Perché, dopo tante promesse, il popolo d’Israele rimase 40 anni nel deserto del Sinai prima di raggiungere la terra promessa? E perché la generazione di coloro che erano adulti quando cominciò l’esodo dall’Egitto non vi mise affatto piede?
La risposta è molto semplice ma, come al solito, è necessario fare prima un passo indietro.
Gli antecedenti
Nella moderna Bibbia, il libro dei Numeri (dal greco Αριθμοί—arithmoi— “numeri”) è così chiamato perché si apre con il censimento del popolo ebraico.
Per inciso, il censimento contava soltanto ogni maschio bianco dai 20 anni in su nelle condizioni di combattere, erano pertanto escluse tutte le donne, i bambini, gli anziani e i maschi Leviti, il cui compito era quello di amministrare le ordinanze all’interno del Tabernacolo.
Il titolo originale in ebraico, invece, è במדבר—bemidbar—che vuol dire “nel deserto”, ed è molto più indicativo del suo contenuto.
Il libro dei Numeri è quindi il resoconto dei 40 anni spesi dagli Ebrei nel deserto del Sinai.
Nel capitolo 14 troviamo l’esatto momento in cui Dio condanna il popolo d’Israele ad un così lungo vagabondare.
L’Eterno parlò ancora a Mosè e ad Aaronne, dicendo:
Fino a quando sopporterò io questa malvagia comunità che mormora contro di me? Io ho udito i mormorii che i figli d’Israele fanno contro di me.
Di’ loro: ‘Com’è vero che io vivo, dice l’Eterno, io vi farò quello che ho sentito dire da voi.
I vostri cadaveri cadranno in questo deserto; e tutti quanti voi di cui si è fatto il censimento, dall’età di venti anni in su, e che avete mormorato contro di me,
non entrerete di certo nel paese nel quale giurai di farvi abitare; salvo Caleb, figlio di Gefunne, e Giosuè, figlio di Nun.
I vostri piccini, che avete detto sarebbero stati preda dei nemici, quelli vi farò entrare; ed essi conosceranno il paese che voi avete disdegnato.
Ma quanto a voi, i vostri cadaveri cadranno in questo deserto.
E i vostri figli andranno pascendo i greggi nel deserto per quarant’anni e porteranno la pena delle vostre infedeltà, finché i vostri cadaveri non saranno consunti nel deserto.
Come avete impiegato quaranta giorni a esplorare il paese, porterete la pena delle vostre iniquità quarant’anni; un anno per ogni giorno; e saprete che cosa sia incorrere nella mia disgrazia (Numeri 14:26-34).
Le spie e la spedizione di 40 giorni
Come al solito, nonostante i numerosi miracoli cui aveva assistito in tutti quei mesi dall’inizio dell’esodo, il popolo d’Israele aveva cominciato a lamentarsi e mormorare.
Ancora una volta aveva desiderato tornare nel paese d’Egitto dove avrebbe “potuto” cibarsi di ogni sorta di leccornia piuttosto che della “solita” manna, o rischiare di morire nel deserto per mancanza di acqua.
Da un lato, se assumiamo una prospettiva terrena è anche comprensibile.
Il deserto del Sinai non è certo il più amichevole degli habitat, ma Dio si era realmente preso cura di loro in tutti i modi possibili e immaginabili.
Eppure, i figli d’Israele faticavano ancora a credere che Dio li avrebbe realmente condotti in una terra promessa dove scorreva latte e miele, e fu proprio questa mancanza di fede, e la loro tendenza ad infrangere i comandamenti, che fece sì che vagassero nel deserto per 40 anni.
Nel capitolo 13, Dio comanda a Mosè di inviare dodici spie (una per ogni tribù) nel paese di Canaan per una spedizione di ricognizione.
Avrebbero dovuto accertarsi sulle condizioni del territorio in termini di qualità del terreno, tipologia di frutta e animali presenti, e sui popoli che lo abitavano.
Dopo 40 giorni le dodici spie ritornarono e fecero il loro resoconto.
Riportarono che la terra di Canaan era effettivamente una terra florida e prospera e che vi scorreva il latte e miele, ma anche che le popolazioni che l’abitavano erano molto forti e potenti.
Soltanto due delle dodici spie incoraggiarono il popolo ad inoltrarsi nel paese con la consapevolezza che “se l’Eterno fosse stato favorevole … glie lo avrebbe dato”.
Tutti gli altri si rifiutarono, spinti dalla paura, e così il Signore decise che se non avevano abbastanza fede da tentare un ingresso nella terra che era stata loro promessa dopo tutte le dimostrazioni e i miracoli, allora non meritavano di ricevere una terra promessa.
Di contro, a Caleb e Giosuè, le due spie che avevano avuto fede, Dio promise che avrebbero ricevuto la loro eredità nella terra di Canaan.
Il profeta Joseph Smith osservò:
“Dio maledisse i figli di Israele perché non avevano voluto ricevere l’ultima legge da Mosè. . . . Quando Dio offre una benedizione o una conoscenza a un uomo e questi rifiuta di riceverla, sarà dannato. . . .
Gli israeliti [pregavano] che Dio parlasse a Mosè [e] non a loro, per cui li maledisse con una legge carnale. . . . [La legge rivelata a Mosè in Oreb . . non fu mai rivelata ai [figli] d’Israele”.
Così, i figli d’Israele vagarono inutilmente per 40 anni nel deserto, mentre Dio cercava di insegnare loro a fare affidamento su di Lui.
Mosè fece tutto ciò che sapeva per preparare i figli di Israele a entrare nella terra promessa.
Il libro del Deuteronomio riporta le prediche, gli incoraggiamenti e gli avvertimenti di Mosè per cercare di aiutare i figli di Israele a diventare e rimanere degni.
Essi si erano dimostrati estremamente difficili da guidare, non solo attraverso il deserto del Sinai ma, cosa ancora più importante, lungo i sentieri della rettitudine.
Il loro non era solo un viaggio verso una destinazione geografica, anche se dovevano comunque percorrere un certo chilometraggio: il loro viaggio era anche un percorso verso il livello di obbedienza richiesto per vivere nella terra promessa che scorreva con latte e miele.
Mosè riuscì a portare gli israeliti fuori dall’Egitto in tempi relativamente brevi, ma ci vollero 40 anni per portare l’Egitto fuori dagli israeliti.
I nostri 40 anni nel deserto
Anche se l’immagine di Dio che ci da il libro di Numeri è quella di un Dio vendicativo e pronto all’ira, se leggiamo attentamente questi capitoli comprendiamo in realtà quanto Lui si sia mostrato paziente e misericordioso con un popolo duro di cuore e di comprendonio quale era il popolo ebraico a quel tempo.
Similmente, si mostra paziente e misericordioso con noi quando vaghiamo nel nostro personale deserto del Sinai, perché per quanto possa sembrarci lontana, la storia del popolo d’Israele che rimase 40 anni nel deserto ha tanto da insegnarci e può essere applicata alla nostra vita ancora oggi.
Quante volte attendiamo una benedizione promessa per un lungo periodo e questa non arriva? O speriamo di essere liberati da situazioni difficili e scomode?
Tutte queste sono per noi una sorta di Sinai spirituale.
Potremmo non dover attendere 40 anni nel deserto prima che qualcosa per cui speriamo si avveri, ma proprio come gli Ebrei, potremmo ad un certo punto stancarci di aspettare e cominciare a mormorare.
Forse, in queste occasioni sarebbe utile domandarsi se , come gli Ebrei, c’è qualcosa che stiamo mancando di fare, o che stiamo erroneamente facendo, che ci impedisce di ricevere tali benedizioni.
Durante un discorso tenuto alla conferenza generale di ottobre 2014, l’Anziano Dieter F. Uchtdorf ha detto:
“Credo che una parte delle nostre difficoltà sia determinata dalla nostra concezione che Dio abbia tutte le Sue benedizioni chiuse a chiave in una grande nuvola su nel cielo, e che si rifiuti di concedercele a meno che non ottemperiamo a dei requisiti severi e paternalistici da Lui stabiliti.
Tuttavia, i comandamenti non sono niente di tutto ciò.
In realtà, il Padre Celeste fa piovere benedizioni su di noi costantemente. Sono la nostra paura, il nostro dubbio e i nostri peccati che, come un ombrello, impediscono a tali benedizioni di raggiungerci.”
I Suoi comandamenti sono per noi le istruzioni amorevoli e l’aiuto divino per chiudere l’ombrello, così che possiamo ricevere la continua pioggia di benedizioni divine.
Dio ci ha dato delle istruzioni chiare e precise per avere una vita gioiosa e di successo.
Ovviamente vi sono degli ostacoli o delle situazioni particolarmente difficili che la vita ci pone davanti che non abbiamo causato noi, e questo è normale, faceva parte del piano fin dall’inizio, ma Dio ci ha fornito i mezzi per superare e volgere a nostro vantaggio anche tali esperienze.
Purtroppo, spesso è la nostra paura, i nostri dubbi e la nostra disobbedienza che ci impediscono di godere di tutto ciò che il Padre celeste ha previsto per noi.
Il potere delle cose piccole e semplici
Qualche capitolo più avanti, assistiamo all’episodio dei serpenti ardenti e del serpente di rame costruito da Mosè.
Dio aveva inviato un’ulteriore piaga, dopo l’ennesima dimostrazione di mancanza di fede e di disobbedienza, ma insieme alla prova aveva anche fornito il modo per essere guariti.
Tutto ciò che il popolo doveva fare era guardare al serpente di rame costruito da Mosè, eppure molti si rifiutarono di farlo a causa della semplicità della soluzione.
Quante volte ci perdiamo delle benedizioni a causa della semplicità delle cose che Dio ci chiede di fare, come leggere le scritture, pregare e andare in chiesa?
Eppure non crediamo che queste semplici cose possano portare nella nostra vita pace, gioia e guarigione. Le viviamo più come degli obblighi o un peso.
Anziano Uchtdorf ha aggiunto
“Quando consideriamo i comandamenti di Dio e quella che è la nostra parte nell’edificare il Suo regno come un segno di spunta da aggiungere a un elenco di cose da fare, manchiamo di capire l’essenza del discepolato.
Manchiamo di provare la crescita che scaturisce dal vivere con gioia i comandamenti del nostro Padre nei cieli.
Camminare sul sentiero del discepolato non deve essere un’esperienza triste. È ‘dolce più di tutto ciò che è dolce’. Non è un fardello che ci opprime.
L’essere discepoli solleva il nostro spirito e scalda il nostro cuore. Ci ispira con la fede, con la speranza e con la carità. Riempie il nostro spirito di luce nei momenti bui, e di serenità nei momenti di dolore.
Ci dona il potere divino e la gioia duratura.”
La bellezza delle scritture sta nel fatto che possiamo imparare dalle loro storie e non commettere gli stessi errori.
Se non permettiamo alla nostra disobbedienza, alla nostra paura, ai nostri dubbi e alla nostra poca fede di prendere il sopravvento, eviteremo di vagare per 40 anni nel deserto spirituale e riceveremo le benedizioni tanto attese..
Come tutto è spiegato in maniera chiara e comprensibile. Grazie mille di cuore per avermi fatto capire il significato di fede e di vita dei 40 giorni di Mosè nel deserto.