Oggigiorno, per comunicare anche con qualcuno che vive dall’altra parte del pianeta, basta avere una connessione ad internet, accendere lo schermo, premere un pulsante, e in pochi secondi il gioco è fatto. 

Allora perché quando preghiamo Dio, sembra a volte che non ci sia comunicazione? Perché ci sembra di non ricevere risposta alle nostre preghiere? È davvero possibile parlare con Dio? O quando invece sentiamo qualcosa è solo frutto della nostra immaginazione?

Dio non è un distributore automatico

Riflettendo su questa domanda, mi viene in mente una scrittura molto spesso fraintesa. Si trova in Dottrina e Alleanze 130:20-21

“Vi è una legge irrevocabilmente decretata nei cieli, prima della fondazione di questo mondo, sulla quale si basano tutte le benedizioni.

E quando otteniamo una qualche benedizione da Dio, è mediante l’obbedienza a quella legge su cui essa è basata.”

Il motivo per cui questa scrittura viene fraintesa così spesso è perché sembra porre Dio nella posizione di distributore automatico. Sembra quasi che basti inserire una moneta, premere un pulsante, e puff!

Ecco pronta la nostra benedizione. Ma non è così che funziona. Forse questo metodo va bene per un computer, che non ha né un’anima né un potere divino. Inviamo un input, riceviamo un output. 

Ma come possiamo anche solo immaginare che una benedizione così gloriosa come la possibilità di parlare con Dio possa essere acquistata ad un prezzo così basso?

È possibile ricevere risposta alle nostre preghiere senza un impegno da parte nostra nel chiedere?

Spesso il Signore ci dà un’indicazione, tuttavia si aspetta che ci diamo comunque da fare per ottenerla, che ci sforziamo, che cerchiamo con intento reale.  

Ricevere risposta alle nostre preghiere non significa ricevere tutte le istruzioni

Ricevere risposta alle nostre preghiere non significa ricevere tutte le istruzioniPensiamo a cosa accadde a Nefi. Il Signore gli disse: “Và a prendere le tavole.”

Lui e i fratelli provarono ad andare a prendere le tavole e quello che accadde è che Labano li inseguì e minacciò di ucciderli. A questo punto, chiunque forse si sarebbe arreso. Laman e Lemuele infatti lo fecero. Ma Nefi non era “chiunque”.

Allora provarono a prendere le tavole offrendo in cambio tutti i loro beni. Risultato: i beni gli vennero rubati e furono nuovamente minacciati di morte.

A questo punto avevano perso tutto ed erano stati minacciati di morte 2 volte. 

Il Signore non gli disse COME avrebbero dovuto fare a procurarsi quelle tavole. Loro provarono al meglio delle loro capacità.

Fu solo in seguito ai loro tentativi – e non meno importante, ai loro fallimenti – che Nefi fu realmente guidato dallo Spirito e ricevette indicazioni su come portare a termine ciò che il Signore gli aveva comandato. 

Il modello con cui Dio risponde alle nostre preghiere è immutevole ed eterno: linea su linea, precetto su precetto

Le preghiere ci connettono al Padre Celeste: ma come dobbiamo pregare?Ora, in che modo questo può applicarsi a noi?

Primo, non credo che Dio chiederà mai a qualcuno “giovane” nel vangelo o nella fede di fare un sacrificio grande quanto quello richiesto a Nefi, senza che prima abbia già fatto alcuni passi importanti.

Come si dice, prima di imparare a camminare è necessario cominciare a gattonare. 

Man mano che “impariamo a gattonare” nella preghiera, e impariamo a riconoscere in maniera sempre più chiara i modi con cui Dio comunica con noi, impareremo anche ad essere più sensibili e pronti per una comunicazione più profonda. 

Possiamo cominciare facendo quelle cose che non richiedono una “comunicazione speciale”.

Quelle cose semplici che favoriscono la nostra crescita spirituale: pregare; leggere le scritture; meditare; digiunare; ascoltare con intento reale i discorsi e le lezioni durante le riunioni in chiesa; amare il nostro prossimo; pagare la decima; svolgere i nostri incarichi al meglio delle nostre capacità, con amore e dedizione nel Vangelo di Gesù Cristo.

Quando tutte queste cose diventeranno naturali per noi e le faremo senza troppi sforzi, quando saranno parte della nostra quotidianità e del nostro modo di essere, allora sarà più semplice riconoscere i suggerimenti, anche quelli più sommessi, dello Spirito.

Tuttavia, è importante ricordare che si tratta di un processo di crescita che si verifica in modo graduale e non da un giorno all’altro.  

Man mano che cerchiamo i consigli di Dio e ascoltiamo i suggerimenti che riceviamo, sforziamoci di mettere in pratica ciò che il Signore vuole che facciamo. E poi fermiamoci ad osservare cosa succede.

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Valutiamo sia i nostri fallimenti che i nostri successi. Alcuni dei successi sono stati merito di una benedizione da parte di Dio? I fallimenti sono scaturiti da qualche nostra mancanza?

Ci sarebbe potuto essere un risvolto differente? Cosa abbiamo imparato da ciascuna esperienza?

Tramite ogni esperienza, soprattutto tramite i fallimenti – se proprio vogliamo chiamarli così – possiamo imparare ad affinare sempre più il nostro udito spirituale, ma come già detto, ricordiamo che questo richiede un passo alla volta.

Imparare a ricevere risposta alle nostre preghiere è un po’ come imparare una nuova lingua: avviene in modo lento e graduale, e richiede uno sforzo consapevole e costante da parte nostra.

Leggi anche: Preghiera: in che modo tu puoi parlare con Dio?

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