l’amore e la bontà di Dio, non potevano mantenere la stessa condotta.
Quella testimonianza doveva condurre al pentimento continuo, a pregare ogni giorno, a essere saldi nella fede, a gioire sempre, a essere sempre pieni dell’amore di Dio e a conservare la remissione dei loro peccati.
Nel suo discorso Anziano Maxwell continua:
“Ancora una volta, la lode specifica che re Beniamino rivolge a Dio per i suoi attributi divini è significativa, perché la sua lode è anche una prescrizione sugli attributi che i seguaci stessi devono sviluppare (Mosia 4:12).
Il Cristianesimo è quindi molto più di un’esperienza isolata, per quanto speciale possa essere quest’esperienza iniziale.
Il modo in cui il vero Cristiano vivrà è poi esposto con forza da re Beniamino (vedere Mosia 4:13-16).
Il vero Cristiano non avrà intenzione di ferire, vivrà in pace, renderà agli altri con giustizia e si prenderà cura dei suoi figli, insegnando loro anche ad amarsi e a servirsi a vicenda e a soccorrere i bisognosi.
Un tale Cristiano non respingerà i mendicanti, perché, come Beniamino ha dichiarato in precedenza, siamo tutti mendicanti, totalmente dipendenti da Dio per tutto ciò che abbiamo.
Re Beniamino ha come paradigma la generosità di Dio che, a sua volta, dovrebbe portarci a essere generosi con gli altri. (Vedere Mosia 4:21).
Da uomo pratico quale era, Beniamino osserva anche che alcuni sono troppo poveri per dare, ma afferma che lo farebbero se potessero (Vedere Mosia 4:24).
Le buone intenzioni hanno un peso, così come le buone azioni.
Il re inoltre collega la facoltà di mantenere la remissione dei nostri peccati agli sforzi che facciamo per aiutare i bisognosi, sia spiritualmente che materialmente (Vedere Mosia 4:26).”
Tuttavia, Re Beniamino era conosciuto per essere un uomo molto saggio. Quando condivideva un principio o una dottrina lo faceva mostrandola nella sua interezza.
Egli insegnò al suo popolo che per quanto ci è comandato di servire il nostro prossimo, veniamo anche messi in guardia dal farlo oltre le nostre capacità.
E badate che tutte queste cose siano fatte con saggezza e ordine; poiché non è necessario che uno corra più veloce di quanto ne abbia la forza.
E di nuovo, è opportuno che egli sia diligente, affinché possa in tal modo vincere il premio; perciò tutte le cose devono essere fatte con ordine (Mosia 4:27).
Perseverare fino alla fine
In conclusione, questo re-profeta-guerriero, nel suo ultimo sermone, esorta il suo popolo a vegliare su sé stessi, i loro pensieri, le loro azioni, le loro parole e ad essere fedeli fino alla fine (Mosia 4:30).
La vita del vero discepolo di Gesù Cristo richiede che vegliamo continuamente, in tutti gli aspetti della vita.
Al termine del sermone di re Beniamino, nel capitolo 5, vediamo quanto questo re non si preoccupasse soltanto di insegnare ma anche di accertarsi che il popolo avesse realmente compreso:
Ed ora avvenne che, quando re Beniamino ebbe così parlato al suo popolo, mandò dei messi fra loro, desiderando sapere dal suo popolo se credeva alle parole che egli aveva loro detto. (Mosia 5:1).
Anziano Maxwell lo descrive così:
“Beniamino non era un leader che rinfacciava le cose. Era sinceramente preoccupato di sapere se le sue parole erano state recepite e applicate.
Riconosceva anche il ruolo della famiglia nell’insegnare e mettere in pratica i doveri di un discepolo (Vedere Mosia 2:5-6; Mosia 6:3).
Sembra che facesse come il Salvatore quando insegnava intensamente e poi diceva a chi lo aveva ascoltato di andare e ponderare insieme alle loro famiglie in merito a ciò che era stato insegnato.
Infine, Beniamino concluse che coloro che sono pronti dovrebbero prendere su di sé il nome di Cristo, facendo alleanza di essere obbedienti fino alla fine della loro vita (Vedere Mosia 5:8).”
Il sermone di Re Beniamino: un manuale del discepolato
La testimonianza di Beniamino è una testimonianza eterna che il sangue di Cristo è efficace per la salvezza dell’umanità.
Questa testimonianza è anche una confutazione dell’eresia antica e moderna secondo cui il sangue espiatorio di Cristo non basta per salvare l’umanità.
“Di conseguenza, le parole di Beniamino furono ‘una luminosa testimonianza’ per il suo pubblico immediato (Mosia 3:24), come lo sono anche per tutti noi.
Noi e coloro che devono ancora venire facciamo parte del pubblico sempre più vasto a cui fu dato quel sermone speciale.
Mi auguro che possiamo esserne toccati spiritualmente, come lo furono coloro che lo ascoltarono per primi!”
Il sermone di Re Beniamino: un manuale del discepolato è stato estratto dal discorso di Anziano Neal A. Maxwell “King Benjamin’s Manual of Discipleship”.
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