Basandosi sulle parole di suo padre e di altri profeti del passato, Nefi dichiarò: “il Messia viene dopo seicento anni dal tempo in cui mio padre lasciò Gerusalemme; e secondo… la parola dell’angelo di Dio, il suo nome sarà Gesù Cristo, il Figlio di Dio” (2 Nefi 25:19).

Egli testimoniò poi che, proprio come il Signore fornì agli Israeliti che erano stati morsi dai serpenti velenosi nel deserto i mezzi per essere guariti “se essi avessero gettato lo sguardo sul serpente che [Mosè] aveva innalzato dinanzi a loro”.

Egli avrebbe fornito l’unico mezzo di salvezza eterna attraverso “questo Gesù Cristo, di cui ho parlato” (2 Nefi 25:20). In questo modo, ha osservato S. Kent Brown, “Nefi ha attirato l’attenzione sul legame tra le azioni di Mosè e l’Espiazione di Gesù”.

Nel portare testimonianza, Nefi dice per tre volte di volgere lo sguardo a Cristo, in uno stile che ricorda la descrizione di quando gli Israeliti guardarono al serpente di rame in Numeri 21:4-9 e altre tradizioni antiche. 

Matthew Scott Stenson, che ha evidenziato queste allusioni verbali al serpente di rame, ha osservato:

“Nefi… identifica e sviluppa un paragone intertestuale e un tipo o una prefigurazione… [che] enfatizza anche l’importanza di volgere lo sguardo a Cristo per la salvezza”.

Ognuna di queste tre allusioni è rafforzata se considerata nel contesto delle antiche tradizioni e simbolismi ebraici e del Vicino Oriente, come discusso di seguito.

  1. Volgere lo sguardo a Cristo con costanza

Quando i figli d’Israele furono morsi da serpenti fiammeggianti, il Signore promise che “chiunque… guarderà [il serpente di rame], sopravvivrà” (Numeri 21:8).

Le tradizioni ebraiche successive sottolineano che non era sufficiente guardare con “uno sguardo casuale”, ma che il popolo doveva guardare con “uno sguardo lungo e insistente” per essere guarito dai morsi dei serpenti.

Allo stesso modo, Nefi sottolinea chiaramente che mentre il suo popolo osservava la legge di Mosè continuava a, “volgere lo sguardo a Cristo con costanza, finché la legge non fosse adempiuta”, ed era quindi “reso vivo in Cristo grazie alla [loro] fede” (2 Nefi 25:24-25).

  1. Dove cercare la remissione dei peccati

alleanze del battesimoNella Bibbia, la parola ebraica che indica i “serpenti fiammeggianti” in Numeri 21:6 è serafini, e il serpente di rame è identificato come serafino in Ebraico in Numeri 21:8-9.

Secondo LeGrand Davies, la radice verbale di questa parola significa “bruciare” e si riferisce principalmente a “pulire, purificare o raffinare oggetti rituali, persone, città, ecc.”.

Così, Davies sostiene che i serpenti infuocati agissero come agenti di purificazione, purificando il corpo di Israele in preparazione dell’ingresso nella terra promessa.

Solo le persone che si pentivano e guardavano il serpente di rame venivano guarite, rendendolo un simbolo non solo di guarigione ma anche di perdono dal peccato (Numeri 21:7-9).

Allo stesso modo, in Isaia – che Nefi cita – uno dei serafini angelici svolge un ruolo di purificazione, posando un carbone ardente sulle labbra di Isaia e dichiarando: “La tua iniquità è tolta e il tuo peccato è purificato” (Isaia 6:7; 2 Nefi 16:7).

Proprio come i serafini di Numeri 21 e Isaia 6 avevano la funzione di purificare gli individui e le comunità dal peccato e dall’iniquità, i primi Nefiti parlavano, si rallegravano, predicavano e profetizzavano di Cristo affinché i loro “figlioli possano sapere a quale fonte possono rivolgersi per la remissione dei loro peccati” (2 Nefi 25:26).

  1. Guardare avanti alla vita in Cristo

frontespizio del Libro di MormonCome già detto, il Signore promise che “chiunque… guardi [il serpente di rame], sopravvivrà” (Numeri 21:8). Andrew C. Skinner ha spiegato che il serpente era visto “come portatore di salvezza e donatore di vita eterna” nell’antico Vicino Oriente.

Lo studioso biblico Victor Hurowitz ha dichiarato che Numeri 21 evoca giochi di parole multilingue sulle parole ebraiche riferite a “serpente” (nḥš) e “vivere” (ḥyh, ḥyy, ḥwh) e le parole dal suono simile riferite a “vivere” e “vita” in Accadico (naʾāšu, nīšu) e “serpente” in aramaico (ḥwyʾ) per sottolineare i poteri vivificanti manifestati attraverso il serpente di rame.

In molti miti del Vicino Oriente antico, i serpenti erano simbolo di vita, compresa la vita dopo la morte.

Allo stesso modo, i primi Nefiti speravano che i loro figli “sapendo che la legge è morta, possano volgere lo sguardo a quella vita che è in Cristo e sapere per quale fine fu data la legge” (2 Nefi 25:27).

Molte generazioni dopo, Nefi, figlio di Helaman, insegnò: “tutti quelli che avrebbero guardato al Figlio di Dio con fede, avendo lo spirito contrito, avrebbero potuto vivere, sì, fino a quella vita che è eterna” (Helaman 8:15).

Anche Alma alludeva al racconto del serpente di rame quando istruì suo figlio Helaman di “guardare a Dio e vivere”, aggiungendo: “Se guarderemo, potremo vivere per sempre”. (Alma 37:46-47).

Pierce ha osservato: “In quasi tutti i riferimenti al racconto [del serpente di rame], che si tratti di Mosè, Nefi, Alma o Nefi il figlio di Helaman, si pone enfasi sull’atto di guardare per ottenere la vita”.

Perché Nefi fa questo parallelismo

serpente di rameI dettagli del simbolismo antico – e in particolare il modo in cui tale simbolismo è usato nel racconto biblico del serpente di rame – gettano luce sui modi sottili e precisi in cui Nefi mette in relazione tipologica Cristo e “il serpente che [Mosè] innalzò” nel deserto (2 Nefi 25:20).

Questo legame viene reso in modo ancora più esplicito dai profeti Nefiti successivi, come Nefi il figlio di Helaman, che spiegò: “E come egli innalzò il serpente di rame nel deserto, così sarà innalzato Colui che verrà.

E come tutti coloro che avessero guardato a quel serpente avrebbero potuto vivere, così tutti quelli che avrebbero guardato al Figlio di Dio con fede, avendo lo spirito contrito, avrebbero potuto vivere, sì, fino a quella vita che è eterna” (Helaman 8:14-15).

Questo parallelismo con le azioni di Mosè descritte nella Torah sarebbe stato un mezzo particolarmente importante ed efficace per comunicare al popolo di Nefi che, anche se osservavano la legge di Mosè, nondimeno “guardavano avanti con costanza in Cristo, finché la legge non fosse adempiuta”.

Leggi anche: Cosa vogliono dire alcune espressioni contenute nei capitoli di Isaia citati in 2 Nefi?

Era a Cristo, non alla legge, che potevano “guardare per la remissione dei loro peccati”, perché la legge stessa era “morta” se non come mezzo per indicare alle persone di “guardare a quella vita che è in Cristo” (2 Nefi 25:24-27).

Nessun simbolo avrebbe potuto illustrare questo concetto più efficacemente del serpente di rame, che rappresentava la vita e la vita eterna, la guarigione fisica e la purificazione spirituale dal peccato.

Ma come la “legge è morta” secondo quanto dice Nefi, anche il simbolo del serpente di rame era impotente. Non doveva essere venerato come un idolo, come se di per sé avesse il potere di guarire.

Nefi tempismo del Signore

È stata la potenza del Signore a manifestarsi nella guarigione degli Israeliti, che alla fine sono sopravvissuti perché si sono pentiti e hanno seguito le istruzioni del Signore (Numeri 21:7-9).

Alcuni antichi commentatori Ebrei, così come i lettori allegorici Cristiani, lo hanno capito e hanno pensato che il serpente di rame fosse stato innalzato su un’asta come invito a guardare in alto verso Dio:

“Ogni volta che Israele guardava in alto e sottometteva il suo cuore al Padre che è nei cieli, veniva guarito”.

Anche il Libro di Mormon invita tutti a “volgere lo sguardo a Cristo e vivere” (Alma 37:47) e offre spiegazioni che rendono esplicite le implicazioni che stanno dietro l’antico racconto che si trova in Numeri 21:4-9.

È solo guardando a Gesù Cristo con fede ferma e impegnandosi a vivere il Suo Vangelo che tutti, attraverso il Suo potere divino di purificazione, “potranno vivere, fino a quella vita che è eterna” (Helaman 8:15).

Come insegnò lo stesso Signore risorto: “Guardate a me, perseverate fino alla fine, e vivrete; poiché a colui che persevera fino alla fine io darò la vita eterna” (3 Nefi 15:9).

chatta con noiQuesto articolo è stato pubblicato su How Did Nephi Liken Looking to Christ with Looking to the Brazen Serpent? Questo articolo è stato tradotto da Ginevra Palumbo.