Subito dopo la settimana dell’educazione della Brigham Young University, l’apostolo Jeffrey R. Holland ha tenuto un discorso per l’inizio dell’anno accademico.
Egli ha parlato dell’importanza della Brigham Young University come istituto di istruzione superiore, ma anche come luogo in cui accrescere la propria fede e sentirsi edificati, in un clima di istruzione e crescita continua.
Di seguito, un estratto del suo discorso.
Brigham Young University – “La più bella università del mondo”
“Non posso esserne certo, ma penso che sia stato nell’estate del 1948, quando ho avuto la mia prima esperienza con la BYU. Avevo circa sette anni.
Stavamo tornando a St. George in una Plymouth del 1941, da uno dei nostri rari viaggi a Salt Lake City.
Mentre percorrevamo la vecchia autostrada 91, vidi in alto sul lato di una delle colline un enorme blocco a forma di Y, bianco, audace e bello.
Non so come spiegare quel momento, ma è stata una vera epifania per un bambino di sette anni, ammesso che un bambino di sette anni possa avere un’illuminazione.
Non mi ricordavo se avessi già visto quella Y mentre andavamo a Salt Lake o in qualsiasi altro momento. Quel giorno probabilmente la vedevo per la prima volta.
Credo di aver ricevuto una rivelazione da Dio. In qualche modo sapevo che quella lettera in grassetto significava qualcosa di speciale per me e che un giorno avrebbe avuto un ruolo significativo nella mia vita.
Quando ho chiesto a mia madre cosa significasse, ha detto che era l’emblema di un’università.
Ci ho pensato per un momento, mentre ancora guardavo quella lettera sul fianco della collina e, poi, le ho detto tranquillamente: “Beh, dev’essere la più bella università del mondo”.
La mia possibilità di entrare effettivamente nel campus arrivò nel Giugno 1952, quattro anni dopo quel primo incontro con la BYU.
Quell’estate accompagnai i miei genitori ad un evento che è, poi, diventata la popolare Settimana dell’educazione della BYU.
Ciò significa che sono venuto qui, per la mia prima esperienza alla BYU, sessantanove anni fa… ho amato la BYU per quasi tre quarti di secolo.
Solo il mio servizio e la mia testimonianza nella Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni, che include e caratterizza soprattutto il mio matrimonio e i bellissimi figli che ci ha dato, mi hanno influenzato tanto profondamente quanto la mia decisione di frequentare la Brigham Young University.
Nessuno, nella mia famiglia, lo aveva fatto prima. Nel portarvi questa testimonianza, rappresento letteralmente centinaia di migliaia di altri studenti che hanno preso quella stessa decisione e dicono la stessa cosa”.
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Il regno universitario
Ho chiesto al presidente Kevin J. Worthen un elenco delle cose buone che sono accadute negli ultimi tempi e sono stato felice di quanto ho ricevuto: caratteri piccoli, linee a interlinea singola, risme.
Riconoscimenti accademici, classifiche accademiche, successi atletici. Ma io e il presidente Worthen sappiamo entrambi che quelle non sono le vere storie di successo della BYU.
Come alcuni dicono delle ordinanze nella Chiesa: sono “segni esteriori di una grazia interiore”.
I veri successi alla BYU sono le esperienze personali che migliaia di persone qui hanno avuto, esperienze personali difficili da documentare, classificare o elencare.
Tuttavia, così potenti nel loro impatto sul cuore e sulla mente, che ci hanno cambiato per sempre.
Uno dei nostri colleghi seduti qui questa mattina, ha parlato della sua iscrizione al primo semestre, prima della missione, al corso di Storia della civiltà del mio amico C. Wilfred Griggs.
Ma questo studio sarebbe stato visto attraverso la lente della BYU. Così, come preambolo al corso, Wilf ha fatto leggere agli studenti il discorso del presidente Spencer W. Kimball “Il secondo secolo della Brigham Young University” e il primo capitolo del libro di Hugh Nibley, “Approcciando Sion”.
Il nostro amico ha detto che queste due letture “hanno forgiato un’unione indistruttibile nella mia mente e nel mio cuore tra due ideali in ascesa: quello di un’università consacrata, con quello di una città santa.
Sion, sono arrivato a credere, è una città con una scuola e, aggiungerei, un tempio, una città universitaria celeste, o forse un regno universitario”.
Dopo la sua missione, il nostro amico tornò a Provo, dove cadde sotto l’incantesimo di John S. Tanner, “l’ideale platonico di un professore della BYU, superbamente qualificato in ogni senso secolare, totalmente dedito al regno e assolutamente effervescente d’amore per il Salvatore, i suoi studenti e la sua materia.
E passava, senza problemi, da un’attenta analisi dell’argomento ad una potente testimonianza personale.
Conosceva a memoria decine di brani di Milton e di altri poeti, eppure i versetti della Scrittura scorrevano, semmai, ancora più liberamente dall’abbondanza del suo cuore consacrato: ero immancabilmente edificato dalla passione del suo insegnamento e dall’eloquenza del suo esempio”.
Perché una persona del genere dovrebbe tornare ad insegnare alla BYU, dopo un’esperienza post-laurea davvero distinta che avrebbe potuto portarlo praticamente a qualsiasi università in America?
Perché, ha detto il nostro collega, «in un giorno a venire i cittadini di Sion ‘usciranno con canti di gioia eterna’ (Mosè 7:53).
Spero di aiutare i miei studenti a sentire quel coro in lontananza e di prestare la propria voce al suo ritornello tumultuoso».
“Una cazzuola in una mano e un moschetto nell’altra”
La maggior parte di ciò che accade in questo campus è assolutamente meraviglioso. Ecco perché ho iniziato il mio discorso nel modo in cui l’ho fatto: parlando del mio eterno amore per questo posto.
Ogni tanto, però, abbiamo bisogno di ricordarci anche la sfida che affrontiamo costantemente qui.
Ricordo le mie esperienze, durante questi meravigliosi incontri di inizio anno scolastico e quanto significasse per me, allora, stare con voi. Bene, è così ancora oggi.
E siamo un’estensione della Chiesa di Gesù Cristo dei Santi degli Ultimi Giorni, ricevendo una quantità significativa di decime sacre e altre preziose risorse umane, che potrebbero benissimo essere spese in altre cause meritevoli, sicuramente la nostra integrità richiede che la nostra vita «sia assolutamente coerente con il vangelo restaurato di Gesù Cristo».
All’università ci sarà sempre un sano dibattito.
Ma finché “non arriviamo tutti all’unità della fede e… non cresciamo fino a raggiungere la misura della statura della pienezza di Cristo” il nostro miglior risultato dovrà essere almeno quello di rimanere in armonia con gli unti del Signore, coloro che Egli ha designato per dichiarare la dottrina della Chiesa e per guidare la Brigham Young University come sua fiduciaria.
Nel 2017, l’anziano Dallin H. Oaks, che presto sarebbe stato nella Prima Presidenza, dove si sarebbe seduto ad una sola sedia, ad un battito di cuore, dalla stessa posizione che ha ora il presidente Nelson, riprese quanto detto da anziano Neal A. Maxwell:
In un certo senso, gli studiosi della Chiesa di Gesù Cristo alla BYU e altrove sono un po’ come i costruttori del tempio di Nauvoo, che lavoravano con una cazzuola in una mano ed un moschetto nell’altra.
Oggi, gli studiosi che costruiscono il tempio del sapere devono anche soffermarsi di tanto in tanto per difendere il regno.
Personalmente, penso che questo sia uno dei motivi per cui il Signore ha fondato e mantiene questa università.
Il doppio ruolo di costruttore e difensore è unico e continuo. Sono grato che oggi abbiamo studiosi in grado di maneggiare, per così dire, sia le cazzuole che i moschetti“.
Il sogno in via di sviluppo della Brigham Young University
Proprio come la Chiesa stessa, la BYU è cresciuta in forza spirituale, nel numero di persone che raggiunge e serve, nel suo posto unico tra le altre istituzioni di istruzione superiore.
È cresciuta in fama nazionale ed internazionale. Sempre più docenti si stanno distinguendo e, cosa ancora più importante, lo fanno sempre di più i suoi studenti.
Non molto tempo fa uno di voi mi ha dato questa meravigliosa descrizione di quella che pensava fosse la “chiamata” di coloro che servono alla BYU:
“La chiamata del Signore a quelli di noi che servono alla BYU è una chiamata a creare esperienze di apprendimento di profondità, qualità ed impatto senza precedenti…
Per quanto riguarda la BYU, questa è una chiamata a fare meglio.
È un appello ad educare molti più studenti, ad aiutarli efficacemente a diventare veri discepoli di Gesù Cristo e prepararli a guidare le loro famiglie, la Chiesa e le loro professioni in un mondo pieno di confusione…
Ma rispondere a questa chiamata… non può essere fatto con successo senza il Suo aiuto”. Lo scrittore, uno di voi, ha concluso: “Credo che l’aiuto arriverà secondo la fede e l’obbedienza delle persone tremendamente buone della BYU”.
Sono d’accordo con tutto il cuore con quell’entusiasmo sul senso di chiamata qui e con quel riferimento e fiducia nelle “persone tremendamente buone della BYU”.
BYU: un’università unica
Quando rileggerete di nuovo il discorso del presidente Kimball, posso chiedervi di prestare particolare attenzione allo sforzo di quel dolce profeta nel chiederci di essere unici?
Nel suo discorso, il presidente Kimball ha usato la parola “unico” otto volte e la parola “speciale” otto volte.
Mi sembra chiaro, nei miei settantatre anni di amore per la BYU, che essa diventerà un “Monte Everest educativo”, solo nella misura in cui abbraccerà la sua unicità, la sua singolarità… dobbiamo avere la volontà di essere diversi e di stare da soli, se necessario, non essendo un’università seconda a nessuno nel suo ruolo principalmente di istituto di insegnamento universitario che è inequivocabilmente fedele al vangelo del Signore Gesù Cristo.
Se in futuro avere questa missione significa rinunciare ad alcune affiliazioni e certificazioni professionali, allora così sia.
Potrebbe arrivare il giorno in cui il prezzo che ci viene chiesto di pagare per tale associazione è semplicemente troppo alto e troppo incoerente con quello che siamo.
Nessuno vuole che si arrivi a questo, men che meno io, ma se lo accadrà, perseguiremo il nostro destino, un “destino che non è una questione di caso, ma in gran parte una questione di scelta… non è una cosa da aspettare, ma… una cosa da immaginare e realizzare”.
Per aiutarvi a perseguire quel destino nell’unico vero modo in cui so farlo, lascio una benedizione apostolica su ognuno di voi, questa mattina, mentre iniziate un altro anno scolastico.
Nel nome del Signore Gesù Cristo, e con gratitudine per il Suo santo sacerdozio e come se le mani fossero sul vostro capo, vi benedico personalmente, ognuno di voi personalmente.
Benedico gli studenti e benedico l’università, incluso il suo meraviglioso preside, nel suo impegno in tutto il campus.
Vi benedico che la profonda fede personale sarà la vostra parola d’ordine e che le infinite benedizioni della rettitudine personale saranno la vostra ricompensa eterna.
Benedico il vostro lavoro professionale affinché sia ammirato dai vostri coetanei e benedico la vostra devozione alle verità del Vangelo, che sarà la grazia salvifica nella vita di qualche studente.
Benedico le vostre famiglie affinché coloro che sperate saranno fedeli nell’osservare le loro alleanze, saranno salvati almeno in parte perché voi siete stati fedeli nell’osservare le vostre.
La luce vince le tenebre. La verità trionfa sull’errore. La bontà è vittoriosa sul male, ogni volta.
Benedico ognuno di voi, con ogni retto desiderio del vostro cuore e vi ringrazio per aver dato il vostro amore e lealtà alla BYU, agli studenti come me e la mia amata moglie.
Per favore, da uno che deve così tanto a questa scuola e che l’ha amata così profondamente per così tanto tempo, non tenetela solo in piedi, ma fatela diventare ciò che è destinata ad essere, in modo univoco e profetico.
E possa il resto dell’istruzione superiore “vedere le vostre buone opere e glorificare il nostro Padre che è nei cieli”. Nel nome di Gesù Cristo, amen.
Questo articolo è un estratto del discorso tenuto da anziano Jeffrey R. Holland e pubblicato sul sito speeches.byu.edu. Questo discorso è stato tradotto da Cinzia Galasso.
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